Fantasmi dal passato

Sistemi Terminus, Omega

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    Dalio Nerius

       Fazione: Talon
       Ruolo: Mercenario

    Aliquis non si aspettava quell'abbraccio, o forse preferiva non aspettarselo. Il suo lavoro lo portava a mentire, a ingannare le persone, a fingere emozioni non sue, ma con quella ragazza così fragile ed innocente era diverso. Quel gesto di Rael, infatti, lo fece vacillare, lo fece sprofondare nel senso di colpa. C'era del sentimento puro in quell'abbraccio, sentimento che la donna provava per Dalio Nerius, non per Aliquis Varian. Per quest'ultimo avrebbe riservato solo odio, se mai avesse scoperto la sua vera identità. Eppure sentiva il bisogno di vuotare il sacco, di rivelarle ogni singola cosa, di provarle che quei sentimenti appartenevano anche a lui, non solo al Turian della sua infanzia. Fortunatamente, l'irruzione di Prudence nella stanza interruppe quei pensieri prima che potessero causare danni irreparabili.
    La donna entrò nella stanza e con passo deciso ridusse la distanza fra Rael e lei, e sfogò tutta la tensione schiaffeggiando la povera ragazza.
    Aveva fatto una promessa a Trant: avrebbe fatto fuori la suora se avesse toccato ancora Rael, ma Aliquis capì che in quel gesto non v'era altro che un'esplosione di sentimenti, la prima da parte dell'umana dai capelli azzurri. Non sapeva se sentirsi sollevato o turbato, ma ciò che sapeva era che doveva allontanare la donna dalla giovane ragazza.
    "Bene, d'accordo, la tua temibile e pericolosa ira fa molta paura, ma adesso lasciala in pace. Non è stata una bella settimana per lei, non lo è stata per nessuno di noi. Invece di menarci e spararci a vicenda, pensiamo a proseguire con il nostro obiettivo." Avvertì, per poi passare in mezzo alle due e varcare la soglia della porta.
    In fondo alle scale cominciò ad intravedere Trant e Parak armeggiare con qualcosa. Fu solo una volta raggiunta la sala principale che riuscì a capire cosa stessero facendo: i due stavano riempiendo un borsone di armi, munizioni ed esplosivi, fino a riempire la borsa a metà.
    Il Batarian alzò la testa, e vide finalmente Aliquis muoversi verso di loro.
    "Sei mai entrato nelle profondità della Tana, Turian?" esordì il Ciclope, ed Aliquis rispose scuotendo la testa. Sia Trant che lui erano entrati diverse volte nella locanda, ma arrivare fin lì di solito era abbastanza. Se quella era una zona pericolosa, la tana vera e propria doveva essere l'inferno.
    "Girano voci su di essa, ma sono per lo più infondate, diffuse da persone che non ci sono mai entrate, o che non hanno mai saputo gestirla. E' un luogo pericoloso, ma se fate come vi dico ne uscirete... Quantomeno interi. Una volta dentro, non dovete guardare in faccia nessuno, finchè non arriverete all'ultima bottega sulla destra. Una volta lì chiedete se Bagor ha trovato il proiettile d'oro."
    I due non capivano cosa tutto ciò significasse, ma annuirono, perchè in fondo l'obiettivo era semplice.
    "Avete venti minuti per prepararvi a scendere, prima che io apra il locale."

     
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    Aslael Amaru

       Fazione: Alleanza
       Ruolo: Corsaro



    Come detto la sala in cui i due si trovavano non era ampia, ma nemmeno stretta ed al suo interno si trovavano poche cose: un tavolino in un angolo, sul quale si trovavano vari arnesi di tortura ed una sedia. Quando Daboia si giro per affrontare la minaccia, aveva in mano una katana, un arma un po lunga per la larghezza non troppo esigua della stanza. Quell'erma terrestre proveniente dall'oriente, era stranamente elegante e, a quanto pareva, la ragazza sapeva maneggiarla egregiamente. I due si sorrisero e dopo pochi secondi partirono all'assalto quasi a l'unisono, le lame si incontrarono spesso, nonostante la statura di Aslael, il ragazzo sembrava fin troppo agile e navigato nell'utilizzo di quell'arma da taglio. Hati si era allenato varie ore sull'utilizzo di armi simili, sopratutto grazie alla compagnia di squadra: LIra. Persino la sua nemesi sembrò al quanto stupita dell'abilità riscontrata dal ragazzo dai capelli cenerei. Lo scontro non duro a lungo, in breve tempo e nonostante le ferite che si facevano ancora sentire, Hati riuscì a colpire la nemica con un taglio diagonale al braccio, abbastanza profondo da far perdere la presa a Daboia. Dopo il taglio inflitto, Amaru tempesto di pugni la donna con la mano libera ed infine la mise K.O. con una testata al volto che le ruppe il naso e le fece perdere i sensi. Infine l'uomo sputo un copioso composto di sangue e saliva sul copro svenuto.
    Passarono pochi minuti prima che la donna riprese i sensi, Aslael ebbe poco tempo ma riusci a legare cosi stretto Daboia da fargli perdere il controllo delle mani e dei piedi.

    «Hey raggio di sole!» Commentò il risveglio Aslael che poi sfoderò un pesante pungo alla guancia della donna, l'urto risuono nella stanza ed il colpo fu cosi pesante da far sputare un dente alla tizia
    «Il ringraziamento per avermi curato»Sorrise degustando la soddisfazione appresa poco prima.
    «Ascolta, Sai che da questa stanza non riuscirai ad uscire... Non viva almeno. Ma protei facilitarti il trapasso all'altro mondo» Continuo pigiandosi la katana infoderata sulla spalla.
    «Oh andiamo, non essere patetico, sei dell'alleanza non puoi uccidermi»
    «Hahaha, questa si che è divertente» Rise piegato sulle ginocchia, per poi riprendere la corretta postura eretta.
    «Sai, non ti voglio uccidere a furia di chiacchiere ma, il fatto che io appartenga ad una fazione che vigila sugli interessi umani... Non fa di me un buono. Sai molti, come te, pensano che io sia un crociato, un devoto alle buone cause... Nulla di più erroneo! » Sogghigno mentre si avvicinava al tavolo, prese un pugnale e poggio la katana al tavolino, infine raccolse anche una bevanda mezza vuota, piena d'alcol (probabilmente usato per sterilizzare le ferite), ne vero un po sul coltello ed infine lo incendio grazie alla fiamma di un'accendino.
    «Hati, all'inizio non sapevo il perché di un simile sopranome, ma poi... Feci delle ricerche e, forse, qualcuno in alto della gerarchia militare ha sfogliato il mio file personale e aveva associato il mio nome a quello di un lupo... "Pieno d'odio" è la corretta traduzione nella lingua corrente... Azzeccato» Termino utilizzando la parte non tagliente del pugnale contro il ginocchio della ragazza che urlo dal dolore.
    «Dove si trovano il resto dei miei?»
    «Gran parte della tua "Maria" è proprio lì!» Rispose Daboia indicando con il mento la gamba della'agente della DEA.
    «Già... Divertente... Sai perché prima piangevo? Non per la morte della mia compagnia, ma per quello che ti farò, ho immaginato il dolore che proverai e... Mh mi dispiace tanto!»

    Dopo quasi venti minuti, la ragazza si trovava a terra a lacrimare dal dolore, la sedia sul quale stava era stata spaccata ed alcune schegge le avevano ferito il fondo schiena. Sul suo corpo aveva diverse ferite da taglio ma ora con la schiena nuda ed il petto a terra, tenuta a sottomettersi a causa della possanza fisica del ragazzo non pote divincolarsi e dovette subire il suo lavoro di coltello. Altre strilla ed altro sangue fu versato, al termine dell'opera il ragazzo concluse dicendo:
    «Spero che ti piaccia questo tatuaggio, ne sta per arrivare un altro!»
    Dietro la schiena la donna si trovo scritta nella carne il nome: Maria Dubbeson, inutile dire quanto fosse grande la scritta e quanto sangue avesse perso. Aslael girò il corpo della donna quasi svenuta dal dolore.
    «Ultima chance, dove sono i superstiti»
    «Molto vicini!»
    «Dove?»
    «In culo a te!» Fini il tutto spuntando in faccia al ragazzo.
    «Bene» Sorrise

    Riprese una mattanza, questa volta il corsaro utilizzo il coltello sulla fronte della tizia, creando il perfetto logo dei sole blu, un cerchio con una palla dentro il cerchio quasi a toccare il bordo superiore della circonferenza. La donna quasi sveni dal dolore, ma nuovamente sembro resistere.
    «Ora, il gioco è semplice: tu mi dici dove sono i miei compagni altrimenti» Continuò facendo scendere il coltello al livello del capezzolo sinistro. A quel punto la donna semplicemente spiego che la sala dove si trovavano i superstiti era proprio difronte a quella.
    «Sai mi ricordi la barzelletta del lanciatore di coltelli. La moglie era tutta un taglio. Questa si che fa ridere!» Concluse sorridente mentre si avviava alla porta, anche la donna sorrise ed incominciò a ridere come un'isterica.

    Amaru si diresse nuovamente al tavlo dove poggio il coltello insanguinato, poi riprese la katana e guardo la donna per poi fare un gesto con il capo, con il quale gli comunicava che era giunta l'ora. Propio quando raggiunse il capezzale del nemico con spada tratta, la porta alle sue spalle si apri all'improvviso. Aslael non aveva alcuna fiducia nella concezione del termine: fortuna, ma doveva ammettere che si trovava proprio della merda.

    «Allora Daboia, hai fini-?» L'uomo senza maglia che aveva appena fatto capolino nell'ambiente era grosso quanto il corsaro, solo che era molto più fisicato, e questo ne diceva molto.
    «Merda!» Furono le parole di Aslael prima di vedere che la nuova minaccia stava estraendo una M-3 Predator, alla sola vista il ragazzo balzo vero il tavolo e lo rovescio per terra riparandosi subito dopo. Segui il rumore dei proiettili sparati a casaccio, l'agente dell'alleanza attese il finire del caricatore, poi con balzo energico spuntò fuori e diede un veloce e poderoso fendente che colpì il nemico dall'alto verso il basso, colpendo prima l'occhio e poi la zona toracica-addominale, un flotto di sangue spruzzo vero il volto di Aslael. Il nemico tuttavia aveva avuto i riflessi abbastanza veloci per riuscire a portarsi indietro per tempo e non rimanere ucciso. Aslael non attese il contrattacco e nuovamente con grande agilità giro su se stesso e colpi nuovamente il nemico, il dritto stavolta colpi lievemente il fianco destro nemico. Quella bestia riusci tuttavia a fermare la lama con la mano, iniziò a scorrere il sangue. Il corsaro rimase sbigottito da coraggio e dalla rapidità avversaria, ma non rimase in quello stato per lungo tempo. Il contrapposto con la mano liberà inizio a colpire il volto del ragazzo, prima un paio di diretti e poi un montante che mandò il giovane diversi passi indietro, il tavolino alle sue spalle lo fece cadere all'indietro.
    «Daboia? Come stai?» La donna non aveva mai smesso di ridere per tutta l'azione e non accennava a smettere. Aslael riprese lucida e raccolse da terra il pugnale utilizzato poco prima, rapidamente ed in maniera agile si riporto in posizione eretta e fronteggio il rivale.
    Notò le clip che aveva vicino alla cintura, poi lo sguardo si posò sull'arma da fuoco vicina l'uscio della porta. L'uomo dai capelli bianchi e dalle visibili ferite da taglio, che sgorgavano ancora sangue, getto la spada ai piedi dell'amica e gli intimo di liberarsi, Daboia smise di ridere e non perse tempo. Nel mentre Aslael si fiondo sul colosso a mo di placcaggio, il nemico riusci ad evitare la lama, e dopo una ginocchiata al petto, prese a tempestare di gomitate la schiena di Amaru, poi con sforzo lo getto nuovamente oltre il tavolino, durante il volo il corsaro perse il pugnale.
    Il dolore al quale era stato soggetto Aslael era atroce, ma era riuscito nel suo intento. L'atterraggio era stato fortuito e si trovava a pochi passi dalla Predator, cosi velocemente inserì la clip rubata al nemico durante il placcaggio. Intanto Daboia si era liberata e si stava lanciando insieme al suo partner verso il corpo apparentemente provo di sensi di Aslale, che si volto per tempo e prese a tirare il grilletto a più non posso. I due sole blu furono tuttavia rapidi e si scansarono per tempo. Aslael velocemente si getto vero l'uscita e, grazie una spallata apri la porta indicata da Daboia come la stanza ove si trovavano i superstiti, velocemente chiuse la porta dietro di se e si sedette con le spalle rivolte contro.

