Orme

Sistemi Terminus

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    Liara aspettò paziente sulla panca, controllando i dati della triangolazione sul Factotum, macinando un certo nervosismo. Stavano per scendere, forse avrebbero ritrovato Shepard. Chissà in che stato era. Trasalì avendo paura di ciò che avrebbe potuto trovare. Quando Matt tornò finalmente ritrovò un po' di calma. Esitò nel dargli un giudizio, agitando la testa mentre annuiva.
    «Perfetto...»
    Disse con un'aria poco convinta. Ma non a causa di lui, quanto più per l'incapacità di esprimere emozioni in quel breve frangente a seguito delle riflessioni sul loro immediato futuro. Lo scortò nella cabina di pilotaggio mentre il comandante Tamara stava approntando le procedure di atterraggio, ignara che una nave le stava seguendo da lontano.
    «Alchera è sui monitor, 10 minuti all'entrata nell'atmosfera.»
    Annunciò spingendo la cloche in avanti. Liara nel frattempo colse una mascherina trasparente da una parete. Sapeva che le condizioni climatiche su Alchera erano molto aspre, per quanto non ci fossero segnalazioni di tossicità.
    «Il più possibile vicino allo schianto della Normandy, capitano. Avete le coordinate.»
    Il pilota annuì risoluta mentre bucavano la sfera di gas che avvolgeva il pianeta. Sotto i 50.000 piedi iniziarono a sentirsi delle turbolenze, la nave fu colta da scossoni e Liara dovette aggrapparsi ad una sbarra di metallo sopra la testa per restare in piedi. La visibilità calò drasticamente, risultando in una bufera intensissima di neve. Sotto lo sguardo della dottoressa veniva seguita una mappa olografica mentre si spingevano sempre più sulla linea equatoriale del pianeta. Più scendevano e più le condizioni si facevano critiche.
    «Resisterà?»
    Chiese Liara preoccupata. Il capitano non fece alcun cenno, se non dopo un po'.
    «La faremo resistere...»
    Disse tenacemente tirando indietro la cloche e facendo impennare un po' la nave, quasi mandandola in stallo.
    «Fase di atterraggio avviata, pattini fuori, flap aperti.»
    Una serie di istruzioni alle sue compagne dell'equipaggio, finché non arrivò il tanto agognato tonfo del suolo. Il capitano e Liara tirarono un sospiro di sollievo quasi all'unisono.
    «Andiamo.»
    Disse intraprendente la ragazza. Fu arrestata sulla porta dal capitano, che finalmente ebbe la libertà di distogliere lo sguardo dal lunotto.
    «Due ore, dottoressa. Non di più. Questo terreno è instabile e temiamo un possibile collasso. Inoltre le condizioni atmosferiche non ce le aspettavamo così avverse.»
    Lei fece cenno di sì con la testa, anche se in cuor suo sarebbe stata lì anche per tutta la vita, pur di trovare il suo amato comandante.
    Scesero di nuovo nella stiva, dove Liara recuperò una copertura termica più resistente, una specie di tuta da lavoro con chiusure ermetiche. Tirò su il cappuccio e pigiò il tasto per l'apertura del portellone. Ai piedi della passerella li accoglieva una foschia bianca piena di fiocchi minuscoli che vorticavano senza un preciso percorso. Liara si morse il labbro e poi facendosi coraggio camminò timidamente sul ferro, fino ad immergere i piedi in quel soffice terreno.


     
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    Il resto del viaggio fu relativamente breve, arrivarono, atterrarono e dovettero subito sbarcare. Mentre Liara si cambiava Matt andò dal capitano. Disse con tono pacato e serio "Stiamo sbarcando, devo riavere le mie armi" Tamara gli porse le chiavi di un armadietto di sicurezza posto nella stiva. L'occhio scorse l'armatura rovinata finché non le cadde l'occhio sulla pistola. Bloccò la mano con le chiavi "L'accordo era di viaggiare disarmati", "Non è un arma, è un portafortuna". Tese la mano col palmo verso l'alto e la portò sotto la mano di lei, che lo guardò sospettosa, prima di lasciare andare le chiavi. Matt raggiunse Liara nella stiva, aprì l'armadietto e ritirò il suo Mattock e 4 granate. Si affiancò a Liara, fece un sospiro e scese con lei la rampa.
     
