Fantasmi dal passato

Sistemi Terminus, Omega

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    Banshee

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    Prudence Judicael

       Fazione: Ordine delle Quattro Virtù
       Ruolo: Adepta


    < Continuate ad ammucchiare quelle casse contro la porta, cazzo! > urlò Ignis cercando di spronare ciò che restava della squadra d'assalto < Se quei fottutissimi MECH entrano qui dentro, siamo tutti fottuti! Coraggio! >
    L'arrivo dei MECH pesanti sul campo di battaglia aveva inevitabilmente cambiato l'inerzia dello scontro; se fino a quel momento la squadra d'assalto Talon era riuscita ad avanzare se pur a fatica, la comparsa dei MECH li aveva costretti a rifugiarsi in un hangar che, per loro sfortuna, non aveva altre uscite se non la pesante porta metallica dalla quale erano entrati....e dall'altra parte di quella porta, tre MECH arrabbiatissimi supportati da un numero imprecisato di fanti d'assalto Sole Blu.

    Prudence osservava con sguardo cupo i Talon che cercavano di barricare il più possibile la porta nel tentativo di ritardare l'inevitabile sfondamento da parte dei MECH.
    Nella loro sfortuna di trovarsi in un luogo senza via di fuga, il lato positivo era che quell'hangar doveva essere il deposito dei pezzi di ricambio delle navette e dei mezzi pesanti; vi erano interi container ricolmi di blindature che ora si stavano accatastando contro la porta, un'officina super fornita adatta a qualsiasi lavorazione e un Hammer Head piazzato in mezzo all'hangar a cui i Sole Blu stavano sostituendo alcune parti della fiancata.
    Era proprio l'Hammer Head ad avere attirato l'attenzione di Prudence.
    La ragazza continuava a girarci attorno, studiandolo in ogni dettaglio e un'idea, benchè dannatamente folle, cominciava a delinearsi nella sua mente.

    "Scordatelo Prudence!" disse ad un tratto Sephyr nella sua mente intuendo il flusso dei pensieri della ragazza "Quello che vuoi fare è più che folle!"
    "Mai tanto folle come restare qui ad aspettare che quei MECH ci facciano a pezzi!" replicò la suora con un sorriso convinto.
    "Ammesso funzioni...ti rendi conto che potresti distruggere tutto questo dannatissimo hangar?"
    "In questo caso, moriremo sia noi che loro...è comunque una vittoria, non credi?"
    Se avesse potuto vedere l'espressione di Sephyr, Prudence avrebbe capito subito come il demone non fosse assolutamente daccordo.

    Ormai aveva deciso e aspettare non avrebbe fatto altro che ridurre le possibilità di riuscita del suo piano; la barricata improvvisata avrebbe concesso loro il tempo necessario per portare a termine il lavoro...o almeno così Prudence sperava.

    < Venite tutti qui! > disse alla squadra Talon invitandoli a raggiungerla. I mercenari erano abbastanza scoraggiati e rassegnati alla sorte che sarebbe loro toccata una volta che i MECH avessero sfondato.
    < Bell'aggeggio. > disse Ignis guardando l'Hammer Head < Ma non ci servirà ad andarcene da qui, vedi? > aggiunse abbracciando con un gesto delle mani l'intero ambiente < Nessuna uscita alternativa. >
    < Invece ci servirà per uscire...proprio da quella porta là in fondo! > replicò Prudence indicando l'ingresso barricato.
    I Talon la osservavano interrogativi non capendo cosa volesse fare.
    < Spiega come. > disse Ignis interessato.
    < Trasformiamo questo Hammer Head in una auto-bomba. Tu sei un artificiere, giusto? Lo imbottiamo internamente ed esternamente di granate, esplosivi, fuochi d'artificio, miccette e petardi. Io mi metto alla guida e quando i MECH sfondano la porta, lo dirigo dritto verso di loro a 200 all'ora. Esplosione devastante. MECH distrutti. Sole Blu sbrindellati in mille pezzi. E noi che ce ne andiamo tranquilli, preoccupandoci solo di non sporcarci gli stivali calpestando qualche braccio o qualche fegato spappolato. Facile. >
    Ignis le lanciò un'occhiata che dire eccitata sarebbe stato riduttivo. Forse non aveva mai apprezzato molto gli umani ma quella Prudence lo stava facendo davvero impazzire!
    < Dovrai calcolare esattamente il momento giusto in cui saltare fuori dall'abitacolo...e non è detto tu non sia investita comunque dall'esplosione...sei sicura di volerlo fare da sola? > disse esternando la sua preoccupazione.
    Certo, il piano di Prudence poteva funzionare per tirarli fuori da quel pasticcio ma le probabilità che la ragazza subisse conseguenze anche gravi erano molto elevate.
    Prudence accese una sigaretta e trasse una profonda boccata, lasciando poi fuoriuscire lentamente il fumo dal naso < Me la caverò. > disse annuendo < E io non sono mai sola, Ignis...mai! > aggiunse con un dolce sorriso < Affido a te la preparazione della navetta...io sarei solo d'impiccio con saldatrici e martelli. Fate alla svelta, ok? >