    «Che giornata del cazzo» Disse dolorante
    «A chi lo dici»

     
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    Rael Thompson

       Fazione: Nessuna
       Ruolo: Mercenaria



    L'ultima persona che Rael aveva stretto in quel modo, ricordò, era il suo ultimo ed unico fidanzato, deceduto nel corso della Battaglia della Cittadella. Le sembrava passata un'eternità da quel periodo e quasi non si riconosceva nella Rael dei suoi ricordi: una ragazza forte, algida, ma anche piena di speranze ed aspettative. Quello che negli ultimi tempi aveva guardato allo specchio, da quando era su Omega, non sembrava altro che il fantasma di quella ragazza, un corpo vuoto senza più luce negli occhi... ma non era quello che in quel momento poteva vedere riflesso negli occhi di Dalio. Attraverso lo sguardo del turian, Rael vedeva l'azzurro dei propri occhi illuminarsi di una luce nuova, viva, una luce che nemmeno il suo defunto compagno era mai riuscito ad accendere.
    Avrebbe per sempre conservato il suo ricordo con affetto, ma questo non le era stato sufficiente per impedire che Omega la stravolgesse nell'animo, nè per frenare l'angoscia di rimembranze amare, con cui era stata costretta a fare i conti ogni notte. Non era sicura di cosa sarebbe potuto cambiare, se la Battaglia della Cittadella non lo avesse portato via: la sola cosa certa, in quel momento, era che Dalio era riuscito a risvegliare in lei qualcosa che aveva creduto non le appartenesse più.
    Quella strana e ancora indecifrabile emozione che l'aveva pervasa la indusse a cercare un riscontro negli occhi di Dalio, ma l'ombra che vi trovò celata la rese apprensiva.
    Dal modo in cui la guardava, era certa che il turian volesse dirle qualcosa, ma proprio quando Rael stava per aprire bocca per chiedergli di parlare, la porta si spalancò, rivelando una Prudence parecchio su di giri.
    Rael non ebbe nemmeno il tempo di domandarle cosa la turbasse tanto: con un gesto rapido e stizzito, la donna la costrinse a voltarsi e la colpì con un schiaffo in pieno viso.
    "Stupida!".
    Lo schiaffo non fu particolarmente forte, ma Rael ne risentì comunque, moralmente. Non proferì parola ma lo sguardo sgomento che lanciò alla suora era pieno di domande, a cui Prudence risposte in modo piuttosto eloquente.
    Parak...
    Dalio intervenne immediatamente e, fortunatamente, non sembrava aver capito cosa si celasse dietro le parole di Prudence, ma sembrò imputare quello scatto alla tensione che la suora aveva accumulato durante l'arco di quella tremenda giornata.
    Ora il turian sembrava aver ripreso pieno controllo di sé e consigliò ad entrambe di concentrarsi sul da farsi. Rael era perfettamente d'accordo, anche perché non aveva alcuna intenzione di mettersi a discutere con Prudence riguardo a ciò che aveva fatto. Era dell'idea che la donna agisse in buona fede, ma non si sentiva affatto stupida, nè tantomeno inutile. Si era trattato di un caso isolato, estremo, che sperava in tutta sincerità di non dover ripetere, ma non era costretta a fare i conti con niente e nessuno per azioni le cui conseguenze ricadevano unicamente su sé stessa.
    Non appena Dalio ebbe abbandonato la stanza, Rael si avvicinò a Prudence - "Abbiamo tutti il nostro inferno personale" - sussurrò, con una nota malinconica nella voce - "E tu hai già troppo da fare con il tuo".

    Rael raggiunse Dalio e Trant, che stavano completando i preparativi con Parak.
    Tra le armi a disposizione, la ragazza riuscì a trovare una Phalanx e un M-13 Raptor che assicurò alla schiena. Non era come il suo Incisor, ma si sarebbe abituata.
    Avere di nuovo un fucile di precisione tra le mani le risvegliò il desiderio di entrare in azione e di fare a pezzi quanti più Sole Blu era possibile. Nonostante le ferite recenti, il suo corpo era abbastanza pronto e la sua mente sgombra dalla foschia della dipendenza, mentre il suo animo era pieno di un astio che non vedeva l'ora di scaricare addosso al primo malcapitato, in forma di proiettili letali e precisi.
    Controllò la disponibilità delle munizioni e aggiornò l'inventario che aveva cominciato a stilare quel giorno stesso.
    Poi, un respiro profondo, per calmare i nervi scossi dall'eccitazione.
    Era ora.

     
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    Prudence Judicael

       Fazione: Ordine delle Quattro Virtù
       Ruolo: Adepta


    Rael, con gentilezza e senza essere volgare, le aveva consigliato caldamente di farsi gli affari suoi. Gli occhi viola di Prudence tradirono un certo imbarazzo per la frase della giovane umana. Aveva ragione. Con quale diritto si era permessa di riprenderla pur non sapendo tutta la storia che c'era dietro quel gesto? Avrebbe dovuto essere meno impulsiva e magari attendere di trovarsi da sola con Rael, parlarci, cercare di capire e invece, come suo solito, si era lasciata trasportare dalle emozioni agendo sull'ondata emotiva.
    Parak aveva ragione: Rael non era tagliata per fare il mercenario. Sapeva combattere, su questo non c'erano dubbi e sicuramente aveva i suoi momenti di ira ma, caratterialmente, non era un mercenario agli occhi della suora. Troppo empatica, troppo emotiva, troppo candida, troppo buona; le mancava quel distacco che doveva contraddistinguere mercenari ed assassini; forse era per quel motivo che provava una profonda simpatia per lei.

    Prudence pensò che Rael non meritasse di essere presa in giro dal turian; la ragazza si stava affezionando troppo all'alieno anzi, in alcuni suoi sguardi, Sorella Judicael aveva riscontrato vero e proprio amore...almeno, per quello che lei pensava fosse l'amore. Pensò che, in quanto suora oltre che guerriera, forse sarebbe stato suo dovere consigliare il turian a rivelare la verità. Era sicura che stesse mentendo ma non avrebbe commesso l'errore di affrontarlo direttamente; si convinse che fosse meglio parlare al krogan...se il grosso alieno era davvero amico del turian, avrebbe trovato lui le parole giuste per mettere Dalio sulla retta via.

    Aspettò l'occasione di trovarsi sola nella stanza con Trant e le si avvicinò < Devo parlarti. > le disse un poco titubante. Non era sicura al 100% di stare facendo la cosa giusta e temeva di perdere altri punti nella non già eccelsa considerazione che i suoi compagni avevano di lei.
    Trant annuì e invitò Prudence a proseguire < Sono sicura che Dalio non è chi dice di essere. Non mi interessa perchè lo fa, credo lo faccia per aiutare la giovane umana ma non è questo il punto. La sua menzogna, prima o poi, dovrà venire alla luce e come credi che la prenderà Rael? Si sta affezionando a lui ben al di là della semplice amicizia e se tu sei amico di Dalio, dovresti consigliargli di smettere di mentire. > Trant stava per replicare e, dall'espressione del volto, non sembrava intenzionato a replicare dolcemente. Prudence alzò la mano per interromperlo < E' solo un consiglio. Credo che anche lui si stia affezionando alla ragazza...più aspetta a dire la verità, più soffriranno entrambi. Decidi tu, krogan. >

    In quel momento, il turian si affacciò alla porta per avvisare i due di prepararsi poichè tra pochi minuti sarebbero partiti.
    Prudence non aveva molto da preparare. Si guardò allo specchio roteando sulla punta degli stivali per esaminare lo stato della tuta; dopo gli scontri affrontati quel giorno, pensava fosse ridotta un disastro ma, a parte qualche strappo qua e là, il tessuto aveva resistito alla furia della battaglia. Arrossì quando notò che uno degli strappi era proprio all'altezza dei glutei; esattamente dove la curva delle natiche cambia inclinazione per unirsi alla schiena. Lo strappo lasciava intravvedere l'inizio del suo sedere ma, purtroppo, non aveva i mezzi necessari per intervenire: sarebbe rimasta in coda al gruppo con la scusa di proteggere loro le spalle.
    Controllò che la propria pistola fosse ancora funzionante e si infilò la mazza chiodata nel fodero che pendeva dalla cintura. Dopo avere recitato alcune preghiere di buon auspicio, raggiunse i suoi compagni che erano stati armati di tutto punto con le armi procurate da Parak.
    Il batarian la salutò calorosamente quando la vide arrivare e insistette lungamente affinchè Prudence prendesse qualche arma in più. Sembrava preoccupato e continuava a ripetere quanto fossa pericolosa la Tana da affrontare con una pistola e una mazza chiodata.

    < Non posso accettare, Parak. Le tue armi sono impure...non hanno ricevuto la benedizione che le fa diventare strumenti di Dio e io non posso utilizzarle. > spiegò Prudence serafica.
    Parak scosse la testa < Ah sì? E dimmi... > disse analizzando il cinturone di Prudence < ...quante pallottole benedette ti sono rimaste? >
    Prudence si tastò il cinturone < 1 caricatore e 12 pallottole. >
    < Fammi capire...vorresti affrontare la Tana e dare l'assalto a un avamposto dei Sole Blu con 1 caricatore, 12 pallottole e 1 mazza chiodata? Vuoi suicidarti per caso? >
    < Se questa è la Volontà di Dio, così sarà. > replicò calma la ragazza.
    < Volontà di Dio o no, tu prendi questi! > disse il batarian cominciando a riempire la cintura di Prudence con una serie di clip termiche. La ragazza lo lasciò fare, imbarazzata per tutte quelle premure che Parak le stava riservando. Il batarian era teso, preoccupato...era la prima volta che lo vedeva così.
    < Non avere paura. > le disse accarezzandogli il volto teneramente < Tornerò. Non è ancora giunta la mia ora. >
    Parak annuì, tirando un profondo sospiro < Me lo prometti? > disse porgendogli il mignolo della mano destra < Il mio occhio soffrirebbe parecchio se non potesse vedere più i tuoi bellissimi occhi viola. >
    Prudence sorrise e ricambiò il gesto, unendo il suo mignolo a quello del batarian < Promesso. >
    < Possiamo andare. > disse infine rivolgendosi ai suoi compagni di cui non riusciva a interpretare l'espressione.

     
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    Dalio Nerius

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    Finalmente, dopo quasi un giorno di soggiorno in quel locale, il gruppo ebbe la possibilità di entrare nella sala adibita a discoteca. Era ancora quasi vuota, l'unica persona presente era un Salarian che maneggiava con alcune attrezzature. Aliquis ipotizzò che potesse essere il DJ, ed il fatto che fosse un Salarian lo fece sorridere.
    Passarono accanto al DJ, fino a raggiungere una delle pareti dietro di lui.
    "Vai, Kalin" ordinò Parak, ed il Salarian si chinò sotto la sua postazione, e ne tastò il fondo. Quando finalmente riuscì a premere il tasto, il muro si spostò lateralmente, rivelando una profondissima rampa di scale.
    "Ricordate cosa vi ho detto. Non guardate negli occhi nessuno. Buona fortuna laggiù."

    Avevano percorso circa venti metri, ma della fine ancora non se ne vedeva l'ombra. Beh... Non si vedeva proprio niente laggiù, se non per quel poco che le torce dei factotum riuscivano ad illuminare. Più scendevano le scale, più diventava buio, e dal fondo non sembrava trasparire nemmeno uno spiraglio di luce. Da un bel po' non si sentiva più nemmeno la musica provenire dalla superficie, dentro il locale. Dovevano essere parecchio in profondità.
    Impiegarono quindici minuti ad arrivare all'ultimo scalino, ed una volta raggiunto capirono perchè non trasparisse uno spiraglio di luce dal fondo: non c'erano luci. Il corridoio che gli si prospettava davanti seguiva lo stesso schema delle scale, ovvero una lunga camminata senza sapere dove mettere i piedi.
    Aliquis e Trant accumularono una discreta distanza dalle due umane, quando il Krogan si rivolse al vecchio amico.
    "Prudence sospetta di te. E' sicura che tu stia mentendo. Non sospetta nulla di me, ma crede che io sappia qualcosa, e mi ha chiesto di convincerti a dire la verità a Rael. Quella donna è pericolosa, amico."
    "Lo so, Trant, lo so. Però... Però ha ragione."
    A quelle parole, il Krogan sussultò, e d'istinto gli venne di urlare all'amico, ma riuscì a frenarsi. Era importante far sì che le due non sentissero.
    "Sei fuori di testa, Ali? Lo sai in che casino metteresti noi, l'agenzia, ed anche lei? Vuoi far fallire la missione? Sei tu che stai guidando noi, adesso, e se l'umana non riesce a fidarsi se ne andrà, ad avrai fallito la missione. E' questo che vuoi?"
    "No, amico, lo sai che sono sempre professionale nel mio lavoro. Ma con lei... Con lei c'è qualcosa di personale. Ho sentito qualcosa, prima, quando mi ha abbracciato."
    "Ah, lo so bene cosa hai sentito! Hai sentito il richiamo dell'uccello nei pantaloni, eh? Per un abbraccio, diamine! Da quant'è che non fai sesso, amico?"
    "Non è quello, idiota!" si difese il Turian, dando un leggero pugno all'amico "E' che... Ho visto l'innocenza nei suoi occhi, il suo bisogno di aggrapparsi al passato. Quando scoprirà la verità, le si spezzerà il cuore."
    "Preferisci che qualcuno le spezzi il collo?"
    "Io... Forse hai ragione."
    "Sì che ho ragione, cazzo! Se le riveli il tuo segreto si incazzerà, scapperà via e finirà in pasto ai Sole Blu. Hai visto cosa hanno quasi fatto quei Batarian. La ragazza sa combattere, ma cosa potrà fare da sola, contro un esercito di mercenari? Ci stavate per rimettere la pelle tutti e due, se non fosse stato per me."
    "D'accordo! Va bene! Terrò il segreto per me."
    "Alleluia! Guarda il lato positivo, se riusciamo a portarla via sana e salva, avrà tutto il tempo del mondo per conoscere il vero Dalio."
    "Già. E si dimenticherà di me."

