Orme

Sistemi Terminus

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    Ma che cosa stava succedendo? Chi era quel Drell e perché li aveva attaccati? Qualcuno che come loro cercava il corpo di Shepard? Il primo spazzino o forse l'ultimo di tanti? Temette che potesse essere così da tempo, che qualcuno avesse messo gli artigli sulla carcassa del comandante. Si distrasse per un secondo e tutto accadde così in fretta. Non poteva fare nulla i due si stavano dando battaglia, anche se l'altro aveva menzionato un fantomatico “cecchino”. Già, quello di cui aveva sentito il colpo. Allora era stato quello.
    E lo stesso tiratore aprì il fuoco di nuovo, lo sentì, probabilmente dallo stesso punto. La traiettoria andò ad impattare nella neve fresca davanti all'alieno. Poi un altro colpo sfrecciò sopra la testa del furente Matt. Liara aguzzò la vista, cercando di percepire lo stesso bagliore di prima. Si tirò su poggiandosi ad una lamiera.
    «La volete piantare tutti e due? Qui c'è qualcosa che ci dà la caccia!»
    Era errato. Per ora stava dando la caccia solo al Drell. Era un problema del Drell. Ma lei non lo poteva sapere, quindi trovò nello straniero un possibile alleato. Incurante della possibilità che quegli facesse fuoco, sicura di sé, reinnescando l'alone viola e blu che si elevava intorno alle sue braccia, marciò con aria severa nella massa nevosa. Superò Matt facendogli alt con la mano. Arrivò a pochi passi dal nascondiglio dell'essere dalla pelle verde. Caricò un potere deformante nella mano destra, tenendola pronta dietro la schiena. Una mossa azzardata dell'ospite indesiderato e gli avrebbe fatto provare i piaceri del deterioramento atomico.
    «Chi sei e cosa vuoi? Esci fuori con le mani in vista!»
    Solo che il cacciatore del Drell non diede tregua mentre Liara faceva tutto questo e mentre parlava sparò un altro colpo che rimbalzò sul ricovero di Zavon. L'Asari si abbassò di nuovo per riflesso, ma capì che c'era qualcosa di strano. Se stava attaccando tutti e tre, avrebbe potuto farla fuori facilmente ora, in campo aperto. Eppure aveva mancato il bersaglio - o forse non era lei il vero bersaglio.

     
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    Era veramente imbestialito, ormai non correva più, camminava svelto, incurante dei proiettili che oramai volavano ripetutamente, pestava i piedi in maniera talmente forte da non lasciare orme, ma piccoli crateri nella neve. Era quasi arrivato alla nuova posizione del Drell: "Ridammi la pistola mangiamosche o me la verrò a riprendere! Mi hai sentito?!" All'improvviso Liara lo oltrepassò e lo fermò con un gesto della mano ed un'espressione truce. La vide fare delle cose da biotici sulla mano destra e nascondersela dietro la schiena. All'improvviso lei si riabbasò, lui si rese conto che le stavano sparando e tornò alla normalità, dimenticando tutta la sua rabbia in un secondo. Si piazzò davanti a lei sparando colpi a caso nella direzione da cui arrivavano i spari, frapponendo così lo scudo e la corazza tra l'Asari e il tiratore. Si ritirarono nel rifugio del Drell. "Non so te Drell, ma io voglio andarmene da questo iceberg desolato. Smettiamo di spararci e tiriamoci fuori di qui, ok?"
     
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    Zavon Helkar


    Il Drell fece un'espressione non ben definita. Probabilmente stava semplicemente cercando di ignorare il dolore alla spalla e alle orecchie... soprattutto per la granata e per le miriadi di proiettili che continuavano a fischiare vicino alle proprie orecchie. I Sole Blu avevano parlato di un tizio su Omega che aveva una mira formidabile... che fosse lui? Inoltre, l'aveva colpito alla spalla in un preciso punto non letale, poco distante dall'arteria... Zavon era anche un assassino, e sapeva che chi l'aveva colpito era un professionista facendo un colpo di avvertimento... e non uno sbaglio da dilettante.

