Notizia: Calabria, la donna non vale nulla

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    Calabria, la donna non vale nulla

    La tragedia di Corigliano Calabro non mi ha colpito per nulla. Quando ho sentito la notizia, non ho mosso un muscolo, non ho mostrato segni di sorpresa. Sono calabrese, esattamente della piana di Gioia Tauro. E so meglio di molti altri quanto vale la donna nella mia regione: zero.

    “Non generalizzare”, mi dicono alcuni corregionali orgogliosi che mi accusano di sputare sulla mia terra. Non generalizzo affatto, ma dico semplicemente la verità. In Calabria, la maggioranza delle ragazze non ha scelta, in nessun campo. Non può scegliere la scuola superiore da frequentare (quando le è permesso frequentarla), non può scegliere il fidanzato (soprattutto se ha la sfortuna di avere fratelli), non può scegliere cosa fare da grande (lo farà per lei il futuro marito, che lei non sceglierà). È così, da sempre.

    E chi conosce bene la realtà sociale calabrese non può stupirsi, né scandalizzarsi o peggio ancora accusarmi di sputare sulla mia terra. Ho 33 anni, e ho frequentato la scuola superiore dal 1993 al 1998, in provincia di Reggio Calabria. Ebbene, io ho visto ragazzine costrette a ritirarsi da scuola nonostante voti ottimi e menti brillanti, semplicemente perché la “famiglia” (che in Calabria è una sorta di mostro mitologico metà pranzi luculliani, metà aguzzino) aveva scelto per lei. C’era già un fidanzato pronto per lei. O, quando andava bene, semplicemente serviva una mano in più in casa, perché il papà e i fratelli che tornavano stanchi da lavoro volevano il piatto caldo o le camicie stirate.

    Per molti ragazzini calabresi, le donne sono oggetti che possono usare a loro piacimento. E quando qualche impavida eroina decide di ribellarsi e dire no, può partire il ceffone, il pugno, il calcio. È così. Lo so perché l’ho visto, lo so perché tra quei ragazzini sono nato e cresciuto. E la situazione è addirittura peggiorata negli ultimi anni, perché alcune ragazzine si sono emancipate e osano truccarsi e vestirsi come vogliono.

    Allora, alla parola oggetto si è aggiunto l’aggettivo “sessuale”. Sono “facce toste”, come si dice da quelle parti. Cioè poco di buono, solo perché vestono alla moda o tentano di camuffare l’acerba gioventù sotto una mano di fard e un tratto di eyeliner. E i ragazzini si sentono in diritto di approfittarne. Perché in fondo quelle ragazze sono cosa loro, corpi senza diritti a loro completa disposizione.

    Chi si stupisce, oggi, di quanto è successo a Corigliano alla giovane Fabiana Luzzi, non conosce la Calabria. E non conosce le famiglie calabresi. Quando frequentavo l’ultimo anno di liceo, una mia compagna di classe aveva chiesto aiuto alla famiglia perché un signore stimatissimo e rispettato in paese le aveva messo le mani addosso. Ebbene, la famiglia ha pensato bene di riempire di botte la ragazza, accusandola di mentire e di voler screditare una così rispettabile persona.

    Questa è la Calabria. Questa è la condizione delle donne calabresi. Nessuno stupore, dunque. Ma solo una rassegnazione impotente che nessun discorso di circostanza potrà mai attenuare.


    Da una notizia: Il Fatto Quotidiano
     
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  2. Liraya
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    La situazione è piuttosto allarmante. Ho visto anche io situazioni del genere purtroppo e non solo in Calabria. Credo che sia la cultura di alcuni paesini, non è "tutta" la Calabria a pensarla così, ma inutile negare l'evidenza. Cosa si potrebbe fare per porvi rimedio? Ribellarsi. Queste donne si devono ribellare. Anzi, le ragazzine si devono ribellare. Esiste un'ente a cui potrebbero rivolgersi nel caso la famiglia le imponga di sposare qualcuno o non la mandi più a scuola? Purtroppo questo non lo so, ma so che così facendo da una parte si creano delle infelici (quelle che volevano ribellarsi ma non ne sono state capaci) e dall'altra si creano degli automi (quelle che credono che quello sia l'unico modo di agire, ignorando le alte possibilità). Poi ci sono quelle che scappano. Ne ho conosciute un po'. Se ne vanno fuori. Di per sè è un gesto di ribellione, ma non è una vera vittoria secondo me. Comunque casi del genere, di gente la cui famiglia non manda a scuola le figlie (e parliamo delle scuole medie quando ancora era obbligatoria fino a 14 anni) le ho viste coi miei occhi e non in Calabria. Risultato? appena hanno trovato il fesso di turno sono tutte (parlo di tre figlie di questo qui) rimaste incinte nemmeno a 20 anni e si sono sposate. Ora non so se fosse stato un dispetto al padre, la voglia di fuggire, l'unico mezzo per scappare( ma secondo me è il modo più sbagliato per scappare da una prigione e finirne in un' altra) oppure un'idea suggerita dal padre stesso per giustificare un matrimonio "arrangiato". Mi è venuto persino il dubbio che sia la seconda ipotesi. Questi casi esistono e purtroppo....purtroppo è la donna che deve ribellarsi se non le sta bene. Il punto è che nella maggior parte dei casi le sta bene perchè non conosce alternativa.
     
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    Penso che queste donne non si ribelleranno mai, altrimenti lo avrebbero già fatto. Come hai detto basterebbe un ente, ma questo risolverebbe i casi singoli, non il problema generale, che è un problema culturale radicato nella mentalità di certi posti. E per risolvere un problema simile serve un intervento esterno, una riforma delle aree che ne soffrono.
     
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2 replies since 27/5/2013, 14:32   45 views
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