    Il corridoio si rivelò essere pure più lungo della rampa di scale, tanto che arrivarono alla fine stanchi ed ansimanti. Alla fine del tunnel li aspettò una grossa porta di metallo arrugginito e ammaccato. Aveva l'aspetto di una porta automatica, come quelle usate in tutta la galassia, ma non c'era alcun pannello olografico per l'attivazione. Dopo le scale, il tunnel e adesso la porta, era evidente che in quel tratto di tana mancasse la corrente.
    "E adesso?" chiese Trant.
    "E adesso gli diamo una scossa." Aliquis illuminò il Factotum, e sfiorò la superficie della porta, a quel punto digitò qualcosa sul dispositivo, e questo cominciò ad elettrificare l'enorme ostacolo di ferro. Gli ci volle un po', ma ad aiutarlo sopraggiunse il Krogan, che lo imitò e fece lo stesso.
    All'inizio, il pannello della porta comparì flebilmente, poi cominciò a sfarfallare, ed infine si accese completamente. Per estrema fortuna, si colorò di verde, che significava "entra". Se fosse stato giallo o rosso, avrebbero solo perso tempo.
    Aliquis toccò il pannello con la mano libera e, seppur con qualche fatica, la porta riuscì ad aprirsi.
    "Non durerà molto, muoviamoci."

    La porta si chiuse dietro di loro quasi subito dopo il passaggio di Prudence, che era l'ultima.
    Finalmente Aliquis potè disattivare la torcia, perchè nella sala che raggiunsero, di luce ce n'era a sufficienza. I bordi del bunker erano decorati con neon a luce rossa soffusa, che dava un tocco inquietante al luogo, ma permettevano una visione più che sufficiente. Come preannunciato da Parak, la Tana era colma di botteghe, stand di scarsa qualità ed anche qualche individuo che vendeva la propria merce a mano. Quello era probabilmente il più grande mercato nero della storia galattica, ma del resto su Omega non v'erano regole. Perchè effettuare questi scambi lontani dalla luce della superficie? Questo si chiedeva Aliquis, mentre guidava il gruppo lungo la sala, assicurandosi di seguire il consiglio di Parak, evitando il contatto visivo.
    Quel tratto di tana era particolarmente lungo, ma Aliquis si aspettava di trovare un altro tunnel, ma in realtà quella grossa via sfociava in tante altre piccole strade e canali. Si chiese se quella dove stavano camminando fosse la via principale, del resto era parecchio ampia e lunga, ma dalle vie minori continuava a sbucare fuori parecchia gente, più di quanto potesse immaginare. Si stupì nel realizzare che così tante persone praticassero il commercio lontani dall'amministrazione di Aria. Quel sotterraneo era talmente colmo e ricco, che se avessero voluto avrebbero potuto spodestare la regina blu economicamente, e non capiva cosa li trattenesse dal farlo.
    Ad un certo punto, da una delle vie più avanti arrivarono degli uomini in corazza blu. Sia Aliquis che Trant trasalirono, ma subito presero il controllo della situazione. Non c'era dubbio che quelli fossero Sole Blu, ma l'abbigliamento del gruppo era diverso da quello che indossavano quando si erano scontrati con la banda.
    "Mantenete la calma" intimò il Turian "Fate finta di nulla, non possono riconoscerci se non gliene diamo modo."

     
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    Aslael Amaru

       Fazione: Alleanza
       Ruolo: Corsaro



    «Cazzo Maria...» Esclamò Aslael alla vista della compagnia incatenata vicino ad un muro con la gamba tagliata poco sopra il ginocchio.
    «Non potrò più fare go-go dance» I due ridacchiarono, una risata amara e ricca di tristezza.
    «Almeno puoi metterci un mitragliatore con lanciarazzi spaccare culi» La gamba era di sicuro il danno peggiore che la ragazza aveva, ma era ferita in molti punti e, anche se era stata in parte medicata, aveva perso molto sangue e ormai delirava non poco
    «Ascolta "Cherry Darling" ti porterò via di qui»Disse non troppo sicuro mentre si guardavano negli occhi. I due sanguinari carnefici non lo avevano inseguito, beh dopo i danni che gli aveva causato si sarebbero leccati le ferite per un bel po. La sala dentro il quale si trovava non era diversa da quella da cui era uscito, no troppo grande ma, lo spazio era utilizzato bene, cerano sei persona lì dentro, Maria, Milia e altri quattro tra cui un umano, un turian e due vorcha, tutti incatenati ma ancora vivi. Milia non aveva subito grossi danni, se non quelli subiti in battaglia: un paio di schegge nel braccio, mentre gli altri, tranne che per qualche ferita leggera, sembravano stare bene. A passarsela male erano invece Hati e Maria, beh l'ultima più di tutti. Probabilmente aveva poco tempo prima che tutto il resto dell'esercito sole blu gli fosse addosso. Aslael controllo quante munizioni gli rimanevano: 8, 8 colpi nemmeno necessari per liberare tutti, anzi. Il ragazzo analizzò la situazione e non gli piaceva per niente. Si era già trovato in condizioni di inferiorità numerica e di scarse munizioni, ma qui si esagerava. Non poteva fare altro che resistere, ma per quanto? Non poteva contare nemmeno sui minuti no, avrebbe retto al massimo qualche manciata di secondi. Doveva trovare il mondo per far arrivare la cavalleria, ma in quello stato: malmenato e con i postumi di una spalla slogata e tre proiettili in corpo, non avrebbe fatto molta strada.
    «Milia ho bisogno di te» Disse prima di sprecare altri due proiettili per rompere le catene che la tenevano inchiodata al muro, se fossero state semplici corde a quest'ora avrebbe liberato tutti e avrebbe avuto qualche possibilità di uscirne vivo. Nonostante la pessima situazione, Amaru non faceva altro che pensare in maniera positiva, era sempre cosi, non ragionava mai da pessimista nemmeno nelle peggiori ipotesi. Disse qualche parola alla ragazza e gli diede la pistola ricordandole che aveva solo sei colpi, poi mentre lei si mise difronte la porta, lui si pose proprio al fianco. Sapeva che i sole blu avrebbero fatto irruzione, di sicuro le guardi più vicine avrebbero attuato un operazione senza aspettare i rinforzi, anche perché sapevano che era solo e male armato.
    Asael sfruttò questa leggerezza avversaria e, quando tre soldati si avvicinarono si preparò al meglio per affrontarli
    Quei mercenari non erano dei sempliciotti, avevano un addestramento di base e si vedeva. Il primo nemico apri la porta ed un secondo gettò una granata accecante oltre l'uscio, era proprio ciò che voleva il ragazzone. Con riflessi fulmini e scatto fulmineo, Aslael prese a volo l'ordigno e con ancora più maestria lo riconsegno al mittente e chiuse la porta. Il giovane guardò la sua partner ed entrambi fecero un gesto di assenso con la tesa, pochi attimi dopo si senti il brillare del dispositivi. Con velocità Amaru apri la porta e precisa Milia abbatte il primo malcapitato esaurendo le munizioni e gettando poi l'arma dietro di se. Finito il fuoco amico, Aslael si lanciò al di fuori entrando nel corridoio, i due restanti erano ancora istupiditi e le distanze erano poche cosi, senza pensarci troppo: il corsaro afferrò entrambi i mercenari per la gola e li sollevo da terra. Lo sforzo fu immane ed il dolore delle ferite non gli rese vita facile, ma riusci comunque a tenerli sospesi e quasi a soffocarli. I due batarian non riuscirono a tenere la presa sui propri fucili e cosi li fecero cadere atterra e cercarono di imbastire una contromisura. Aslael era però troppo forte e riuscì a tenere la presa per il tempo che servì a Milia di raccogliere un arma e sparare ad entrambi a bruciapelo. Poi dimostrando ancora una volta la sua poderosa muscolatura getto i due cadavere come fuscelli nella stanza e Milia fece lo stesso con il terzo cadavere, in fine chiusero la porta alle loro spalle. Con una rapida azione i due pirati si batterono il pugno e dopo aver liberato gli altri fecero brevemente il conto di armi e munizioni.
    «Due M-8 Avenger con 120 colpi ognuno, un M-96 Mattock 48 proiettili, un M-22 Eviscerator quindici cartucce, due M-3 Predator 36 munizioni ed infine: un ML-77 Missile Launcher unico razzo... Beh poi ci sono le 6 granate »
    «Niente male!»
    «Si ma... Loro hanno un esercito»
    «Noi una zoppa... Troppo presto? » Disse con il sorriso all'amica che si era creata una stampella di fortuna rompendo una sedia di legno trovata appoggiata al muro.
    Il turian, che si rilevo essere di genere femminile prese il fucile a pompa, un vorcha uno dei due Avenger, Milia l'altro insieme al lanciarazzi, Aslael il Mattock e una predator, le altre due pistole toccarono al vorcha e a Maria. Due granate le prese Aslael, due Milia e due la turian.
    «Il piano?»
    «Pensavo di farci strada a suon di proiettili, tanto per cambiare»
    «Semplice e facile da ricordare, mi piace!»
    Tutti caricarono temporaneamente facendo scattare i propri carrelli quasi all'unisono.
    «Che figata!»
    «No Cazzo! Non devi dirlo, fa più figo rimanere in silenzio e uscire di qui quasi a rallentatore porco schifo!»

     
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    Prudence Judicael

       Fazione: Ordine delle Quattro Virtù
       Ruolo: Adepta


    La prima cosa che colpiva una volta entrati nel cuore della Tana era il colore.
    I neon rossi che si susseguivano a perdita d'occhio lungo il corridoio, nascondevano con la loro luce la varietà di colori; tutto veniva inondato di sfumature rosse. Persone, cose, oggetti riflettevano la luce rossa come camaleonti intimiditi che esitavano a sfoggiare la propria vera tonalità. Solo dove le botteghe si aprivano sui lati del corridoio, illuminate da più imparziali luci bianche, la policromia tornava ad avere il sopravvento .
    Prudence si trovò ad osservare un vorcha che passava veloce lungo il corridoio...rosso, colore, rosso, colore...alla ragazza ricordava un attore indaffarato che continuava a salire e scendere dal palco della luce, inframezzando le sue performance con brevi passaggi dietro alle quinte della semi oscurità.