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    Il morbido tappeto bianco si deformava sotto le suole di Liara, lasciando orme scure dietro di lei, segnali che permettevano a Matt di seguirla anche se la nebbia sembrava infittirsi tanto dal non permettere una visione ad un metro di distanza.
    «Tieni gli occhi aperti... anche se non è facile in questo inferno di ghiaccio.»
    Liara seguiva le tracce sulla mappa olografica del Factotum. Era disarmata, anche se poteva contare sui suoi poteri. La presenza di Gunnarson era più che sufficiente in caso di pericoli, anche se i pericoli là intorno potevano derivare solo da una valanga o da un crepaccio. Ne evitò uno per poco e tagliando il fiato in gola e incespicando indietro, scontrandosi con la massiccia corazza della sua guardia del corpo.
    «C'è mancato poco...»
    Si girò sorridendo imbarazzata, tornando poi sui suoi passi e controllando la mappa con noncuranza guidò su per una scogliera. Superata quella fetta di ghiaccio Matt finì con l'inciampare in qualcosa che non era chiaramente naturale. Il rumore metallico che ne scaturì non poteva essere casuale. La scienziata asari si girò di scattò buttandosi in ginocchio ad estrarre un pezzo di lamiera scura.
    «La Normandy! Siamo vicini!»
    Esclamò entusiasta.


     
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    Matthew Gunnarsson
    Cominciarono ad avventurarsi per quella distesa di giacchio immensa, fredda e vuota. Dopo che superarono qualche inconveniente e Liara ebbe un bello spavento Matt incespicò, bloccato da qualcosa di duro: "Mapporc..." riacquistò l'equilibrio prima di volare a faccia in giù nella neve "Ha fatto *CLANG*, le rocce non dovrebbero fare *CLANG*..." Liara si inginocchiò e cominciò a scavicchiare intorno all'oggetto che lo aveva fatto inciampare, fino a rivelare una lastra di metallo nero. "La Normandy! Siamo vicini!", "Si, ci siamo!" Matt accese il factotum e, con il braccio alto, fece un giro lento su se stesso, sperando che il radar trovasse qualcosa.
     
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    Il radar della navetta intercettò la destinazione della nave che stava seguendo: Alchera. Secondo le rilevazioni, pareva che fosse per lo più un pianeta nevoso. La crosta planetaria era composta prevalentemente da carbonio e ghiaccio. L'atmosfera, invece, era composta da metano e ammonio. Certo non era esattamente un pianeta paradisiaco, né poteva avere qualche interesse scientifico. Cosa diavolo stavano cercando?

    alchera



    Zavon decise di atterrare anche lui, ma non subito. Attese qualche istante, il tempo che atterrassero e quel che pensava fosse un tempo sufficiente per equipaggiarsi e scendere a terra. Fortunatamente aveva una maschera per l'ossigeno... ma qualcosa gli diceva che la Sindrome di Kepral non avrebbe affatto gradito quel pianeta umido.

    Ma in fondo aveva ancora tanti anni davanti, prima di giungere a morte certa. Sospirò, e cominciò le manovre di atterraggio.

    C'era da dire, però, che gli atterraggi non erano esattamente il suo forte: forse fu anche questo il motivo per cui fece un rumore spaccatimpani in fase di atterraggio, quando invece avrebbe dovuto cercare di rallentare.

    Il rombo che stava facendo sembrava quasi quello di un meteorite che stava precipitando a terra; per cui sicuramente eventuali forme di vita a terra l'avrebbero sentito se non addirittura visto... e ciò non era una buona cosa.