    Le porte erano ormai così incrinate che si intravvedevano le possenti sagome dei MECH dall'altra parte che si accanivano con i loro colpi, devastando il metallo senza pietà.
    Prudence aveva affidato a Ignis il comando nel caso non fosse uscita viva, raccomandandogli di continuare nella missione qualunque cosa fosse successa; il turian non seppe come congedarsi dalla ragazza...improvvisamente non riusciva a trovare niente di sensato da dire.
    La suora intuì il suo imbarazzo e, mentre saliva la scaletta per accedere alla cabina di pilotaggio, si fermò e si voltò con un grande sorriso < Sai cosa credo? > domandò ricevendo un segno di diniego dal turian < Credo che quei Sole Blu rimarranno più stupiti di un cane che monta per sbaglio un istrice! >
    < Sei la più pazza figlia di puttana che abbia mai incontrato! > rispose Ignis divertito.
    < Linguaggio, Ignis! Linguaggio! > replicò fingendosi sconvolta Prudence < Sono pur sempre una suora! >

    Ancora un paio di colpi e la porta avrebbe ceduto. Prudence afferrò saldamente la cloche e fissò dritta davanti a se: la separavano poco più di 40 metri dalla porta, una distanza sufficiente da fare prendere abbastanza velocità alla navetta. Attorno a lei, ammucchiate in ogni nicchia possibile, granate ed esplosivi la fissavano quasi non vedessero l'ora di svolgere il proprio lavoro.
    "Con calma ragazzi..." pensò Prudence rivolgendosi a quegli strumenti di morte "...e mi raccomando: uccidete SOLO i Sole Blu d'accordo? Ripetete con, da bravi: l'umana con i capelli azzurri e gli occhi viola non deve subire un graffio!"
    "Dubito di stiano ascoltando." disse Sephyr abbastanza teso.
    "Tentare non nuoce!" replicò la ragazza stringendosi nelle spalle.
    "ORA PRUDENCE!" urlò Sephyr notando il primo MECH che avanzava all'interno della stanza.

    < Ehi, Prudence! PRUDENCE SVEGLIATI! >

    La ragazza aprì gli occhi facendo una gran fatica a mettere a fuoco le immagini e i suoni giungevano ovattati ed attutiti al suo cervello. Si sentì prendere da sotto le ascelle da due mani che l'aiutarono a mettersi seduta.
    Aveva male ovunque anche solo a respirare e solo dopo parecchi secondi riuscì a focalizzare il volto di Ignis a una spanna dal suo che la fissava con i suoi occhi da pazzo.
    < Abbiamo...vinto? > domandò Prudence evidentemente stordita.
    < Vittoria sfolgorante! > replicò Ignis euforico < Tutto come previsto: esplosione devastante, MECH distrutti, Sole Blu sbrindellati...sto facendo raccogliere qualche pezzo di quei bastardi dai miei uomini...sai, come macabro souvenir. >
    Prudence sorrise mentre cominciava a tastarsi per assicurarsi che tra quei pezzi di Sole Blu non ci fosse anche qualcosa di suo < Sei ancora tutta intera. > la tranquillizzò il turian aiutandola a rialzarsi e sorreggendola quando un improvviso capogiro la stava facendo ricadere a terra.
    Prudence si aggrappò all'armatura di Ignis, stringendolo stretto a se e appoggiando il suo volto al petto dell'alieno < Ti spiace se restiamo qualche minuto così? > domandò la ragazza in un filo di voce < Non credo...di stare molto bene. Sono...stanca. > si giustificò accoccolandosi meglio.
    < Starei così per ore! > replicò il turian < Ma dobbiamo sbrigarci...gli altri se la stanno passando male e noi, nonostante tutto, siamo gli unici che possono salvarli. >
    Prudence sbuffò e lasciò la presa < Peccato...sei abbastanza comodo... > disse con un sorriso prima di recuperare il Claymore e rivolgersi alla sua squadra < VA BENE, RAGAZZI! > disse ad alta voce per richiamare la loro attenzione < NON ABBIAMO ANCORA FINITO QUI...CONTATE LE MUNIZIONI...SE MANCA QUALCOSA PRENDETELO DAI PEZZI DI SOLE BLU, TANTO A LORO NON SERVONO PIU'! ANDIAMO A FARLA FINITA! >