    C'era qualcosa, in quella sterminata distesa di botteghe che vendevano ogni cosa, che le ricordava la sua infanzia. Una sensazione che il senso dominante della vista non riusciva a risvegliare completamente nel suo cervello.
    Senza pensare veramente a ciò che faceva, Prudence chiuse gli occhi e allungò una mano per prendere quella di Rael che la stava precedendo. Sentì la ragazza ritrarre la propria sotto il suo tocco e rallentare l'andatura. Era calda e rassicurante la stretta della sua mano. < Ti dispiace farmi da guida per qualche istante? > domandò educata Prudence intuendo l'imbarazzo di Rael < Vorrei guardare questo posto senza gli occhi. >

    Senza la vista che tempestava di informazioni il suo cervello, gli altri sensi ebbero presto il sopravvento.
    I profumi. Erano stati quelli a risvegliare quella sensazione di trovarsi in un posto conosciuto, intimo e caldo. L'aria era pregna di fragranze che mutavano ogni qual volta le due ragazze passavano di fronte a una nuova bottega.
    Prudence cominciò a parlare, sempre tenendo gli occhi chiusi e annusando a fondo ogni qual volta un odore rinvigoriva il suo ricordo < Quando ero piccola vivevo a Parigi. > disse senza rivolgersi a nessuno in particolare < Ogni domenica, mamma e papà mi portavano al mercato di Raspail. Durante la settimana erano sempre troppo impegnati per potere badare a me ma la domenica, che ci fosse il sole o la pioggia, la neve o la nebbia, uscivamo presto al mattino e andavamo alla brasserie vicino a casa a comprare fragranti brioche. > stavano passando accanto a quello che doveva essere un forno e fu l'inebriante profumo del pane appena sfornato a richiamare quei lontani momenti di felicità con i suoi genitori < Poi camminavamo per quasi un'ora fino al mercato e...lo senti anche tu, vero? qui vendono spezie...rosmarino e salvia e questa è liquirizia e...non riconosco questo odore? Cos'è? Certo...ora ricordo! C'era un'asari che aveva una bancarella a Raspail e vendeva un'erba che cresceva su Thessia. Ricordava lo zucchero filato alla fragola. Io mi fermavo tutte le volte, mi alzavo sulla punta dei piedi e inspiravo a pieni polmoni. L'asari rideva e mi dava una fogliolina da mettere in bocca...io guardavo mio papà e lui annuiva, sorridente...concedendomi di accettare quel piccolo dono. E qui...> disse indicando alla sua destra < ...qui incenso. Sì...incenso profumato come nella chiesetta dove finivamo una volta terminato il nostro peregrinare per le bancarelle. >

    < CERCATE QUALCOSA DI UNICO? > la baritonale voce di un krogan invase le orecchie di Prudence < ANTIQUARIATO DI TUCHANKA! MA ANCHE DI SUR'KESH, KAR'SHAN, THESSIA! SE NON LO TROVATE DA ME, ALLORA NON ESISTE! >
    Prudence sorrise a quelle parole < Saint-Ouen...il mercatino delle pulci... > esclamò sognante mentre quasi si fermava davanti alla bottega del krogan per dare un'occhiata ma si sforzò di tenere gli occhi chiusi, timorosa che la vista spezzasse quella specie di incantesimo < Lungo la strada per il mercatino delle pulci, ci fermavamo a pranzare da un italiano di nome Luca che, non ho mai capito perchè, aveva un ristorante cinese...era gentile con me; mi chiamava 'La mia Fata Turchina'...per i miei capelli azzurri, capisci? Aspettavo ogni volta con trepidazione il momento in cui Luca mi portava un biscotto della fortuna...credevo davvero che quello che c'era scritto dentro, un giorno si sarebbe realizzato. Avevo 5 anni e pensavo che la mia vita sarebbe stata per sempre così: una domenica mano nella mano con le persone a cui più volevo bene. > intensificò la stretta alla mano di Rael e la ragazza, comprensiva, ricambiò il gesto.

    < HOT DOG! HOT DOG A SOLI 10 CREDITI! >
    un'altra voce passò accanto a Prudence. Un venditore ambulante che spingeva un carretto pieno di campanellini. Sentì il profumo delle salsicce e le ruote che, cigolanti, arrancavano per il corridoio.

    < E infine, dopo Saint-Ouen, andavamo alle giostre...erano nei pressi di Montmatre, su per la collina che era rimasta uguale a se stessa nonostante Parigi fosse cambiata profondamente. Una domenica, l'ultima domenica prima di entrare al Convento...avevo 6 anni e guardavo pensierosa proprio un ambulante che vendeva hot dog. Erano le confezioni il problema! > esclamò strattonando Rael concitata < Gli hot dog erano in confezioni da 8, i panini per hot dog in confezioni da 10. Non aveva senso! Mia madre intuì il mio tremendo dubbio e mi sollevò prendendomi tra le sue braccia. 'Capisco cosa stai pensando...' mi disse sorridente ma aveva gli occhi pieni di lacrime '...ma quando riuscirai a scoprire perchè vendono gli hot dog in confezioni da 8 e i panini per hot dog in confezioni da 10, allora avrai capito il vero significato della vita.' Il girono dopo entrai in Convento e non vidi mai più la mia famiglia. >

    Prudence lasciò la mano di Rael e tornò ad aprire gli occhi < E' un posto magnifico. > disse malinconica guardandosi attorno < Grazie per avermi guidato così gentilmente. >
    Il suo sguardo tornò ad incupirsi quando, guardando fissa davanti a se, scorse le armature con i colori dei Sole Blu.

     
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    Rael Thompson

       Fazione: Nessuna
       Ruolo: Mercenaria



    Il lungo passaggio nel buio sfociò in quello che, a tutti gli effetti, era il mercato nero più lurido e frequentato che Rael avesse mai visto. La folla soffocante e le luci al neon rendevano l'atmosfera pesante e di sicuro l'aria non era delle più respirabili, tuttavia la ragazza si sentiva stranamente a proprio agio, grazie alla compagnia di Dalio e degli altri.
    Il vociare dei mercanti e degli avventori era quasi assordante e la luce rossa rischiava di farle confondere i colori: sperava di non perdere di vista Dalio e Trant che, per tutto il tempo, avevano fatto da guida.
    D'un tratto, un contatto inaspettato la indusse a sussultare e a rallentare il passo: Prudence le aveva afferrato la mano, ma non con rudezza. Quella stessa mano che aveva ucciso, la stessa con cui l'aveva schiaffeggiata, si rivelò anche capace di delicatezza. C'erano tante di quelle sfaccettature nel carattere di Prudence che Rael non riusciva ancora bene ad inquadrarla, tuttavia era chiaro che si trattasse di una persona speciale: non aveva mai visto un batarian amorevole ed apprensivo, eppure Parak sembrava davvero avere a cuore la suora.
    La rischiesta della donna le sembrò piuttosto stramba, inizialmente, ma una volta che il suo racconto cominciò, Rael si vide catapultata in un'altra dimensione che, in confronto al presente, le sembrava infinitamente confortante.
    "Può sembrare strano per un'umana, ma non sono mai stata sulla Terra" - disse Rael, con un mezzo sorriso - "Sono nata su Eden Prime".
    L'improvviso ricordo di sua madre e del suo fratellino ebbe l'effetto di un cazzotto nello stomaco, ma Rael cercò di non far trasparire nulla dalla sua espressione.
    "Ti prego, continua" - disse poi: il racconto di Prudence dava un tocco di luce a quell'ambiente cupo e senza dio.
    L'aneddoto della asari e dell'erba dolce le ricordò qualcosa di familiare, che la fece sorridere - "Mio padre non mi permetteva di mangiare cose dolci" - ricordò - "Aveva una disciplina piuttosto ferrea anche sulla dieta. Non aveva tutti i torti, ma a volte era davvero pesante. Così, quando andavo a trovarlo sulla Cittadella, Dalio giocava con me al "contrabbando" e mi passava in segreto tutti i dolci levo-amminoacidi che riusciva a procurarsi".
    Non pensò ai dubbi che Prudence nutriva per Dalio, aveva solo voglia di condividere una memoria esattamente come l'altra stava facendo con lei, e fu contenta di constatare che la donna non aveva intenzione di redarguirla ancora sulla sua eccessiva fiducia, presa com'era nel suo incantesimo personale.
    L'ennesimo ricordo le diede un moto di tenerezza nei confronti di Prudence, una cosa che mai avrebbe creduto potesse accadere e, sulla scia di quei ricordi condivisi, Rael rispose alla sua stretta quasi istintivamente.
    Con un ultimo aneddoto, Rael comprese, o quasi, il momento in cui Prudence era entrata in Convento. Era poco più di una bambina, e quell'improvviso e permanente distacco con i genitori non doveva essere stato facile per lei, soprattutto considerando l'affetto con cui conservava quei ricordi. Avrebbe voluto domandarle se aveva mai pensato di cercare la sua famiglia, ma la suora aveva ormai lasciato la sua mano, ringraziandola con gentilezza.
    Vide i suoi occhi rabbuiarsi nel guardare oltre Rael, e la ragazza si girò a sua volta.
    Sole Blu.
    Dalio prese immediatamente in mano la situazione e consigliò di mantenere la calma, forte del fatto che il loro aspetto era cambiato dall'ultimo incontro con i mercenari.
    Rael seguì le indicazioni del turian e mantenne un profilo basso, mentre i mercenari passavano loro accanto, bisbigliando.
    Il gruppetto era quasi passato, quando alle orecchie di Rael giunse una risata che le causò un brivido inconsulto.
    Nei giorni infiniti al laboratorio, tutto quello che aveva potuto fare era registrare ognuna delle cose che i propri sensi erano riusciti a catturare e, tra queste, vi era anche quel suoni viscido e sguaiato.
    Attese che i Sole Blu si allontanassero, dopodiché si avvicinò a Dalio, afferrandogli con delicatezza il braccio.
    "Rupert Buckshot" - sussurrò al turian, cercando di frenare la rabbia - "E' quello a sinistra, che chiude la fila. Veniva saltuariamente al laboratorio, insieme ad altri colleghi, per raccogliere i risultati delle sperimentazioni. Può darsi che facesse da tramite tra il laboratorio ed un'altra base, non lo so. So solo che mi ricordo della sua risata: l'ho sentita quando hanno testato il virus su di me per la terza volta. La peggiore".
    La ragazza disse tutto con un'aria granitica e apparentemente priva di emozioni, ma dentro sé ribolliva di rabbia. Quel suono odioso e stridulo l'aveva tormentata per giorni, ricordandole l'insopportabile sensazione del suo corpo che rigettava con violenza la nuova versione del virus.
    "Forse siamo nel posto giusto" - concluse, cercando di riprendere il pieno controllo delle emozioni - "Vediamo dove ci portano le indicazioni di Parak".

     
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    Dalio Nerius

       Fazione: Talon
       Ruolo: Mercenario

    Le parole di Rael lo fecero riflettere. Mentre continuava a camminare, continuava ad osservare il movimento della truppa di Sole Blu... Poi realizzò. Non potevano farsi sfuggire quell'occasione.
    "Trant. Ho bisogno che li guidi tu adesso."
    "Cos...?" Il Krogan non ebbe il tempo di finire che Aliquis si girò, per fare inversione e seguire la truppa.
    "Ricordati della missione: ultima bottega a destra, chiedi se Bagor ha trovato il proiettile d'oro. Aspettatemi lì."
    Il Turian non si assicurò nemmeno che Trant avesse capito, che subito partì verso la loro opposta direzione, sotto gli occhi confusi del gruppo.

    Gli mancava quella sensazione. Il brivido di un inseguimento nell'ombra. Per un tratto di strada aveva corso, con il cappuccio dell'uniforme tirato su, a nascondergli parte del viso nella penombra. Una volta ridotta al minimo la distanza tra la truppa e lui, dovette rallentare. La via che avevano intrapreso era corta e stretta, perciò correre era impossibile, figurarsi catturare l'obiettivo. In fondo l'idea di rallentare e riprendere fiato non gli sembrò tanto malvagia, date le sue condizioni fisiche. I dolori erano sopportabili, ma rendevano faticosi i movimenti rapidi.
    Si guardò un po' attorno, e notò che nessuno gli dava particolare attenzione. In mezzo alla gente, non era altro che un Turian con un cappuccio sulla testa. Molti della sua specie lo portavano, in particolar modo le femmine... Ma del resto, maschi e femmine turian non avevano grosse differenze a parte la conformazione della cresta, che in ogni caso era coperta.
    Non avrebbe dovuto lasciare Rael sola, ma non aveva scelta. Con Trant e Prudence era in buone mani, ma averla lasciata era comunque al di là dei piani, una svolta che andava oltre i limiti della missione. La sua era di proteggerla, non di salvare la dannata specie Turian da un virus letale... Ma quale essere vivente avrebbe permesso lo sterminio di migliaia di persone per la sopravvivenza di una?
    Seguì i tizi fino allo sbocco in un'altra via. Vuota. Era il momento di agire. Prima che potesse fare qualcosa, il gruppo si girò e notò la figura di un Turian incappucciato muoversi verso di loro in maniera sospetta. Il più grosso di loro, un Batarian di mezza età, si sporse in avanti e chiese ad Aliquis quali fossero le sue intenzioni. A giudicare dal foro di proiettile che si formò nella sua testa, non dovevano essere buone. Gli altri Sole Blu presero in mano le armi, ma erano troppo lenti perchè potesse essere in qualche modo utile. Rupert Buckshot si era spostato al centro del gruppo durante la camminata, Aliquis se n'era accorto, e questa sua azione rese al Turian la vita molto più facile. Gli bastò saltare verso il muro accanto a lui, e balzarvici sopra, scattando così per un paio di metri per aria. A quel punto, tre colpi secchi, seguiti da dei tonfi sordi, segnarono la fine della vita di altri tre Sole Blu. L'atterraggio non fu dei più morbidi, le sue gambe erano in buono stato, ma la pressione gli provocò una fitta di dolore al busto ferito, ma fortunatamente i due superstiti non sembrava avessero notato quella debolezza. Gli unici due mercenari rimasti in piedi erano Buckshot ed un altro umano, che per primo tentò di darsela a gambe levate, seguito a ruota dalla preda dell'Agente. Una mera illusione terminata da un colpo al fianco dell'umano, ed alla gamba di Buckshot. Entrambi finirono a terra, ma vivi... L'umano realizzò che non ne sarebbe uscito vivo scappando, ed implorò pietà, ma non c'era pietà negli occhi del Turian. Un altro colpo alla testa ed un altro nome da cancellare dal registro dei Sole Blu.
    "Non so perchè lo stai facendo... Ma fai in fretta." disse l'umano, senza che la voce potesse trasparire un minimo di implorazione o di paura. Buckshot si toccava la gamba ferita, ma non si preoccupava di bloccare la perdita di sangue. Sapeva che sarebbe morto, ma se Aliquis fosse stato in lui, avrebbe bloccato quell'emorragia.
    "Fare cosa? Ucciderti? No, ho altri piani per te."