    -C'è tempo, è inutile preoccuparsi.- diceva a sé stesso con cadenza assolutamente carica di preoccupazione. In qualche modo, fortunatamente, riuscì ad atterrare poco più in là (rispetto alla normandy, circa un paio di kilometri) anche grazie ai retrorazzi dell'astronave che era riuscito ad attivarli al momento giusto.

    Il caccia toccò terra, e Zavon tirò un sospiro di sollievo.

    -Meglio uscire di qui..- borbottò, mettendosi la maschera d'ossigeno ed uscendo. Faceva un freddo cane, lui che era nato sul pianeta caldo chiamato Kahje ne risentiva di più. Ma la missione era la missione, e non intendeva tirarsi indietro... per cui ora si trattava di far attenzione a non venir travolto da qualcosa di anomalo, o peggio.

    Fortunatamente aveva avvistato il punto d'atterraggio dell'altra nave, la Hesperia, e sapeva di non essere troppo distante. Ma in quell'ammasso di quella... cosa, chiamata neve dagli umani, si sentiva a disagio e rallentato. Decise quindi di invocare la benedizione del Signore dei cacciatori. In fondo, anche questa era una caccia.

    -Amonkira, Signore dei Cacciatori, concedimi una mano ferma, una mira precisa e piedi svelti. E se dovesse capitare il peggio, concedimi il tuo perdono.- borbottava tra sé e sé, cercando di rimanere fermo con la voce.

     
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    Apprezzò il fatto che pure Matt si era messo a cercare con il suo Factotum, sorridendogli sempre più entusiasta ed iniziando a compiere un meticoloso giro nell'area. Purtroppo però, a quanto sembrava, in quei 50-60 metri non vi era altro. Nessuna traccia, nemmeno in profondità. Che avessero già perso le tracce? Liara si rabbuiò e stava per dirottare il percorso nuovamente quando sentì una scarica improvvisa, un rimbombo che però venne attenuato dal fischio della bufera.
    «Hai sentito? Che cosa è stato?! Una valanga?»
    Sembrava una cosa del genere, forse un crepaccio si era aperto sotto la Hesperia. Dovevano tornare indietro perdendo tempo prezioso per le ricerche o continuare sperando che non fosse successo nulla?
    «Che facciamo? Dici che dovremmo controllare che la nave sia apposto?»
    Interrogò il compagno, sapendo che non poteva prendere la decisione da sola.


     
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    Matthew Gunnarsson
    Matt cercò di urlare più forte della folata di vento che gli investì: "No, dottoressa, il suono veniva dalla parte opposta e Tamara è una che sa il fatto suo, non lascerebbe mai sprofondare la sua nave! Piuttosto spero non sia sprofondata la Normandy... Ci resta ancora un po' di tempo prima di dover tornare indietro, io dico di continuare finché possiamo, dubito che avremo molte altre possibilità, queste tempeste potrebbero seppellire nella neve un grattacielo in 2 giorni..." Si mise su un ginocchio e si tolse il guanto, sfiorò la lamiera, quasi fosse una carezza. "Grazie" mormorò, rivolto egialmente alla nave, a Shepard ed all'equipaggio. Si rialzò e si rimise il guanzo, poi tese la mano verso Liara per aiutarla a tornare in piedi.
     
