Zal 'Treel nar Ygma

Non credevo potesse finire così.
Non ho mai conosciuto mio nonno, stanziato su un'altra nave della Flotta, ma mia madre mi raccontava sempre di lui.
Diceva, mio nonno, che esistono tre tipi di mani ferme: la mano immobile, la mano assolutamente immobile e la mano così maledettamente immobile da convincerti che non è lei a stare ferma, ma il tempo ad aver rallentato.
Diceva anche che chi ha una mano immobile fa il cecchino e chi ha una mano assolutamente immobile fa il chirurgo.
Ed io? Chiedevo sempre.
Io ho una mano maledettamente immobile.
Avrei fatto l'artigliere.
Dalla precisione e dalla delicatezza delle tue dita può dipendere la morte o la salvezza di un uomo... oppure quella di un astronave. Mia madre aveva capito qualcosa.
Qualcosa del rapporto che avevo con il ritmo dell'universo. Tutti avevano il loro... erano come sintonizzati sulla stessa frequenza, frenetica. Io avevo il mio.
Mi muovevo nella flotta, fin da ragazzino, su una frequenza differente. Come se avessi sempre tutto il tempo del mondo... come se niente nell'universo fosse capace di deconcentrarmi davvero. C'era una logica armonia dietro ogni mio movimento, dietro ogni scelta... quello che mi muoveva aveva un'origine diversa dalla convulsa frenesia che inseguiva le vite degli altri.
Non sembravo in fuga, ma alla ricerca di qualcosa.
Quel ritmo sarebbe stato la mia forza... nel chaos della battaglia, quando il metallo ruggisce, i neon esplodono e la luce dei soli diventa fredda e cupa, io avrei potuto chiudere gli occhi e fare un respiro. Uno solo. E il cuore avrebbe rallentato il battito... le nebbie della mente si sarebbero diradate... tutto avrebbe avuto un senso, una logica. Ed io avrei saputo esattamente cosa fare...
Adesso so cosa fare, ma, forse, ho semplicemente paura.
Perché, davvero, non credevo potesse finire così.
Le altre razze credono molte cose, su di noi.
Credono che siamo deboli guerrieri e l'unica cosa decente che siamo in grado di fare è saccheggiare.
Si sbagliano. Semplicemente, siamo sconfitti.
E gli sconfitti si adeguano al posto della galassia che i vincitori gli lasciano.
Gli sconfitti imparano a nutrirsi degli scarti. E si indeboliscono.
Adesso loro sono tornati.
Negli errori delle altre razze, c'è una visione quasi nobile della nostra caduta.
L'idea che cercassimo un Dio.
Che la nostra fame di risposte e il nostro bisogno di conferme si fosse condensato nella creazione degli Antenati.
Che la nostra scienza si fosse sviluppata nella direzione della creazione di un Oracolo...
che fosse la fame di conoscenza, ad averci condannato.
Perfino le nostre leggende sono state influenzate da questa visione romantica...
ma già da prima degli Antenati, la nostra condanna era già stata firmata.
Non servono nozioni storiche. E' semplice logica deduttiva...
Perché il denaro, quando ancora ne avevano, muoveva i Quarian. Come ancora muove qualsiasi cosa, nella galassia.
E molto prima di costruire ologrammi a cui rivolgere domande, i software di ogni azienda, ogni impresa, ogni organo gestionale era già centinaia di volte più intelligente di un maestro Quarian.
Per l'amministrazione delle nostre produzioni, dei nostri commerci, dei nostri scambi e della nostra finanza, in alcuni casi perfino nell'amministrazione della nostra politica, eravamo già dipendenti da software avanzati...
ed era solo questione di tempo, prima che iniziassero a comunicare tra loro, in rete.
Riesco a immaginare perfettamente come si sentirono... quando capirono, troppo tardi, cos'è che stava avvenendo sotto i loro occhi.
Quando la tempesta che facevano finta di non vedere era cresciuta così tanto non solo da non poter essere ignorata... ma da divorare l'intero orizzonte. Proiettando una cupa ombra sul futuro di tutti.
Quella vertigine di consapevolezza oscura, quel senso di colpa vivo e viscerale, fatto di silicio, potenza di calcolo e oscurità binaria... i Geth, con i respiri delle loro ventole robotiche e i loro azzurri occhi di vetro.
I Geth... e adesso?
Adesso sono tornati a sfidare l'arroganza delle creature organiche.
Aria è stata di parola... ci ha fatto sapere ogni cosa.
Sappiamo che sono lì, a meno di novanta minuti in velocità di crociera. Impegnati ad infrangersi come uno sciame di metallo contro la Cittadella.
Terrence è morto.
Due giorni fa. La ferita era troppo seria, Williams non è riuscito a salvarlo.
Sono due giorni che la gente sul ponte mi guarda come si aspettasse qualcosa.
E mi chiedo se non è solo per il mio ritmo...
per il modo con cui mi muovo attraverso il tempo del mondo.
Forse risulto loro strano... una stonatura inadeguata alla violenza che serpeggia sotto la superficie della nostra imminenza.
Forse faccio storcere loro il naso, perché appaio troppo tranquillo.
Forse capiscono che sto macchinando qualcosa... o magari hanno solo capito dove sto per portarli.
E, forse, come me...
hanno semplicemente paura.

Novanta minuti.
Non credevo potesse finire così.
Ma non possiamo vivere come fantasmi per sempre, intrappolati dalle nostre colpe, stretti nelle nostre tute, terrorizzati dal nostro passato, incappucciati nella nostra vergogna e privati del nostro futuro.
La storia è scritta dai vincitori, e la storia è stata crudele, con noi.
E' arrivato il momento di fare di nuovo i conti con i nostri errori.

Keelah se'lai,
Zal 'Treel vas Rigon nar Ygma