    "Bagor ha trovato il proiettile d'oro?"
    Esordì così Trant, una volta raggiunta la bottega stabilita. Di fronte ad essa c'era un Drell, il cui aspetto era occultato da un soprabito nero. Alle parole del Krogan, il Drell annuì e si voltò verso l'ingresso del negozio. Sul pannello digitò qualcosa, e la porta si aprì, rivelandone l'interno. L'illuminazione di quel posto era molto più forte rispetto all'esterno, e passare da una luce rossa soffusa ad una forte luce bianca spiazzò visibilmente il gruppo, che impiegò un po' ad abituarsi.
    Il negozio era relativamente piccolo, ma nonostante questo aveva tutto l'aspetto di una armeria spaventosamente rifornita. Appesi ai muri c'erano fucili di tutti i tipi ed appartenenti alle più disparate epoche e razze di provenienza. Trant notò addirittura una balestra che usavano i suoi antenati quando ancora andavano in giro sul dorso di animali. Dietro il bancone vi trovarono un umano abbastanza anziano, dai folti baffi grigi e stempiato. Fisicamente molto magro, dalla pelle scura e macchiata, ma con un paio d'occhi azzurro glaciale.
    Trant era stato incaricato da Aliquis a condurre la missione in sua assenza, così fu lui il primo a parlare.
    "Ci ha mandati qui il Ciclope." Sollevò il borsone e lo posò sul bancone, poi lo aprì e ne tirò fuori un biglietto, firmato da Parak. "Ci ha detto che ci avresti rifornito di armi, munizioni e possibilmente anche di un veicolo ben armato."
    L'uomo prese il biglietto, lo lesse, e si accorse che esso confermava le richieste del Krogan. Senza mai dire una parola, l'umano fece cenno con la testa di seguirlo. Spostò la tenda dietro di lui, rivelandone un'altra stanza, molto più grande, che ospitava altre armi ed una Kodiak grigia, che al posto dei classici cannoni era dotata di mitragliatori ed un lanciamissili sul tettuccio. A quella vista, Trant quasi si eccitò, e con il sorriso stampato sul volto si avvicinò al veicolo, che era posizionato al centro della stanza bianca e illuminata. Man mano che si avvicinava al veicolo, però, i passi si fecero sempre più pesanti e faticosi, la vista cominciò ad annebbiarsi e la testa iniziò a girare, fino a fargli perdere l'equilibrio. Il grosso Krogan cadde a terra, e con il volto rivolto verso le due donne, anche se con la vista sempre più oscurata, vide che la stessa cosa era successa a loro. Erano accasciate a terra, mentre dall'ingresso coperto da tenda cominciava ad abbassarsi una saracinesca. Si avvicinò a gattoni fino a Rael, ma l'umana era già svenuta, e lo stesso valeva per Prudence. Privo di speranza, Trant si lasciò andare e da terra si girò con il volto verso il soffitto. I suoi occhi si fecero sempre più pesanti, e mentre dalle tubature usciva del fumo grigio chiaro che ben presto riempì la stanza, la sua mente precipitò nel vuoto.

     
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    Prudence Judicael

       Fazione: Ordine delle Quattro Virtù
       Ruolo: Adepta


    Prudence si portò istintivamente la mano agli occhi per proteggersi dalla forte luce bianca che sembrava arrivare da ogni luogo. Non le ci volle molto a rendersi conto che quella luce non risultava fastidiosa nonostante la sua intensità; abbassò la mano e si guardò attorno.
    La luce cominciò a scemare e, più diminuiva, più la ragazza riusciva a distinguere nuovi dettagli di ciò che la circondava.
    Prima arrivò il cielo azzurro solcato da rade nuvole bianche seguito dall'erba verde su cui poggiavano i suoi piedi. E poi, montagne dal cucuzzolo innevato, un grande bosco di conifere sulla sua destra e il rumore di un ruscello in lontananza.

    Di fronte a lei, a meno di 50 passi, notò la sagoma di un uomo. Era alto e vestiva un'elaborata armatura argentea che brillava, lucida, sotto i raggi del Sole; al fianco pendeva un'imponente spada e sulla schiena era sistemato uno scudo rotondo dorato. Teneva stretto sotto a un braccio un elmo cornuto dove spiccava un pennacchio rosso e giallo. Infine, un mantello nero come la pece pendeva su un lato della schiena, appuntato allo spallaccio dell'armatura da una fibbia intarsiata argentea.
    Prudence si rese conto di conoscere quel luogo. Era già stata lì, anni prima ma inspiegabilmente se ne era dimenticata. Anche l'uomo in armatura era familiare.
    La ragazza si avvicinò senza paura alla figura che la fissava, immobile.

    < Benvenuta, Prudence. > esclamò l'uomo con una voce calda e sensuale. Aveva un volto estremamente attraente dal colorito pallido e un pizzetto elaborato di barba nera che gli donava un'espressione luciferina; i capelli, neri come la barba, arrivavano poco sopra le spalle. Gli occhi erano del colore dello spazio profondo, così scuri da sembrare senza pupilla.
    < La Voce! > esclamò Prudence scioccata.
    L'uomo annuì accennando un cordiale inchino.
    < Dove siamo? > domandò Prudence guardandosi attorno.
    < Ovunque e in nessun luogo. > replicò l'uomo invitando la ragazza a camminare con lui < Questo è un luogo neutrale...nessuno qui potrà farti del male. >
    Prudence si sforzò di ricordare come fosse finita lì. < Ero su Omega. Nelle viscere della Tana. Il turian si era staccato da noi e ci aveva detto di proseguire. > corrucciò la fronte impegnandosi a ricordare di più < Era una trappola. L'uomo anziano ci ha guidati per il suo negozio e poi...vertigini, spossatezza...sento venire meno i sensi e d'istinto, mi volto per spingere Rael fuori dalla stanza ma sono troppo debole. La mia spinta è una carezza. Il krogan ci viene incontro ma non ci raggiungerà mai, sopraffatto dal gas che sta riempiendo la stanza. >
    < Sì. Qualcuno vi ha venduti. > disse tranquillo l'uomo.
    < Tu lo sapevi? > domandò arrabbiata Prudence < Perchè non mi hai avvisata? >
    < Perchè volevo portarti qui, per parlare. > replicò l'uomo sorridendo.
    < Io ti ho già visto...anni fa e sempre in questo luogo. Chi sei tu? >
    < E' di questo che volevo parlarti. E' giunto il momento che tu sappia chi sono. > disse l'uomo < 5 anni fa. La tua seconda missione per Santa Romana Chiesa. Un colpo di pistola a bruciapelo qui...alla carotide. > spiegò toccando il collo di Prudence.

    La ragazza trasalì poichè le dita dell'uomo la trapassarono, eteree e invisibili...sentì solo un intenso, piacevole calore là dove le dita l'avevano sfiorata. Istintivamente, si toccò la gola ma non trovò nessuna cicatrice e non riuscì nemmeno ad afferrare la mano dell'uomo.
    < Nessuno poteva sopravvivere a una ferita del genere e infatti tu sei morta. 1 minuto e 42 secondi. 1 minuto e 42 secondi durante i quali la tua anima è andata all'Inferno. 1 minuto e 42 secondi che a me sono serviti per riportarti indietro. > disse l'uomo stringendo con forza l'elsa della sua spada. Fece una pausa e interruppe il suo cammino < Ti sono sempre stato vicino, Prudence...è sempre stato il mio compito osservare le Satanister. Questo era il mio dovere: osservarti e assicurarmi che compissi il tuo dovere. Ma quel giorno, feci qualcosa di inaudito...non ci è concesso riportare indietro le anime dei morti. Sapevo che quel gesto mi avrebbe condannato per l'eternità ma non potevo permetterlo...non potevo lasciarti andare. >

    Prudence non capiva una parola di quello che l'uomo le stava dicendo. < Io...cosa stai cercando di dirmi? >
    < C'è un grande Gioco in corso. Un Gioco che ha come premio le anime degli esseri viventi. I buoni vanno sù, i cattivi vanno giù. E' semplice, crudele e con poche regole. E poi ci sono le Satanister. Con voi si sono proprio divertiti, sai? Siete state 'inventate' per ristabilire l'Equilibrio: c'era troppo Male per il mondo e per combatterlo, bisognava eliminarlo fisicamente. Combattete per il Bene, punendo i malvagi ma così facendo infrangete le regole e per questo sarete punite per l'eternità. Piuttosto ipocrita come cosa, non trovi? >
    < Chi sei tu? > replicò Prudence ma la Voce sembrò quasi non sentirla, continuando da dove si era interrotto.
    < Data la vostra condanna, quelli Lassù non perdono neanche tempo ad osservarvi...irriconoscenti bastardi! Ma quelli Laggiù, tengono molto alle vostre anime e per questo incaricano me e altri come me di controllarvi. Le anime delle Satanister sono piuttosto..."gustose". Ho svolto il mio compito per 1.600 anni; una Satanister dopo l'altra, vi ho viste nascere, crescere e infine morire. Una Satanister dopo l'altra, vi osservavo e mi assicuravo che svolgeste il compito assegnatovi. Ma con te...è stato diverso. Quando sei morta io... > La Voce si fermò, indecisa < Non sapevo bruciasse. > disse ad un tratto < Tu lo sapevi? > domandò osservando gli occhi viola della ragazza.

    < Non capisco di cosa tu stia parlando! > protestò Prudence allargando le braccia sconsolata.
    < Non potevo lasciarti andare all'Inferno...non ancora...e poi c'era quel bruciore. No...non potevo...e così ho agito! Mi sono ribellato e ho strappato la tua anima dall'Inferno. >
    < Chi...cosa sei tu? >

    < "Condannato a vagare tra i vivi / legato all'anima che ha liberato.
    Inviso al Paradiso / in odio all'Inferno.
    Vicino a ciò che desidera / ma impossibile per lui da sfiorare.
    Condannato alla solitudine / ..." >


    Pudence trasalì sbarrando gli occhi e portandosi una mano alla bocca < " ...e Immortale!" >
    La Voce sorrise compiaciuta < Non esistono solo gli Angeli caduti ma anche i Demoni scacciati dall'Inferno. >

    La ragazza era a bocca aperta, priva di parole e senza la possibilità di capire se quella fosse la realtà o solo un sogno.
    < Ora devi svegliarti, Prudence. Apri gli occhi. >
    La luce bianca tornò a confondere forme e colori e, con essa, l'immagine dell'uomo cominciò a sbiadire < Che cosa brucia? Dimmelo, ti prego! > proruppe la ragazza avvicinandosi alla figura dell'uomo.
    La Voce allungò la sua mano eterea nell'inutile tentativo di accarezzare una guancia della ragazza. La Voce sapeva che quello era un gesto senza senso: faceva parte della sua punizione eterna. < Brucia, Prudence. Non lo avevo mai saputo. L'amore...l'amore brucia. >

     
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    Rael Thompson

       Fazione: Nessuna
       Ruolo: Mercenaria



    Nel momento in cui Rael percepì quella luce negli occhi di Dalio, immediatamente si pentì di aver parlato.
    "Trant. Ho bisogno che li guidi tu adesso.".
    "Cos...?".
    Il krogan non aveva fatto in tempo a parlare, che Aliquis era già sgusciato via dalla leggera stretta al braccio di Rael, intenzionato a seguire il piccolo gruppo di Sole Blu. La ragazza lo guardò allarmata mentre il turian ricordava all'amico le parole di Parak, per poi voltarsi e sparire tra la folla, senza nemmeno incrociare il suo sguardo.
    Rael, d'istinto, si mosse per seguirlo, ma Trant la bloccò immediatamente, afferrandola per un braccio.
    "Noi andremo da questa parte...".
    "Sei impazzito?!" - sbraitò la ragazza cercando inutilmente di divincolarsi - "E' ancora ferito! Non può tenere testa in queste condizioni ad un gruppo di Sole Blu! E se...?!".
    "Se la caverà" - tagliò corto il Krogan, iniziando a trascinarla nella direzione opposta.
    "Credi sia un dannato supereroe?!" - inveì ancora la ragazza, cercando di opporre resistenza, ma il krogan riusciva con estrema facilità a trascinarla - "Se sei così vigliacco da tirarti indietro, almeno lascia che io...".
    In uno scatto rabbioso, il krogan si voltò verso Rael, fissando i suoi occhi iracondi in quelli della ragazza. I loro volti quasi si sfioravano.
    "Ascolta: non mi piace prendermela con le donne" - sibilò, nella voce una minaccia tale da indurre Rael al silenzio - "Perciò te lo dirò un'ultima volta. Noi andremo da questa parte."
    Non appena il Krogan glielo permise, Rael si distanziò da lui, con uno sguardo pieno d'astio.
    "Pensavo fossi suo amico..".
    "E' così" - disse Trant, brusco - "Ed è per questo che ti sto impedendo di stargli tra i piedi".
    Le parole del krogan la colpirono nel profondo, al punto che Rael non seppe nascondere l'urto, ma di contro non fu in grado di controbattere.
    "Abbiamo una missione da portare a termine e, se davvero vuoi esserci d'aiuto, allora dacci un taglio" - concluse Trant, dopodiché si voltò e riprese a camminare, certo che la ragazza lo avrebbe seguito.
    Così fu. Nonostante le dure parole, Rael si era resa conto che il krogan non aveva affatto torto: in più di un'occasione, Rael era stata una vera palla al piede di Dalio, e ora addirittura stava agendo come un'immatura. Non era mai stata così apprensiva, e solo in quel momento si rendeva conto di quanto questo apparisse ridicolo, all'esterno. Doveva mostrare decisamente più contegno.
    Lanciò un ultimo sguardo in direzione della strada in cui Dalio era sparito, dopodiché a testa bassa seguì i compagni.