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    Non se n'era accorta della distorsione sonora. Il vento l'aveva ingannata. Se il rumore proveniva dalla direzione in cui stavano proseguendo, allora tanto valeva proseguire. Prima di andare però, Liara colse il gesto di rispetto e gratitudine che Matt riservò a quella scaglia della Normandy. Fu piacevolmente commossa, lasciando scorrere una lacrima sotto la mascherina, che quasi istantaneamente si cristallizzò. Annuì mentre veniva aiutata a rialzarsi, riprendendo le ricerche su un altopiano più in alto. Lì la corrente era meno intensa, la visibilità andava e tornava, ma si manteneva stabile intorno ai 50 metri. Lungo un lato di quello spiazzo c'era una montagna, perciò Liara decidette di percorrere la parete di ghiaccio e neve, tenendola sulla destra come linea guida. Per diversi minuti ancora niente, ma dopo un po', sempre nel ghiaccio, che le scorreva lateralmente, riuscì a vedere una forma curvilinea con alcuni frammenti di lettere. Strinse gli occhi e riuscì ad identificarne tre: "ORM".
    “NORMandy?”
    Di colpo girò lo sguardo alla sua sinistra, notando un cumulo di detriti al centro della radura nevosa. Corse fin quasi a far perdere le sue tracce, buttandosi in mezzo allo scheletro di quella che non poteva essere che la sua nave. Non pensava di esserne colpita così tanto, ma non resse. Le lacrime, che presto si congelarono, riempirono il suo volto. Inginocchiata davanti al grosso di quel che restava della nave dell'Alleanza, non riusciva a rialzarsi, come se le ginocchia si fossero congelate nel manto nevoso. Se non ci fosse stato Matt sarebbe diventata sicuramente una statua.


     
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    Matthew Gunnarsson
    <span style="display:block;OVERFLOW: auto; WIDTH: 600px; HEIGHT: 200px; color: Gold;text-align: justify"> Il momento di tornare stava avvicinandosi e loro ancora non avevano trovato niente. Camminavano lungo il bordo di una montagna e Matt lanciava continuamente occhiate al versante, per non finire sotto un'improvvisa slavina. Dopo ancora qualche minuto Liara si bloccò e schizzò via. Perché corrono tutti?! Si passò il Mattock sopra la spalla e lo attaccò sulla piastra della spalla destra, poi si mise a correre dietro Liara, ma lei lo batteva in velocità. Temette di perderla ma poi vide che correva verso una sagoma poco distante. Quando arrivò trovò l'Asari a piangere in ginocchio. Si inginocchiò e la strinse contro di se. Non voleva provocare nulla di equivoco con quel gesto, la voleva solo rassicurare ed un abbraccio a volte è la cosa migliore. Dopo qualche secondo la lasciò andare, l'aiutò a rialzarsi e le prese il viso tra le mani, le passò i pollici sugli zigomi per togliere il ghiaccio e le sorrise mentre le diceva "Ce l'ha fatta, ha trovato la Normandy, c'è riuscita! Ora però è meglio se resta qui, vado io a cercare il comandante, d'accordo?" Se il vedere come era ridotta la nave l'aveva scossa così preferiva che non vedesse Shepard poiché sarebbe sicuramente stato ridotto molto peggio della Normandy.
     
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    Liara si sfogò un po' picchiando un pugno sulla spalla di Matt.
    «Li ho abbandonati, ho lasciato che Shepard rimanesse sulla Normandy... sono stata una vigliacca...»
    Quando lui le propose di andare alla ricerca da solo tirò su col naso e scosse la testa.
    «No, non dobbiamo separarci.»
    Disse con raziocinio, alzandosi quasi con forza per non farsi trattenere lì. Anticipò il marine ritirando su il Factotum, anche se oramai tutto restava all'occhio nudo. L'area era quella, il corpo sarebbe dovuto essere non troppo lontano. Solo sperava che non fosse piombato in un crepaccio. In quel caso sarebbe stato impossibile tirarlo fuori. Di tanto in tanto si sporgeva timidamente per controllare su quei pozzi pieni di dentellature azzurre. Anche il solo avvistamento sarebbe stato molto. A fare da teatro di quella ricerca, tutto intorno a loro, era come se si fossero materializzati dal nulla i vari componenti della Normandy. Ecco il ponte di comando, la stiva, l'M35 Mako, forse una delle poche cose ben conservate, il nucleo del motore, le brande, la sala briefing.