     
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    Rael Thompson

       Fazione: Nessuna
       Ruolo: Mercenaria



    I minuti sembravano dilatarsi fino a sembrare ore, in quei cunicoli che sembravano senza fine. Anche dopo che Rael li aveva raggiunti, la loro corsa contro il tempo sembrava destinata a durare ancora e a pesare soprattutto sulla ragazza, già reduce da una corsa a perdifiato. Seiana si sarebbe aspettata di vederla cedere da un momento all'altro, eppure Rael non accennò a fermarsi neanche per un momento. Doveva ammettere che si stava comportando bene, per essere una mocciosa.
    Intanto, i rumori di battaglia sopra le loro teste, che li avevano accompagnati per tutto il tempo, sembravano essersi affievoliti, e Seiana non era in grado di sapere se ciò era da interpretare come un segno buono o meno. Certo, il suo primo pensiero era che i suoi avessero sopraffatto i Sole Blu, ma spesso la realtà aveva ben poco a che fare con la speranza.
    "Dovremmo esserci quasi" - disse ad un tratto Tertis, rompendo un silenzio che stava diventando opprimente - "Dobbiamo tenere il passo per un altro poco. Ce la fai, Rei?".
    "E' Rael" - lo corresse, quasi inconsciamente, Seiana. Stava ricevendo una chiamata da Kevius - "Comandante?".
    "Ehi... Come andiamo?" - domandò l'altro. La turian sapeva riconoscere il tono falsamente pacato di Kevius: era quello che tirava fuori quando le cose cominciavano a mettersi davvero male - "Siete arrivati ai laboratori?".
    Seiana abbassò lo sguardo - "N-no... Non ancora, ma ci siamo quasi" - rispose - "Voi... ecco...?".
    "Ascolta, so che state facendo del vostro meglio, ma è necessario che facciate più in fretta" - ammise alla fine Kevius. La sua voce fu intervallata da una scarica di proiettili - "Dal rapporto di Ignis, pare che l'ala est, sopra le vostre teste, abbia ceduto; Dalio non risponde. Temo che... beh".
    Un momento di silenzio, più che esaustivo.
    "Porteremo a termine la missione" - promise Seiana, sentendosi bruciare dentro al pensiero di tutti i compagni che aveva perso - "A qualunque costo. Chiudo...".
    "Un momento".
    Stupita, la turian restò in ascolto.
    "Volevo solo dirti che, comunque vadano le cose, io sono orgoglioso di te" - mormorò Kevius - "Sarai un leader infinitamente migliore di me, un giorno. Chiudo".
    Era un sollievo dare le spalle agli altri due membri della squadra, perché Seiana non riuscì proprio a impedire ai suoi occhi di inumidirsi, ma la sua voce non diede alcun segno di emozione - "Muoviamoci" - disse, accelerando il passo.
    "Che succede?" - volle sapere Rael, trafelata - "Come stanno gli altri?".
    "Non adesso" - sbottò Seiana. Era necessario che la ragazza si concentrasse unicamente sul suo ruolo e scoprire che Dalio poteva essere morto non avrebbe certo aiutato.
    Ma Rael non era stupida come aveva creduto - "Ti ha detto perché ... perché qui si è fatto così silenzioso?".
    "Stammi a sentire" - disse la turian, senza rallentare il passo, ma volgendole uno sguardo tanto breve quanto eloquente - "I Sole Blu hanno sfondato le linee della squadra di Dalio e stanno andando a rinforzare le file centrali. E' questione di poco tempo prima che il resto dei nostri venga sbaragliato, quindi dobbiamo....".
    "Lo so" - la interruppe Rael. Da un breve sguardo, la turian si accorse che la ragazza aveva lo sguardo basso, ma non accennava a fermarsi. Eppure dentro doveva esserle esploso il cuore...
    "Octabius. Caelio. Nilea" - esordì Seiana, snocciolando uno alla volta tutti i talon che avevano perso la vita, non soltanto a pochi metri sopra le loro teste, ma in tutta la struttura - "Numeus. Selio...".
    "Caius" - continuò Tertis. La sua voce suonava diversa in quel frangente - "Pavus... e Flana".