    La bottega di cui Parak aveva parlato era sorvegliata, all'ingresso, da un tipo losco, che solo dopo Rael riconobbe come un Drell. Non ne aveva visti molti, nell'arco della sua vita e la sua curiosità per le specie aliene non era affatto scomparsa, tuttavia, preferì evitare di incrociare il suo sguardo, memore delle parole del batarian.
    Il drell li guidò all'interno del locale, nel quale la luce era così forte rispetto all'esterno che per qualche attimo gli occhi di Rael restarono ciechi. Quando riuscì nuovamente a distinguere l'ambiente che la circondava, si ritrovò in uno spazio angusto ma incredibilmente rifornito. La varietà di armi in mostra era tale che la ragazza non ebbe il tempo di guardare tutto, che già Trant la invitava con un cenno a seguire l'umano anziano che li aveva accolti all'interno della bottega.
    Rael sostò per qualche istante sulla soglia dell'altra stanza oltre la tenda, dove il proprietario li aveva guidati, lanciando uno sguardo speranzoso all'ingresso.
    Non si farà ammazzare come uno stupido, si disse.
    Dall'altro lato della stanza, il drell la osservava, e immediatamente Rael distolse lo sguardo e seguì gli altri: per quanto le cose sembrassero normali, non le andava che quegli sconosciuti pensassero che stesse aspettando qualcun'altro. D'altronde, era ovvio non sentirsi al sicuro, in un posto come quello.
    La sala in cui entrò era molto più grande della precedente, ed altrettanto fornita di armamenti. Si guardò attorno affascinata e la reazione di Trant alla vista della Kodiak le strappò un sorriso. Lei era più interessata ai fucili di precisione, e stava per allungare le mani su un meraviglioso Widow, quando si rese conto che il suo corpo si era fatto stranamente pesante, ed i suoi movimenti lenti e deboli.
    Un leggero giramento di testa accompagnò quelle prime, curiose sensazioni, e gradualmente si trasformò in una violenta vertigine. Il primo pensiero andò alla sua dipendenza: effetto collaterale della droga o un ritorno di astinenza? No, troppo presto...
    Prudence, di fronte a lei, la sfiorò con una mano, e Rael la guardò stranita, cercando di trovare un senso a quel gesto, per poi rendersi conto che la donna stava cercando di spingerla fuori dalla stanza.
    Ma anche lei era debole... E Trant, pure...
    Rael cadde sulle ginocchia, priva di forze, per poi accasciarsi completamente a terra, la visuale ormai compromessa dalle miriadi di macchioline che presagivano un'imminente perdita dei sensi. Dedicò gli ultimi istanti ad una sola speranza: che Dalio sopravvivesse.

    "Ti dico che era lui, papà!".
    Il volto da bambina, dove i grandi occhi giganteggiavano come gioielli preziosi, era corrucciato e dominato da una smorfia che, per quanto fosse seria, provocava sempre una certa ilarità a suo padre.
    Anche quella volta, l'uomo non potè trattenere un accenno di risa, e la piccola Rael lo giudicò un gesto di scarsa considerazione.
    "Su, su, vieni qui, soldatino" - disse. Era piuttosto raro che il padre fosse di buonumore, e quel nomignolo che le riservava era un po' la sua maniera di farle capire che quello era un buon momento per essere meno seriosi. Rael, incoraggiata, si avvicinò al padre con aria meno cupa e si lasciò prendere una mano.
    "Perché mai Sauro non dovrebbe salutarti?" - disse l'uomo, come per farla ragionare - "Siete grandi amici, no? Se fosse stato lui, ti avrebbe di certo risposto".
    Rael non trovò alcuna argomentazione valida per contestare, e si limitò a guardare fuori dalla finestra, dubbiosa - "Ma sembrava proprio lui, oggi. La divisa, il colore... Non lo avrei salutato se non fosse stato identico!".
    "Lo so, lo so, ma vedi...".
    "E' così difficile" - disse ad un tratto lei - "I turian... sembrano tutti uguali!".
    L'affermazione della bambina fece ridere di gusto il padre - "Cerca di non dirlo troppo in giro" - la ammonì scherzosamente - "Piuttosto... Vuoi sapere un modo infallibile per riconoscere Sauro?".
    Gli occhi della bambina si illuminarono - "Esiste davvero?".
    "Certo che si!" - assicurò l'uomo, con aria seria - "Ed è una cosa che solo i grandi amici possono sapere!".
    "Dimmelo dimmelo dimmelo!" - esclamò Rael, entusiasta, scatenando un altro moto d'ilarità da parte del padre.

    Ma il ricordo, a quel punto, aveva un vuoto che la sua memoria non era in grado di riempire. La risata di suo padre andò gradualmente sfumando, così come la sua immagine ed il suo ufficio, lasciando la bambina nel vuoto e nel buio più totale.
    Se n'era andato, di nuovo, come in quella fredda sera in cui, tornando a casa, lo aveva trovato riverso sulla poltrona.
    Quel giorno, ancora ricordava del trucchetto che soltanto lei e suo padre conoscevano per distinguere Sauro. Era qualcosa che Rael non aveva mai preso in considerazione prima che suo padre non la illuminasse, qualcosa di cui forse nemmeno Sauro stesso si rendeva conto; qualcosa di veramente infallibile, come aveva promesso.
    Ma cos'era? E perché proprio in quel momento il suo inconscio le aveva mostrato quel ricordo?
    Forse gli ammonimenti di Prudence... Forse lo sguardo di Dalio che sembrava nascondere un qualche mistero...
    Forse.

     
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    Dalio Nerius

       Fazione: Talon
       Ruolo: Mercenario

    L'interrogatorio andò avanti per poco più di dieci minuti. Il volto tumefatto di Rupert Buckshot sgorgava sangue ininterrottamente, ma l'uomo rimase in silenzio per tutto il tempo. Nonostante tutto, quel verme dimostrava una certa forma d'onore. Tutte balle. Tutti cedono prima o poi, tutti.
    "Non hai intenzione di parlare, eh?" Chiese il Turian. Certo che no. Il dolore fisico non avrebbe funzionato, così non rimase che sfruttare quello psicologico. Con un calcio fece abbattere l'uomo legato, e perquisì la sua tuta. Era tipico degli umani portare informazioni utili nella tasca posteriore dei pantaloni, e Rupert non era da meno. Quell'uomo era uno dei pochi a portarsi dietro un portafogli nel ventiduesimo secolo. Aliquis lo aprì, e vi trovò la foto di una donna ed un bambino. Sorrise, perchè era proprio ciò che sperava di trovare. Attivò il Factotum dell'uomo, e ne scaricò informazioni sulla residenza.
    "Vediamo un po'... Oh, bene, vivi su Omega, in uno dei quartieri sotto l'ala dei Sole Blu. Devo ammettere che sei un osso duro, umano, ma sfortunatamente per te io lo sono ancor di più. Però sono anche misericordioso, puoi sfruttarla e dirmi subito ciò che voglio, oppure posso chiederlo a tua moglie e tuo figlio."
    "Posso dirti tutto quello che vuoi" rise. Nonostante la minaccia, l'uomo prese a ridere. Aliquis cominciò a chiedersi come mai non si preoccupasse di nulla. "Minacci di far del male alla mia famiglia, ma in tutto questo hai lasciato che la tua fidanzatina cadesse nella nostra trappola, e tu correrai a salvarla... Se non è già troppo tardi." L'uomo fu costretto a terminare la frase con uno sputo di sangue, causato dalla dolorosissima ginocchiata del Turian.
    Buckshot, nel buio del vicolo, non poteva far altro che osservare mentre Aliquis indossava la divisa da Sole Blu di uno dei mercenari morti. Per tutto il tempo non smise di ridere, ma Aliquis avrebbe riso per ultimo. Voleva ottenere informazioni da un semplice soldato, ma avrebbe raggiunto la testa dell'organizzazione.
    "Corri, vai a salvare la donzella, Turian!" Esclamò l'umano, sghignazzando ancor più forte "Tanto ti prenderà a calci in culo quando scoprirà la verità, Aliquis Varian!"
    Il Turian interruppe la corsa. Come faceva a conoscere il suo nome? Era impossibile. Avrebbe voluto vederci chiaro, ma non c'era tempo. Doveva salvare Rael, Prudence e Trant. Estrasse la pistola, e con un colpo secco perforò la testa dell'umano, poi riprese a correre.


    Trant si svegliò in una enorme stanza grigia. Sia lui che Rael e Prudence erano separati l'uno dagli altri da gabbie di vetro. Con uno scatto di rabbia, si alzò sulle sue gambe e caricò contro la vetrata, ma si rivelò inutile.
    "Fate calmare il paziente 1" ordinò una voce, e dal soffitto venne rilasciata la stessa sostanza che li aveva messi KO poche ore prima, ma in quantità così piccole da permettere a Trant di rimanere sveglio.
    Dall'entrata della stanza comparve una donna, e subito dopo quattro mercenari Sole Blu. Quest'ultimi indossavano gli elmi, ma la donna non aveva nessun elemento distintivo della banda, piuttosto indossava un semplice camice bianco. I suoi capelli neri erano raccolti a chignon, e portava un paio di occhiali da vista, che non riuscivano a nascondere i suoi penetranti occhi grigi. Si avvicinò alle gabbie sorridendo, e sempre sorridendo si voltò verso la parete opposta. Sul datapad che stringeva tra le mani digitò qualcosa, e sulla parete comparve un'immagine raccapricciante: era Parak, il Batarian che gestiva la locanda. L'alieno era appeso per il collo, seminudo e con il corpo senza vita martoriato da tante piccole ferite che trasudavano sangue. In quell'esatto momento la donna si voltò verso Prudence, e sorrise ancor più di gusto vedendo la donna visibilmente infuriata per la fine del suo amico.
    "Povero, tenero Parak..." esordì la donna con una volte delicata, ma con una nota sarcastica "Credeva davvero che sarebbe diventato l'essere vivente più ricco di Omega, vendendovi a noi. Guarda un po', Sorella Prudence, non ci si può proprio fidare di nessuno. Purtroppo per lui, nella nostra società non c'è posto per i traditori e i bugiardi." Quell'ultima frase la pronunciò guardando Rael con la coda degli occhi, quasi a voler insinuare qualcosa. "Ragion per cui, non voglio assolutamente mentirvi nè nascondervi qualcosa. Sono la dottoressa Augustine Deschanel, e voi siete i miei... Pazienti non troppo volontari. Se vi state chiedendo quale sarà la vostra sorte, vi rassicurò già da adesso: da queste celle non uscirete mai più. Beh... Non sui vostri passi, almeno. Il nostro piccolo progetto è ancora lontano dall'essere completato, ma il vostro contributo sarà molto prezioso."
    Augustine si avvicinò alla cella di Rael, e vi poggiò la mano, osservando la donna con un'espressione corrucciata.
    "Mi dispiace, cara. Quante ne hai passate nella tua vita, e quante ne passeresti ancora, se non ci fossimo noi a porre fine alle tue sofferenze... Mi spiace dover essere io a dirti la verità, ma ho promesso che non vi avrei nascosto nulla, e nonostante tutto, voglio che tu lasci questa vita senza menzogne. Il Turian che ti ha salvato la vita, qualche giorno fa, non è chi dice di essere. Non è quel Turian che ti ha vista crescere, non è un disertore che si è unito ai Talon, non è Dalio Nerius. Il suo nome è Aliquis Varian. Beh, è l'ultimo nome che ha usato, se non altro. E' un agente segreto, che ha finto di essere Dalio per portarti via da qui, via da noi. Vedi? Non siamo noi i cattivi... Il male è sempre stato al tuo fianco, dal momento in cui sei scappata dal nostro laboratorio."
    Il suo discorso fu interrotto dagli allarmi, ma Augustine non sembrò per nulla sorpresa.
    "Quanto è prevedibile la mente umana... Mi dispiace, ragazzi. Continueremo presto la nostra chiaccherata." concluse poi, prima di varcare la porta della stanza scortata dai soldati Sole Blu, mentre l'immagine proiettata sulla parete mostrava Aliquis e Trant mentre discutevano lungo i tunnel della Tana del Ciclope:

    << "Sì che ho ragione, cazzo! Se le riveli il tuo segreto si incazzerà, scapperà via e finirà in pasto ai Sole Blu. Hai visto cosa hanno quasi fatto quei Batarian. La ragazza sa combattere, ma cosa potrà fare da sola, contro un esercito di mercenari? Ci stavate per rimettere la pelle tutti e due, se non fosse stato per me."
    "D'accordo! Va bene! Terrò il segreto per me."
    "Alleluia! Guarda il lato positivo, se riusciamo a portarla via sana e salva, avrà tutto il tempo del mondo per conoscere il vero Dalio." >>



    Erano quelle le parole che si ripetevano in loop, mentre nella stanza vigeva il silenzio. Trant non aveva nulla da dire, era furioso ma allo stesso tempo imbarazzato e confuso. Guardò Rael, e cominciò a maledirsi per aver pronunciato quelle frasi.

     
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    Aslael Amaru

       Fazione: Alleanza
       Ruolo: Corsaro



    Il gruppo di Aslael si muoveva abbastanza velocemente nonostante uno dei sui membri poteva contare solo su di una gamba. Aslael era in avanguardia insieme a Milia e alla turian, che rispettivamente gli stavano una a destra e l'altra a sinistra. Al centro, poco dietro ai tre si trovava il Vorcha con l'avenger e dietro insieme a Mary l'altro, loro due rappresentavano la retroguardia. Il complesso mercenario sembrava piccolo dall'esterno, ma sembravano ore che i sei stavano girovagando, fino a quel momento avevano trovato scarsa resistenza, ma da quando l'allarme si mise a suonare le cose si complicarono. Un corridoio non è il miglior posto nel quale combattere: pochi ripari e troppo angusto lo spazio. Tatticamente Aslael era un bravo stratega, ma quando vide una decina di sole blu spianare le armi fu colto alla sprovvista. Un fiume di proiettili iniziò a volare dagli schieramenti. La squadra dell"alleanza" era, più o meno, ben armata ma sprovvista di corazze. Fortunatamente il ragazzone aveva i suoi indumenti che indossava non solo perché gli piacevano, ma anche perché, come diceva lui: i miei vestiti sono la mia armatura. In effetti le vesti di Amaru erano spessi e possedevano un piccolo generatore di scudi, certo non era una corazza ma ci andava incredibilmente vicino. Quando lo scontro comincio fu proprio lui ad essere il primo colpito, fortunatamente gli scudi ressero. La squadra si gettò a terra, cercando riparo dalle armi avversarie, poi aprirono il fuoco. Con velocità e accuratezza i caricatori si svuotarono e lo schieramento mercenario andò a schermirsi sempre più. Le perdite tra le guardie della base erano grandi, sembravano sul punto di darsela a gambe, poi una nuova minaccia. L'enorme energumeno che il corsaro aveva tagliuzzato si era curato ed era tornato, con se un altra dozzina di sole blu.
    «Stanno per travolgerci!»
    «Dimmi qualcosa che non so»
    «Le banane sono ricche di potassio»
    «Sono un salutista, già lo sapevo. Che ne dici di utilizzare qualcosa di più esplosivo!?»
    «Di già?»
    «Te lo conservi per natale?»
    Aslael si alzo attirando l'attenzione del nemico, poi intensifico il fuoco, fecero lo stesso il vorcha con il fucile d'assalto e la turian. Non era un volume di fuoco esagerato, ma bastò per dare il tempo a Milia di caricare il ML-77, poi quando i tre si accorsero che ebbe finito, rapidamente si gettarono a terra per infine udire il fischio liberato dal razzo in partenza. Lo scoppio che ne segui fu grande, lo spazio esiguo aveva fatto addossare i mercenari riducendone gran parte in pezzi non identificati. Persino il più grosso di loro ne restò frastornato. Aslael colse l'occasione e scattò vero la nemesi. Prima semino caos sparando all'impazzata poi, quando fu vicino alla preda, lo colpi con il calcio del fucile. Il tizio rimase perplesso ma non perse tempo e placco il ragazzo dai capelli quasi bianchi, i due scapicollarono contro una porta sfondandola e facendo ingresso in una nuova sala.
    Dopo essersi messi eretti entrambi i due si puntarono le rispettive armi addosso, poi sfoggiarono un sorriso e le gettarono di lato. Corsero l'unico contro l'altro ed incontratisi a meta via diedero inizio ad una prova di forza. Sembrava come due cani che cercavano di sbranarsi. I muscoli di entrambi sembravano scoppiare e l'equilibrio, nonostante il peso avvantaggiasse il mercenario, erano perfettamente in parità. All'estero della stanza i due gruppi ripresero a far fuoco, non curandosi di dove fossero finiti i due loro condottieri.
    «Dov'è quella serpe della tua amichetta?» L'umo dalle ferite da poco riparate non proferì parola e sfoderò una pesante ginocchiata allo stomaco del ragazzo, non poté mettersi in guardia che un'altra gli colpi la faccia e lo mando diversi metri indietro.
    «Forse dovrei mandare lei a combattere con te, magari tra ragazze combattereste meglio» rispose l'altro, aveva un accento palesemente russo. Hti rise prima di correre contro il tizio per sfoderargli un calcio dritto in volta, ma il colosso lo blocco con una mano e sfoggio una risata, contraccambiata per altro. Allora Amaru carico il peso e elevo l'altra gamba, quella libera, stavolta il mercenario non pote nulla e cosi il calcio alla testa riusci. Aslael cadde a terra per forza di cose, ma si rimesse immediatamente in piedi ed aspetto l'avversario, che ora stava inginocchiai e con una evidente contusione al volto.
    La controversia continuò e alla fine i due erano allo stremo, il grosso russo mise a segno una serie di pugni contro Aslael che dopo averli retti corse contro il muro alle sue spalle, si diede la spinta e grazie alla elevazione mise colpi lil nemico con una poderosa gomitata alla spalla. Il russo accusò il colpo e volto le spalle al nemico, lacrimava da dolore, questo permise al ragazzo di riprendere fiato ed aumentò la distanza tra i due, prese la rincorsa e quando l'umo si girò nuovamente gli corse incontro ed effettuo un dropkick micidiale. Il più grosso dei due dalla forza con il quale era stato colpito andò poi ad impattare contro il muro, stava per crollare quando Aslael lo prese da dietro e se lo carico sulle spalle. Nonostante il peso, il corsaro riusci a trattenerlo e a lanciarlo di poco in aria per poi farlo atterrare con la schiena contro il suo ginocchio. Il rumore della colonna vertebrale che si frantumava fu una goduria per le orecchie del giovane, che una volta sbarazzatosi del corpo della nemesi, si rialzo e riprese le armi. Al di fuori della sua personale contesa, i suoi alleati avevano definitivamente eliminato i sole blu rimasti.
    «E adesso?»
    «Priorità a Maria, dobbiamo portarla fuori di qui»
    «dovremmo dirigerci all'Hangar»
    «Già, peccato non ci sia una cartina con scritto: vi trovate qui»
    Milia indico alle spalle del ragazzo, dove si trovava una mappa della base, con anche un puntino rosso ad indicare la loro attuale posizione.
    «Ma non è realisti... Fanculo ci rinuncio»
    «Quindi andiamo lì?»
    «No, io mi dirigo ai laboratori, ci potrebbe essere lo scopo per il quale ci troviamo qui»
    «Vengo con te»
    «Per una volta dammi retta, posso gestirmi qualche sole blu male addestrato...E anche di più!»Disse indicando l'uomo che aveva sconfitto nella sala affianco. «Portali in salvo e aspettami»
    «Ok, li scorterò all'hangar, ma dopo ti raggiungerò!»
    «Non servirà» Finì lui mentre si avviava ai laboratori e mentre salutava con la mano.

     
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    Prudence Judicael

       Fazione: Ordine delle Quattro Virtù
       Ruolo: Adepta

    Prudence non fu stupita quando, una volta riaperti gli occhi, scoprì di trovarsi in una cella di vetro, separata da Rael e Trant. Nè tantomeno si stupì alla scopera di essere prigioniera dei Sole Blu.
    No, non era per nulla stupita di quanto era successo.
    Delusa. Quello, sì.
    Delusa perchè c'era solo una persona che poteva averli venduti ai Sole Blu, una persona che credeva fosse sua amica. Una persona che, solo poche ore prima, si era dimostrata estremamente preoccupata della sua sorte.
    Vedere quella persona impiccata, sanguinante e priva di vita però non le procurò sollievo.
    Era strano.
    Aveva sempre considerato il tradimento come uno dei peccati peggiori; Dante stesso, nella Divina Commedia, collocava i traditori nei gironi più bassi dell'Inferno. Giuda, Cassio e Bruto, nella fervida mente dell'Alighieri, venivano straziati per l'eternità nelle fauci di Lucifero, proprio al centro dell'Inferno.
    Era strano.
    Vedere Parak che aveva ricevuto la giusta punizione per il suo peccato non avrebbe dovuto procurarle altri sentimenti se non sollievo poichè la Giustizia era stata ristabilita.
    E invece, Prudence, provava pietà per il batarian e rabbia verso i Sole Blu per averle strappato un amico. Non riusciva a staccare gli occhi di dosso dal cadavere di Parak e, più lo guardava, più sentiva salire le lacrime agli occhi, più sentiva l'ira pervaderle tutto il corpo.
    Stringendo forte i pugni, fino a conficcarsi le unghie nei palmi delle mani, Prudence si sforzò di non fare sgorgare le lacrime.
    Era strano.

    " Stai cambiando, Prudence. " La Voce la colse quasi alla sprovvista ma, questa volta, la ragazza fu felice di sentirla rimbombare nella sua testa.
    " Mi ha tradito, mi ha venduto per 30 denari, mi ha ingannato...eppure non riesco ad odiarlo. " spiegò Prudence come giustificandosi " Non mi era mai successo prima. Avrei voluto chiedere a lui perchè lo ha fatto: per soldi, per bramosia di potere. Avrei voluto guardarlo negli occhi mentre mi rispondeva ma sono sicura che lo avrei perdonato qualunque fosse stata la sua risposta. Perchè? Tutto ciò non ha senso! Punire i peccatori con la morte. Questo è il mio dovere! "
    " Non lo so perchè a volte ci si sente così. Per me è stato uguale quando ho deciso di salvare la tua anima: un'eternità fedele a una Causa e un attimo per rinnegarla. Probabilmente, a volte, scegliamo di fare la cosa giusta, perchè la riteniamo giusta e non perchè qualcuno ci obbliga a sceglierla. "
    Prudence annuì, con un sorriso ad increspargli le labbra " Sei diventato più piacevole da quando ti sei dichiarato. " pensò divertita " Nessuno aveva mai detto di amarmi...è una sensazione...bella. "
    " Non ti interessa il fatto che io sia un Demone? "
    " No...non in questo momento. " si interruppe, dubbiosa " Vorrei sapere il tuo nome. "
    " Il mio nome non può essere pronunciato da labbra viventi. "
    " Scegline uno che possa essere pronunciato allora. " replicò prontamente Prudence.
    " Sceglierne uno? "
    " Sei libero ora...libero anche di scegliere il tuo nome. "
    " Sephir...ti piace Sephir? "
    " Come il vento dell'est? Sì...è molto...romantico. "

    Quel dialogo l'aveva distratta da ciò che stava succedendo intorno e solo quando sugli schermi andò in onda il dialogo registrato tra il turian e il krogan Prudence tornò alla realtà.
    La Prudence di ieri si sarebbe voltata verso Rael con sguardo severo per rimproverarla di non averla ascoltata ma la Prudence di oggi, invece, sentì un tuffo al cuore...come se una mano invisibile si fosse insinuata nel suo petto e stringesse con tutte le forze.
    Poteva solo immaginare come si sentisse la giovane umana in quel momento. Tradita. Raggirata. Ma forse, la cosa più dura da digerire, era conciliare i sentimenti che Rael cominciava a provare per il turian e che ora sembravano costruiti sulle sabbie mobili. Prudence aveva letto più volte vero e proprio amore negli occhi di Rael che osservavano il turian; Dalio rappresentava per lei un'isola inattaccabile di felicità e ora quell'isola si era dimostrata l'isola di Peter Pan.