     
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    Zavon Helkar


    Zavon li aveva trovati. Ci aveva messo un po', ma finalmente aveva udito delle voci... ossia quindi i propri obiettivi. Doveva studiarli e capire le loro intenzioni. Le parole uscirono dalle loro labbra come fiumi. Non li invidiava; parlare così tanto rischiava di far seccare loro le ghiandole salivarie, e quindi sarebbe stato alquanto difficile non avere le labbra spezzate a causa del gelo... ovviamente se uno non avesse avuto la maschera d'ossigeno o comunque qualcosa che permettesse alle labbra di rimanere indenni dal freddo.

    A questi pensieri, scrollò il capo. Doveva concentrarsi sul presente. Poi, dopo poco, sentì nominare la parola "Shepard". Si, ne aveva sentito parlare. S'era opposto a Cerberus, specie contro quelle bestie del Thorian se non ricordava male. Dopotutto, non erano dei nemici.

    Ma se lo fossero stati? Non poteva permettere di lasciare tutto al caso.

    Con passi agili e felpati, nonostante la neve che impediva i movimenti, giunse alle spalle del soldato. Puntò la pistola al capo dell'umano e mise il colpo in canna... emettendo un rumore fin troppo familiare al soldato. Era chiaramente sotto tiro.

    -Non ti muovere!- intimò alzando la voce, cercando di fare in modo che la sua voce fosse udita.

     
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    Liara continuava la sua ricerca speranzosa, con la vigile sorveglianza di Matt. Andò avanti così e impedita dal rumore della tempesta ignorò quello che le stava succedendo alle spalle. Una minaccia era appena comparsa, cogliendo entrambi di sorpresa, lì, isolati, su quel pianeta che sembrava un fantasma spettrale immerso nelle ombre. Dimentica di Matt proseguì attraverso gli archi e le colonne create dalle ossa della Normandy. Ma qualcosa la colse finalmente. Vide uno strano bagliore immerso nel nulla. Credette all'inizio che si trattasse di un semplice fiocco di neve che aveva luccicato, ma non c'erano fonti luminose per farlo brillare così tanto. Un attimo dopo il colpo di un'arma da fuoco e di nuovo il vento la ingannò sulla provenienza. Lo sentì arrivare dalle spalle e si abbassò istintivamente, poi girandosi si caricò di energia biotica, come un gatto irrequieto arruffa il pelo. Non vide niente davanti a sé, Matt era sparito.
    Nel frattempo, Zavon Helkar, il Drell che li stava spiando e che ora aveva scelto la sua entrata in gioco, dovette fare i conti con una fitta improvvisa alla spalla. Un colpo a bruciapelo piombato su di lui dal nulla. Ma a parte quei due, chi altri ci poteva essere? Eppure, sì, il dolore c'era, non se lo stava inventando. Qualcosa o qualcuno gli aveva sparato.


     
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    Matthew Gunnarsson
    Matt mise la mano sulla pistola non appena srntì il rumore di un cane che si armava poi una voce dal nulla parlò "Non ti muovere!" Matt alzò le mani e si girò lentamente, se proprio doveva avere una pistola puntata addosso preferiva sapere chi la impugnava. Matt ci mise qualche secondo a riconoscere la specie che aveva di fronte ma alla fine riconobbe l'aggressore in un Drell. Anche se era un militare aveva frequentato tutte le scuole dell'obbligo e xenologia era sempre stata la sua preferita. Come sospettava dalla vicinanza del click di prima l'avversario era arrivato abbastanza vicino da infilare il braccio nel suo scudo e puntargli l'arma direttamente contro, annullando così gran parte delle sue difese. "Non fa troppo freddo qui per te, Drell? Sembrò quasi che stesse per replicare quando uno schizzo di sangue eruppe dalla sua spalla, subito prima che giungesse il rumore di uno sparo. Matt approfittò di quella distrazione e gli scostò il braccio armato, poi gli appioppò una poderosa testata sul muso, mandandolo per terra. Raccolse la pistola che aveva fatto cadere e se l'attaccò all'altra gamba. Non capiva da dove era partito lo sparo, ma di sicuro dall' angolazione con cui era uscito il sangue non poteva essere stata Liara, che era circa nella direzione opposta. "Non posso lasciarlo qui in balia dei cecchini...", Se lo caricò in spalla con uno sbuffo di fatica e si affrettò verso il relitto, per proteggersi da altri colpi in arrivo. Corse verso dove immaginava fosse andata Liara e se la trovò all'improvviso davanti tutta circondata da un aura blu. Evidentemente lo aveva scambaito per la minaccia. Lei si rilassò subito appena lo vide. Poggiò il Drell per terra, con la schiena contro la parete esterna della nave. Passò la Carnifex a Liara ed estrasse il Mattock: "Lo tenga sotto tiro." Poi si abbassò e gli diede qualche pacca sul viso per svegliarlo.