    La turian sospirò - "Abbiamo perso non uno, ma molti dei nostri amici" - confessò - "E proprio per questo non ci fermeremo. Il valore del loro sacrificio dipende anche da noi".
    Quelle parole avrebbero dovuto sostenere il dolore di Rael, ma la ragazza non diede alcun cenno. Seiana doveva accontentarsi di non vederla cadere sulle ginocchia e in lacrime.
    Quando finalmente giunsero a destinazione, la prima ad uscire dalla grata fu Seiana, che immediatamente si riparò dietro una scrivania, dalla quale fece fuori tre dei sei mercenari presenti nella stanza; seguì Rael, che forò la testa di due scienziati e di un quarto Sole Blu, per coprire l'entrata di Tertis, autore della morte dei ultimi due mercenari.
    In mezzo minuto, la stanza divenne sicura. O almeno così pareva.
    "Era una scarsa sorveglianza, quella" - osservò Seiana, con sguado cupo.
    "Staranno rinforzando la resistenza contro Prudence e Ignis" - ipotizzò Rael, abbastanza sicura di quell'idea.
    "Già... Forse" - Al contrario di Rael, la turian non ne era troppo certa perciò, mentre Tertis si metteva immediatamente all'opera, lei andò ad assicurarsi che la porta fosse sigillata.
    Tertis estrasse il dispositivo con la riprogrammazione delle nano bio-termiti e la inserì nel database, che cominciò a caricare. D'un tratto, lo schermo si illuminò di una luce intensissima e, prima che potesse rendersi conto della trappola, il turian subì uno shock epilettico che lo fece afflosciare al suolo privo di sensi.
    "Tertis!" - esclamò Rael correndo dal turian.
    Il trambusto improvviso indusse Seiana a voltarsi di scatto con la pistola spianata. Una trappola...?
    La porta alle sue spalle si aprì senza preavviso. La turian si girò rapidissimamente, ma prima di riuscire a puntare l'arma alla fronte della donna che era appena entrata, un colpo di pistola attraverso l'aria, subito seguito da un dolore accecante al petto.
    Si accasciò a terra e guardò, senza riuscire a muovere un solo muscolo, Rael che tentava un'ultima disperata difesa.
    Ma i proiettili non scalfirono minimamente la donna, bensì rimbalzarono per effetto di un qualche scudo cinetico.
    Uno degli energumeni Sole Blu che accompagnava la donna prese Tertis come un pupazzo, l'altro sferrò un colpo violentissimo alla testa di Rael, che cadde a terra esanime.
    La donna, invece, passò in mezzo ai due per recuperare il dispositivo di Tertis e schiacciarlo sotto il tacco, prima che la programmazione andasse a buon fine.
    Quando si voltò, Seiana cercò di assumere uno sguardo vacuo, e per poco gli occhi non le si oscurarono. Non le restava molto tempo.
    Anche l'altro energumeno si issò Rael sulla spalla e il trio abbandonò la stanza senza nemmeno degnarla di uno sguardo. Seiana restò in ascolto dei loro passi, aggrappandosi al respiro sempre più liquido, segno che i polmoni erano sul punto di riempirsi di sangue e quando, finalmente, il suono di quei maledetti tacchi sparì, la turian tossì energicamente, non senza una fitta di dolore acuto alla ferita. Dopo il colpo di tosse, il respiro si fece estremamente rumoroso.
    Più veloce che poteva, Seiana raggiunse trascinandosi la postazione dove era il terminale ed estrasse un altro dispositivo identico a quello che la donna aveva distrutto. Era stato Tertis ad insistere perché anche lei ne portasse uno, nel caso lui ce l'avesse fatta, e aveva cercato di spiegarle come meglio poteva cosa andava fatto. Fortunatamente, Seiana era riuscita a vedere con i suoi occhi la procedura, quindi non doveva far altro che sforzarsi un altro po', dopodiché...
    Il dispositivo si inserì, e il caricamento cominciò senza alcuna misura di sicurezza.
    10%.... 15%.... Non sarebbe riuscita ad aspettare così a lungo. Si abbandonò sul pavimento, chiuse gli occhi, e attese l'ultimo respiro.