    Prudence si avvicinò al vetro che la separava dall'umana < Mi dispiace. > disse.
    Ma probabilmente le celle erano insonorizzate e a Rael arrivò solo l'eco che poteva leggere negli occhi viola di Prudence.
    La suora appoggiò la mano aperta sul freddo vetro trasparente...avrebbe voluto abbracciare Rael, consolarla, dirle che il turian aveva fatto quello che aveva fatto solo perchè credeva che quello fosse il suo bene.
    Gli occhi di Rael avevano aggiunto un'ulteriore ottava di tristezza mentre continuavano a fissare le immagini a ciclo continuo che venivano trasmesse dagli schermi.

    Prudence sentì che doveva fare qualcosa. Picchiettò sul vetro con le nocche delle dita " E' fattibile. Un'onda d'urto ben concentrata dovrebbe mandarlo in frantumi."
    " Vuoi fuggire? " domandò Sephir interessato.
    " No. Voglio...non so neanche io cosa voglio ma sento che non posso lasciarla sola in questo momento. " replicò Prudence riferendosi a Rael.
    " La sua reazione potrebbe non essere quella che ti aspetti. "
    " Non importa. Che mi prenda a pugni o che mi abbracci, credo abbia bisogno bisogno di me in questo momento. "

    Prudence si caricò di energia biotica e si focalizzò proprio sul centro del vetro ch la separava da Rael. Non rilasciò tutta la sua potenza per non rischiare di ferire Rael ma l'onda d'urto si dimostrò sufficiente a sfondare il vetro.
    I Sole Blu di guardia stavano per scattare e attivare il gas soporifero ma si fermarono quando si accorsero che l'unica intenzione di Prudence era confortare la giovane umana.
    < Mi dispiace. > disse di nuovo Prudence questa volta con la certezza che Rael la stesse ascoltando mentre le si avvicinava, invitando la ragazza tra le sue braccia.


     
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    Rael Thompson

       Fazione: Nessuna
       Ruolo: Mercenaria



    Quando Trant ebbe quel repentino scatto di rabbia, feroce eppure innocuo nella sua gabbia di vetro, Rael si era già svegliata da un po' e se ne stava seduta ad un angolo della sua cella, gli occhi di ghiaccio che andavano da una parte all'altra dell'enorme stanza che li ospitava. Se non altro, sia Prudence che Trant sembravano ancora intatti, anche se il Krogan si era facilmente fatto
    trasportare dalla veemenza tipica della sua razza e ora ne pagava le conseguenze. La ragazza guardò, senza emozione apparente, Trant che si accasciava nuovamente, ma senza perdere coscienza, e un accenno di rabbia si insinuò nel suo sguardo. Non aveva idea del perché li avessero catturati, né conosceva il motivo per cui non erano semplicemente stati uccisi: erano le stesse domande che si era posta quando era stata catturata per la prima volta dai Sole Blu, e sapeva bene che la realtà avrebbe fatto sembrare la morte un risvolto accettabile. Non sapeva se sarebbe stata capace di sopportare ancora quella tremenda esperienza, ma quello che più le bruciava era il coinvolgimento di altre persone, che non aveva modo di salvare.
    Il suo animo si era intenerito fin troppo, da quando Sauro aveva fatto ritorno nella sua vita, e quell'inaspettata empatia le rendeva complicato gestire le proprie emozioni, e quindi le proprie azioni. Ma era importante restare concentrata, esattamente come aveva fatto nel laboratorio dei Sole Blu, prima che Dalio...
    Il ricordo del turian le provocò un'inaspettata stretta al cuore. La prima immagine che aveva avuto di lui, nei corridoi del laboratorio, le sue parole... Tutti gli imprevisti, le fughe, le battaglie, gli sforzi, le ferite, e poi... e poi i suoi occhi offuscati dal rimorso di non essere riuscita a salvarla.
    Dovunque fosse andato, qualunque fossero gli ostacoli, Rael sapeva che Dalio era già sulle loro tracce, sapeva che non avrebbe abbandonato nessuno di loro. Non avrebbe abbandonato lei.
    Era quella certezza a tenere alta la sua ostinatezza, a tenere svegli i suoi sensi, a tenere acceso il lume della speranza.
    Se anche l'intera galassia si fosse frapposta tra lei e Dalio, non sarebbe bastato comunque a dividerli.
    Mentre contemplava quei pensieri, nell'enorme sala fece il suo ingresso quella che sembrava a tutti gli effetti una scienziata, accompagnata da un gruppo di Sole Blu in uniforme. L'apparenza della donna attirò immediatamente l'antipatia di Rael, soprattutto per l'espressione beffarda che dominava il suo volto. Rael si divertì ad immaginarla in preda al pianto.
    Il suo modesto divertimento, tuttavia, sfumò presto quando sulla parete apparve proiettata l'immagine di un Parak quasi irriconoscibile. A giudicare dalle parole della donna, il batarian doveva averli venduti, e questo non meravigliò Rael più di tanto. Se non fossero stati costretti a chiedere aiuto, probabilmente si sarebbero risparmiati un bel po' di problemi. Tuttavia, non provava alcuna pietà per il batarian, malgrado le condizioni in cui il suo corpo versava: si era gettato lui stesso nella fossa dei leoni, e di questo non poteva incolpare altri che sé stesso.
    Il suo sguardo andò inevitabilmente in direzione di Prudence e si stupì di vederla turbata. In base alla sua etica, quella doveva essere la giusta punizione per un traditore, eppure il quel momento la donna faticava a nascondere il suo lato umano, provocando allo stesso tempo un moto di comprensione da parte di Rael. In certe cose si somigliavano un po'.
    Come Rael aveva supposto, erano lì per diventare cavie di un progetto che probabilmente aveva a che fare con il virus.
    "Sei anche in grado di dirci qualcosa che non sappiamo?" - borbottò la ragazza rivolta ad Augustine, desiderosa di provocare quell'espressione così composta e beffarda - "Ci stai annoiando".
    Il suono doveva giungere ovattato all'esterno, ma donna percepì comunque le sue parole e, attirata dalla sua reazione, si avvicinò alla cella.
    "Mi dispiace, cara" - esordì, con un tono mellifluo che rischiò di dare sui nervi a Rael - "Quante ne hai passate nella tua vita, e quante ne passeresti ancora, se non ci fossimo noi a porrei fine alle tue sofferenze...Mi spiace di dover essere io a dirti la verità, ma ho promesso che non avrei nascosto nulla, e nonostante tutto, voglio che tu lasci questa vita senza menzogne".
    Rael si limitò ad alzare un sopracciglio, e tutto si sarebbe aspettata eccetto che la donna si riferisse a Dalio come un imbroglione. Il racconto della donna proseguiva, ma l'espressione di Rael non mutava di una sola virgola. Si aspettava sul serio che Rael le avrebbe creduto?
    "Una storia avvincente" - commentò Rael, non appena Augustine ebbe concluso - "Peccato che io non abbia alcun motivo di credere ad una sola parola...".
    Il suono improvviso e assordante degli allarmi interruppe il discorso, costringendo la scienziata a lasciare la stanza, per nulla turbata, quasi si fosse aspettata tutto. Dentro di sé, Rael gioì, sperando si trattasse proprio di Dalio, ma d'altra parte avvertì una punta di preoccupazione. Lui da solo, contro un'intera base? Sì, era già successo, tuttavia... tuttavia...

    "Sì che ho ragione, cazzo! Se le riveli il tuo segreto si incazzerà, scapperà via e finirà in pasto ai Sole Blu. Hai visto cosa hanno quasi fatto quei Batarian."



    Era inconfondibilmente la voce di Trant.
    Rael alzò gli occhi alla parete: il corpo martoriato di Parak era sparito ed era stato sostituito dall'immagine del krogan e di Dalio, mentre erano intenti ad attraversare il tunnel che portava alla Tana del Ciclope.
    Se riveli il tuo segreto...

    "D'accordo! Va bene! Terrò il segreto per me".


    Quella stessa voce che aveva imparato ad amare in così poco tempo confermò un'idea che la mente di Rael faticava anche solo a concepire, tanto le appariva terribile.
    No... Poteva trattarsi di qualsiasi altra cosa...

    "Alleluia! Guarda il lato positivo, se riusciamo a portarla via sana e salva, avrà tutto il tempo del mondo per conoscere il vero Dalio."



    Una fitta al petto.
    Una stretta amara e dolorosa, più violenta di un proiettile, le attraversò il cuore, portandole via il respiro.
    Con gesti lenti, si alzò in piedi e si avvicinò alla parete opposta della prigione, negli occhi il riflesso del turian su cui Rael aveva riposto ogni sentimento positivo, tutto quello che le era rimasto nell'animo distrutto da perdite e delusioni. E ora anche quell'immagine era destinata a crollare, insieme al poco che era sopravvissuto a quel disastro che era stata la sua vita.
    Nella vana speranza che si trattasse di una menzogna, gli occhi di Rael si volsero in direzione di Trant, ma lo sguardo colpevole del krogan fu l'ultima, definitiva conferma, che spezzò in un sol colpo ogni tentativo, da parte del cuore, di giustificare quelle parole.
    Lo sguardo le si offuscò tutto d'un tratto, la testa prese a vorticarle come in una violenta vertigine e le gambe minacciarono di non sostenerla, al punto che Rael fu costretta ad appoggiarsi alla parete della cella per non cadere. Il vetro su cui appoggiò la testa si appannò per effetto del suo stesso respiro, che si faceva sempre più rapido e incontrollato, man mano che nella sua mente scorrevano le tante bugie che si era bevuta.
    "Ti ricordi del tuo vecchio Sauro?"
    Tutte le premure che aveva avuto nei suoi confronti.
    Il cibo cinese.
    "Se non dovessimo cavarcela, sappi che queste ore sono state come un tuffo nel passato, un breve momento di felicità."
    E quella stupida scommessa sull'attico a Thessia.
    I suoi occhi amareggiati, la sua felpa a brandelli.
    "Prima di essere un Talon, sono stato un venerato ufficiale nell'esercito Turian e un membro importante nell'SSC. Ho avuto a che fare con tanta gente, ed ho imparato che il bene di molti comporta spesso il male di qualcuno".
    Tutte le spiegazioni che le aveva dato, la perfezione di quel filo logico...
    "Se devo essere sincero, non sapevo che fossi tu fino al momento del nostro incontro"
    ...il suo sguardo imperscrutabile, la fiducia che ispirava la sua presenza...
    "... Ma i tuoi occhi hanno parlato prima di te."
    ....Bugie. Tutte bugie.
    Rael strinse le palpebre senza più preoccuparsi di lasciar scorrere le lacrime, che attraversarono liberamente le sue guance arrossate dalla collera. Si sentiva profondamente umiliata, stupida! Come aveva potuto farsi ingannare in quel modo, come aveva potuto farsi intenerire così facilmente?
    Ma non era stata soltanto colpa sua; era stata indotta in errore, da un essere tanto spregevole da profanare le uniche cose ancora sacre a Rael: la sua famiglia. Dalio... e suo padre.
    Quel mostro si era permesso di nominare suo padre!
    Un pugno di Rael si abbattè con violenza sulla parete di vetro, con una forza tale che le sue nocche presero a sanguinare.
    Niente e nessuno era mai stato capace di stravolgerla in quella maniera, nessuno era mai riuscito a farle raggiungere una soglia d'ira tanto alta, eppure quel turian ci era riuscito.
    Non gli avrebbe dato anche le sue lacrime e la sua disperazione.
    Si asciugò frettolosamente gli occhi e cercò di controllare il respiro ed i pensieri, qualche istante prima che Prudence, con un'onda d'urto biotica, mandasse in frantumi la parete della cella che le divideva.
    "Mi dispiace".
    Rael non si voltò, per nulla intenzionata a mostrare gli occhi arrossati e umidi.
    "Non compatire me, ma chi si è preso gioco di me" - sussurrò, con voce monocorde. I suoi occhi erano un'armonia di rabbia e delusione e il suo volto era tornato la stessa maschera di indifferenza e cinismo che aveva scorto allo specchio negli ultimi anni - "Perché una volta che saremo fuori di qui, lo ucciderò con le mie mani.".

     
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