    Scosse il capo, poco importava ormai. Ora una sola cosa era certa: se avesse alzato la testa, sarebbe esplosa in mille pezzettini. Poi il soldato arrivò al riparo del Drell. Lo stesso bruto che s'era infuriato perché gli aveva rubato la pistola. Ma non era forse stato lui a farlo per primo?

    -Nel caso non te ne fossi accorto, soldato, era la mia intenzione. E per quanto riguarda la tua arma, l'ho presa solo perché ero disarmato sotto un attacco a fuoco dal momento che qualcuno me l'aveva tolta. Voi cani di Cerberus siete tutti uguali.- sibilò.

    Il problema è che adesso non sapeva proprio cosa fare: avrebbe potuto sparare alcuni colpi, ma sapeva che sarebbero stati inutili. Inoltre, altri ripari non c'erano.. e anche se ci fossero stati, con quella tormenta non riusciva a vederli. Sospirò. C'era un'unica cosa da fare ormai.

    Lasciò cadere la pistola a terra mettendola un po' dopo il riparo, ma comunque facile da riprendere se il cecchino non avesse accolto la resa. -Mi arrendo, cecchino!- urlò, sperando di far cessare il fuoco.

     
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    Matthew Gunnarsson
    Matt e Liara raggiunsero il Drell giusto in tempo per farsi insultare e vederlo buttare via la Carnifex. Matt fece una faccia incredula: Ma sei idiota? Primo: non ti sentirà con sto vento. Secondo: non so cosa sia Cerberus. Terzo t'ho salvato la vita e tu m'hai preso a cazzotti in faccia e mi hai derubato! - sputò un grumo di sangue per terra - E quarto, ti sto salvando ancora..." Dal factotum fece uscire un po' di medigel e se la fece cadere nell'altra mano e con una violenta e, sperava, dolorosa pacca glielo "applicò" sulla spalla ferita. Si sporse di quel tanto che bastava per vedere dov'era Daisy. Un proiettile gli passò sopra la testa e impattò sullo scudo. Si riabbassò con un sospiro e disse: "Bella mossa Sherlock... - si girò verso Liara - Stavolta è un ordine: resti qui!" Diede il fucile al Drell e balzò oltre la copertura, raccolse Daisy e correndo le diede un bacio scherzoso. Impostò il factotum e si procurò un scarica di adrenalina, correndo verso la direzione da dove venivano i colpi. Sapeva che lo scudo non avrebbe retto in eterno ma con le terapie genetiche che aveva ricevuto e tutta l'adrenalina che aveva in corpo sperava di coprire quelle poche centinaia di metri prima che lo scudo o le gambe cedessere.


    Edited by Mattia 92 - 27/10/2012, 16:41
     
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    E così Liara rimase da sola con quello che fino a poco prima era stato un nemico, mentre ora, causa circostanze, si era ritrovato con loro dalla stessa parte della barricata. Essendo un alieno come lei sperò in un minimo di complicità, gli Umani erano più disposti verso il razzismo rispetto alle altre specie e lei doveva tenere fede ai suoi geni da Asari pacifica e diplomatica.
    «Non siamo con Cerberus. Penso sia difficile che facciano lavorare un'Asari.»
    Gli tese una mano con aria amichevole.
    «Dottoressa Liara T'Soni...»
    Nessuno sparo dall'altra parte. La pace li circondava e Matt Gunnarson correva miracolosamente indenne. Davanti a lui si formò una cresta ghiacciata, una buona altura da cui sorvegliare l'area e fare fuoco. Non si vedeva niente là sopra e la cima doveva essere almeno a 130 metri. Una via per salire c'era e partiva dall'angolo remoto a sinistra, con uno strapiombo su cui si affacciava la rampa naturale. Il tiratore, da qualunque parte fosse, non se n'era andato. Era lì, in attesa e teneva sott'occhio l'area in cui era accampato il Drell.

     
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    Niente di niente, nessuno sparo, nessun rumore, nulla. Vide una cresta che dominava l'intero campo di battaglia. "E' li, speriamo bene. In ogni caso Liara non è una sprovveduta ed il Drell, se è sincero, riuscirà a proteggerla." Vide una rampa e cominciò a salirla. Estrasse una granata dalla cintura e la attivò, tenendola in mano, per avere un'assicurazione sulla vita: se lui moriva, la mano si apriva e la spoletta saltava via, uccidendo anche il cecchino. Semplice ed efficace come solo una strategia nata tra i fanti può essere. Guardò la pistola e sussurrò "Siamo solo noi due ancora una volta piccola, sei l'unica che non mi tradirebbe mai, anche se i nostri appuntamenti finiscono sempre in sparatorie." Ridacchiò della sua stessa idiozia e si concentrò nuovamente sull'ambiente circostante. Camminava svelto ma attento.
     