    Voci.
    Rumori meccanici di sottofondo.
    Dolore, acuto e insopportabile, alla testa e alle articolazioni.
    Aliquis è morto.
    Seiana è morta.
    Tu...?

    No, quelle sensazioni, seppur spiacevoli, le dicevano che il suo corpo era ancora in vita. Il problema era il perchè la Deschanel aveva deciso di non ucciderla.
    Aprì gli occhi. Era legata ad una messa a terra neurale, ma non aveva le forze nemmeno per capire se era in grado di liberarsi. Poco male: intorno vi era un nugolo di scienziati, troppi per potersene liberare in quelle condizioni.
    "Non è neanche questo... Riprovate!" - Rael si voltò verso l'origine di quella voce: era la Deschanel, china su un terminale in cui sembrava osservare dei dati, ma la sua vista non fu niente in confronto a ciò che vide a pochi passi da lei. A quanto pareva, Tertis era ancora vivo, come lei, ma non era esattamente una buona notizia, considerate le sue condizioni.
    Era bloccato anche lui ad una messa a terra ma, diversamente da lei, gli era stato applicato alla testa una sorta di apparecchio neurale che lo collegava ad un'interfaccia. Al di sotto del dispositivo, gli occhi del turian erano spalancati e iniettati di sangue, lo stesso che fuoriusciva da entrambe le narici e dalle orecchie.
    Lo stavano... studiando?
    Dio...
    "Ben svegliata" - disse la Deschanel ad un tratto, accortasi che Rael aveva aperto gli occhi. Il suo tono sembrava pacato, ma Rael riuscì ad accorgersi della nota di tensione che quell'apparente tranquillità cercava di nascondere - "E' un sollievo che io abbia voluto tenerti in vita. In realtà avevo intenzione di usarti come esca per Aliquis, ma quello stupido si è
    lasciato uccidere da dei mediocri mercenari. Sono piuttosto delusa
    ".
    Rael afferrò i braccioli della messa a terra con nervosismo.
    "Ad ogni modo, adesso mi dirai quale dannato algoritmo ha utilizzato il tuo amico turian per riprogrammare le mie nano-biotermiti" - concluse, lasciandosi sfuggire un tic. Proprio in quel momento, si aprì una comunicazione con il campo di battaglia, dalla quale proveniva l'inconfondibile ronzio misto ad urla e spari.
    "Stanno attaccando i Mech! Non reagiscono alla percezione degli organici!" - gridò un soldato dall'altro lato della comunicazione - "Riparatele o spegnetele, dannazione!".
    Rael non poteva credere alle sue orecchie: era certa che il loro piano fosse andato a rotoli. Come aveva fatto Tertis...?
    "Amico, sei in gamba..." - mormorò Rael, rivolgendosi al turian. Questi però, non sembrava in grado di rispondere e tutto ciò che fece per esprimersi fu lasciar cadere una lacrima dagli occhi. Rael non riusciva a sopportare quella vista.
    "Che diavolo gli state facendo..?" - domandò allora la ragazza, ma la Deschanel non sembrava in vena di chiacchiere. In un solo movimento, si tolse il fermacapelli appuntito e lo piantò nella spalla di Rael, che trasalì.
    "Non ti stai concentrando. Parla".
    "Che diavolo dovrei saperne, io?!" - esclamò la ragazza, incapace di pensare ad altro se non al ferro conficcato nella carne - "Non... lo so!".
    La donna, spietata, girò il fermaglio, procurandole una scossa di dolore ancora più acuta - "Lui non vuole parlare,TU non vuoi parlare... Non volevo rovinare un così bel cervello, ma mi costringete a farlo".
    Tertis, a quelle parole, si mosse ansioso sulla messa a terra, quasi come se già sapesse quello che l'aspettava e, probabilmente, era così.
    La Deschanel si allontanò, lasciando il fermaglio conficcato nella spalla di Rael, e armeggiò su uno dei terminali. D'un tratto, il corpo di Tertis si irrigidì, come se percorso da corrente elettrica e le dita si animarono di spasmi incontrollati. Gli stavano letteralmente entrando nella testa, e Tertis non sarebbe stato in grado di resistere ancora per molto. Infatti, non appena il dispositivo neurale si placò, gli occhi del turian incontrarono quelli di Rael, eloquenti come non lo erano mai stati. Rael si voltò dall'altro lato, cercando di trattenere le lacrime: non voleva vederlo mentre cercava di soffocarsi con la sua stessa lingua.