    Edited by Mattia 92 - 26/10/2012, 21:23
     
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    Zavon Helkar


    Risvegliare il Drell fu l'errore più grave della sua vita: appena aprì gli occhi, Matt poté notare il pugno destro di Zavon brillare di una luce bluastra... ed improvvisamente il dolore investì il volto del soldato. Celermente si alzò, e con rapidità rubò l'altra pistola (quella che aveva Matt alla gamba) per poi con i poteri biotici allontanarsi da lui e da Liara.

    Il tutto nella fase di volo del suo "avversario". Se il suo avversario non s'era rotto la mascella, era solo per puro miracolo. Poi si toccò la spalla.
    -Diamine che male, ma chi..?- borbottò, cercando la presenza di qualcun altro. Dove diavolo poteva essere? Creò un piccolo campo biotico ed alzò la barriera attorno a sé, che finora aveva tenuto disattivata.

    Non aveva alcuna intenzione di diventare uno spiedino Drell.

    -Prima di scannarci, suggerirei di pensare individuare questo cecchino!- urlò in modo che i compagni momentanei, dato che il vento ululava, udissero le sue parole.

    *Ma non qui, siamo in una postazione fin troppo scoperta..* cercando un riparo, effettuò una Carica biotica verso di esso trovando così celermente una posizione tattica.

    Dove diavolo era quel dannato cecchino?

     
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    Matt riprese conoscenza giusto in tempo per sentire il Drell parlare. Si rialzò con un po' di fatica e disse a Liara: "Ma non le avevo chiesto di tenerlo sotto tiro?" Raccolse il Mattock, caduto a poca distanza, e si toccò la gamba, gesto istintivo da quando un Geth gliel'aveva aperta sotto agli occhi. Però mancava qualcosa: la pistola non c'era. La SUA pistola, la pistola grazie alla quale era vivo, la pistola con cui aveva ucciso il Nucleo e gli aveva fatto beccare i gradi, la prima arma che possedesse. "Questo è troppo, fanculo i cecchini! Passi il cazzotto, ma nessuno tocca Daisy. E gli ho pure salvato la vita..." Per terra vide una leggera traccia retta, poi più in la alcune orme di piedi, che finivano dietro una paratia. Sapeva che era poco probabile che fosse la dietro, ma era furente e ragionava male. "E' scappato con un salto biotico il bastardo!" Staccò una granata dalla cintura. "Ha le barriere il bastardo, quindi questa non gli farà un cazzo, ma lo stanerà o lo stordirà se è la dietro." Fece un sorriso malizioso, impostò il timer, staccò la spoletta e lanciò la granata verso la paratia, facendola passare appena oltre il bordo. Il vento la deviò, ma atterrò abbastanza vicino a dove aveva mirato. "Ridammi la mia pistola stronzo! Poi potremo fare la pace da bravi bambini!" Finì la frase e dopo neanche tre secondi la granata esplose. Poi si lanciò di corsa verso la paratia per verificare se aveva avuto ragione. Non si curava più di Liara, aveva troppa adrenalina e troppa rabbia in corpa. E poi dove si trovava era al riparo dal cecchino. E perché si preoccupava era una biotica! Ed era nella ciurma di Shepard!
     
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