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    Superato il limitare gelido e dentellato del rilievo, Matt poté avere la vista sul resto della gobba bianca. A quell'altezza c'era già più nebbia e le briciole bianche sferzavano il volto ormai arrossato del marine, oppure si depositavano a mucchietti sugli spallacci, addensandosi in cumuli negli incavi delle placche ferree. Una figura inginocchiata e dalle fattezze aliene si tirò su dal ciglio dell'onda innevata. Le gambe affusolate, piedi tridattili, corpo snello e slanciato, tubi sui fianchi e lungo la fascia lombare. Sembrava ricordare un Quarian, ma Matt sapeva bene che non lo era. Quando si girò, ruotò il collo depositando quella specie di occhio luminoso sul Caporale Gunnarson, senza fare niente. Tutto quello che fece fu puntargli contro quella torcia bianca ed impassibile con un fucile di precisione M-92 tenuto con entrambi gli arti abbassato davanti alle gambe.

     
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    Zavon Helkar

    Il medigel applicato fece un po' male, ma non una smorfia di dolore si poté notare sul volto di Zavon. Ignorò completamente le parole del soldato.. e quando lo vide partire alla carica, pensò che sarebbe andato contro il proprio destino. *Umani...* pensò.

    Quando il Drell sentì le parole "non siamo con Cerberus", tirò un sospiro di sollievo. Era lieto di non avere a che fare con quei pazzi nuovamente. Improvvisamente successe una cosa che non si aspettava: gli stava tendendo la mano. Voleva davvero fare "amicizia" con il tizio che fino a poco prima aveva tentato di attaccarli? Rimase alquanto sorpreso.

    Un lieve, lievissimo sorriso incrinò il volto dello squamato. Porse la mano e gliela strinse con fare altrettanto amichevole. -Zavon Helkar...- asserì con la voce roca tipica di ogni Drell. Poi continuò -...Mercenario, per così dire.- Era difficile spiegare bene le proprie mansioni, ma più tardi ne avrebbe parlato se avessero chiesto.

    Sospirò. -E' da un po' che non sento spari... proviamo ad uscire momentaneamente dalla copertura, e vedere un po' che succede?- propose, con un tono di voce apatico.

     
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    “Mercenario...”
    Anche Urdnot Wrex era un mercenario a quanto si ricordava. Ci si poteva convivere con tipi del genere, purché avessero un interesse comune. A volte potevano scaldarsi troppo e ribellarsi, come aveva fatto il vecchio Krogan su Virmire, ma con le giuste parole o sufficiente liquidità li si riportava in un batti baleno dalla propria. Annuì all'azzardo di Zavon, cercando comunque di mostrarsi cauta.
    «Posso evocare una barriera intorno a noi se necessario... ma ho notato che anche tu hai dei poteri biotici, quindi non sarà un problema fuggire nel caso riaprà il fuoco.»
    Uscì dalla copertura avanzando con cautela di fianco al Drell.


     
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    Matthew Gunnarsson
    Un Geth. La, nel nulla. Cosa volevano da Shepard, un trofeo per sentire meno il bruciore della sconfitta? Non lo sapeva e non gli interessava, ora era tempo di sparare, e quello lui lo sapeva fare! Mentre disattivava e metteva via la granata cominciò a fare fuoco con la Carnifex, sparandogli verso gli avambracci, non voleva farlo fuori a pistolettate, questa volta se la sarebbe goduta. Colpì il fucile, facendoglielo cadere di mano e disarmandolo. Coprì la poca distanza che era rimasta fra di loro con uno scatto ed un salto, piombandoli addosso. Caracollarono entrambi a terra e Matt si portò immediatamente sopra di lui, cominciando ad investirlo di pugni: al volto, al petto, al collo, alle spalle. Sapeva che non poteva provare dolore ma sperava che almeno avesse avuto paura, voleva che sentisse la morte arrivare, che la vedesse. I guanti corazzati fecero delle belle ammaccature nell'automa, ma egli continuava a cercare di divincolarsi. Gli sembrò anche che cercasse di parlare, ma non lo ascoltò, non gli interessava cosa aveva da dire. I pugni divennero sempre meno frequenti, crescendo invece in potenza. "Maledetta macchina! Non vi basta aver ucciso milioni di persone?! Non vi basta aver distrutto così tante famiglie?! Non vi basta?! NON VI BASTA?! Avete perso, Shepard vi ha sconfitto, e tu non profanerai mai le sue spoglie! Mai! MAI! Vai all'Inferno, MOSTRO!" Mentre gridava quell'ultima parola sferrò un pugno ad un foro non molto grosso, vicino alla spalla destra. Il colpo fu così forte da sfondargli il petto, oltrepassarlo da parte a parte e conficcarsi nella neve. La luce dell'occhio si spense e Matt estrasse con parecchio dolore la mano: si era rotta. Si rialzò, accese il factotum e chiamo Liara, lei rispose e lui disse solo "E' libero, uscite." Richiuse immediatamente la conversazione, non aveva voglia di parlare con qualcuno, in quel momento. Improvvisamente la battaglia della Cittadella gli riesplose davanti agli occhi, così tanti morti... Amici, sconosciuti, vecchi, donne, bambini... Si sedette, non aveva fiato. Si mise la faccia tra le mani e cercò di mandare via i ricordi. Stette così per circa un minuto, quando tolse le mani vide che il tessuto era bagnato: stava piangendo. Si asciugò la faccia prima che gli si congelasse. Si alzò di nuovo e raccolse la pistola, che aveva gettato via nel salto, per evitare che il nemico la usasse. Andò verso il fucile Mantis, lo raccolse e stava per metterlo sulla piastra magnetica della spalla destra ma poi ci ripensò. "Tienitelo, stronzo..." E glielo gettò addosso con disprezzo. Si mise un po' di medigel sulla mano per attenuare il dolore e si sporse oltre il bordo della copertura del Geth. Vide che sembrava abbastanza piano e vi si lasciò scivolare. Poi, una volta arrivato in fondo, si incamminò verso la Normandy per ricongiungersi col gruppo.
     
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    La comunicazione arrivò improvvisa mentre Liara e Zavon stavano ancora parlando. Matt diceva che era libero e che potevano procedere. Allora come consigliato iniziò a camminare verso le rovine della Normandy e la cresta, invisibile ai suoi occhi, sulla quale si era tenuta la colluttazione. Alla vista di Matt non riuscì a trattenere la curiosità.
    «Allora? Chi era? Come hai risolto?»

     
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    Matthew Gunnarsson
    Matt fu caustico con Liara, anche se lei non se lo meritava. Non che lui volesse essere scortese, ma ora non era più Matt, era una macchina assassina, nulla più. Le passò oltre senza cerimonie e disse "Era un Geth. E' morto." Poi si sfilò la stessa granata di prima dalla cintura e ripreparò il trucco del muoio-io-muori-tu. Arrivò fino al Drell, che pareva più rilassato di prima e con un ceffone al fucile glielo fece volare via. Con il braccio libero lo afferrò per il collo e lo sbattè sulla paratia che aveva alle spalle, poi fece scivolare la mano e lo tenne fermo con l'avambraccio. Gli infilò la mano con la granata nel giubbotto e gli disse "Mi sono rotto dei giochetti, ora voglio risposte! Chi sei? Che ci fai qui? E non pensarci nemmeno a rifare il tuo trucchetto di prima, se io perdo la presa sulla granata tu muori. Adesso PARLA!" Avevano poco tempo ancora a disposizione e non potevano permettersi altri ritardi. Se l'alieno era una minaccia andava eliminato, e subito.
     
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    «Un Geth? Ma c-come...?»
    Incredula Liara si vide Matt sfrecciare davanti ed andare ad investire di nuovo Zavon Helkar. Non ne poteva più di quel comportamento. Anche se il Drell fino a prima era stato una minaccia, ora poteva gestirla a parole, non c'era più bisogno della violenza. In più voleva fare luce su quella storia. Era sicura che la nave che li aveva attaccati non era Geth, quindi cosa ci facevano lì i Geth, su un pianeta deserto, privo di risorse, lontano da qualunque colonia. Non poteva avere un interesse strategico. Ora i Geth si limitavano a vagare con le loro navi, remando verso il Velo di Perseo. Perché utilizzare le piattaforme terrestri e scendere? Avevano interesse anche loro a prendere il corpo di Shepard? Volevano trasformarlo in un mutante come quelli creati da Saren sulla Cittadella? Troppe domande la investirono e il caporale dell'Alleanza non la faceva riflettere a modo.
    «Ora basta!»
    Gridò innescandosi come una torcia.
    «Un Geth soltanto non può essere. I Geth non funzionano isolati! Se ce n'era uno ce ne devono essere degli altri, perciò ora stai tranquillo Matt, potrebbe non essere finita come pensi tu!»


     
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    Zavon Helkar

    Il Drell non fece espressioni di dolore, né di sorpresa, né di paura. Anzi, lo lasciò fare invece di reagire. Quel tizio si credeva un qualche dio in terra? Gliel'avrebbe fatto credere. Per ora. Gli fece un piccolo sorriso, guardandolo dritto negli occhi.

    -Tu davvero credi che maltrattandomi aiuterà a farmi dire qualcosa? Credi di star minacciando un ragazzino o un umano senza un briciolo di coraggio?- la sua espressione mutò e tornò seria. Le mani finirono sul torace, poggiate sulle costole. L'energia bluastra fluiva nuovamente, ma il soldato non poteva avvertire alcun dolore dal momento che era solamente un potenziamento bracciale, e non aveva effettivamente fatto la propria mossa.

    -Coraggio, fai saltare in aria la tua bomba. Io ti distruggerò le costole prima che te ne accorga in modo che perforino i tuoi polmoni e tu muoia di stenti. E se non morirai per quello, sicuramente l'esplosione della tua bella granata ti disintegrerà. E se morirò, sarò morto per una buona causa: aver tolto di mezzo un umano che si crede un Krogan.-

    Avrebbe potuto, con l'addestramento che aveva ricevuto dagli Hanar, togliersi la granata e ficcagliela in bocca ed avere ancora il tempo di mettersi a osservare il suo cervello saltare in aria fischiando un allegro motivetto, ma non era certo questo quel che intendeva fare.

    Inoltre, era particolarmente incuriosito da un fatto: l'avversario era Geth, e soprattutto aveva sparato solamente contro il Drell. Se fossero stati i Geth che conosceva, avrebbero attaccato tutti indiscriminatamente... perché solo lui?

    -..Geth avete detto?- esordì. -I Geth che conosciamo avrebbero attaccato tutti a vista. Invece, costui ha attaccato solamente me, dopo che avevo intimato di non muovervi. Dobbiamo indagare. Quel comportamento non è nel loro... stile, diciamo.- propose.

    -...e se questo bruto ha finito con questo teatrino, avrete le vostre spiegazioni... dopo.-

     
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    Matt era sempre più arrabbiato, voleva morire? Bene, sarebbe morto. Neanche un biotico sarebbe stato capace di tirarsi fuori dai vestiti una granata con un timer impostato su un secondo, prima che detonasse. Era quasi arrivato al punto di mollare la spoletta, quando una frase del tizio lo fece rinsavire: "E' vero, ci avrebbe attaccato tutti, inve ha sparato a lui, noi non siamo stati raggiunti che da colpi d'avvertimento... Diamine, non mi ha neanche sparato mentre correvo in campo aperto!" Mutò espressione e si ritrasse, sfilò la mano dal giubbotto e disattivò la bomba prima di infilarsela nella cintura. La sua faccia diceva "sono un deficiente". Comunque non si fidava ancora totalmente dell'alieno, sebbene le parole di Liara gli fecero capire che avevano ancora bisogno di lui. "Sappi che non mi fido di te, ma è vero, i Geth non sono mai soli. Andò verso il Mattock e lo raccolse. Chiese la pistola indietro a LIara, dandogli la sua. Lanciò la Phalanx al drell: "Consideralo un pegno di fiducia." Si girò verso Liara: "Non ci resta molto tempo dottoressa.
     
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