    Kevius si fermò a riposare e intanto ne approfittò per controllare il proiettile al ginocchio: sarebbe riuscito a cavarsela per un altro po'.
    In un'assurda speranza, riprovò a contattare Seiana, ma nessuno rispose alla chiamata.
    Erano rimasti in quattro, tutti feriti, e tutti senza alcuna prospettiva di tornare a casa. Nonostante ciò, durante l'intervallo successivo all'ultimo attacco, sentì due dei suoi uomini farsi una risata. Era confortante.
    Rispose alla chiamata di Ignis, che da un po' lampeggiava sul factotum, e quasi non credette alle sue orecchie - "Cosa..? Puoi ripetere?".
    "Ho detto che Tertis ce l'ha fatta!" - stava dicendo l'altro, entusiasmato - "Le nano- bio termiti stanno mettendo fuori uso i Mech restanti! Ci passano di fronte come se noi non esistessimo! Come diavolo ha fatto quella testa fumante?".
    Kevius sospirò, un sospiro che sapeva di sollievo, ma anche di sofferenza - "Sveglia, ragazzi" - disse, rivolto alla sua squadra - "I Sole Blu nella zona centrale sono disorientati come moscerini in un barattolo. Voglio che andiate a supportare i ragazzi, io vi coprirò le spalle".
    I turian obbedirono e immediatamente si diressero verso la parte centrale della struttura: ormai la linea di sfondamento doveva essere ad un passo dai laboratori.
    "Ah, Aliquis" - mormorò Kevius, imbracciando nuovamente il fucile e puntandolo verso la porta - "Sarebbe stato bello fare quest'ultima missione fianco a fianco".

     
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    Aliquis Varian

       Fazione: Sconosciuta
       Ruolo: Agente Segreto

    Il sudore grondava a cascata dalla sua fronte, il cuore scalpitava come uno stallone in una prateria, e tutto il suo corpo era perseguitato dal dolore. Sarebbe morto lì, Aliquis Varian. In quegli attimi si ritrovò a riflettere, ed arrivò alla conclusione che, effettivamente, la sua storia era finita. Non aveva una moglie, non aveva una famiglia, non aveva una casa e l'unica donna che avesse riacceso la fiamma non lo odiava più, ma non avrebbe mai avuto un futuro con lei. Gli restava solo il suo lavoro, ed in fondo aveva sempre sognato di concluderlo in bellezza. Prese la foto di sua moglie dalla tasca: una piccola goccia di sangue aveva ricoperto un angolo del cartoncino, che fortunatamente era plastificato e salvò l'immagine dal rosso del sangue. Passò con un dito per rimuovere la macchia e guardò la foto, sorridendo mentro i suoi occhi abbracciavano la luce.


    Un battito regolare all'orecchio, una calda mano sulla sua fronte. Si risvegliò abbracciato alla sua donna, con la testa posata sul suo petto.
    "E' stato bello... Anche troppo." esordì lei con tono malinconico.
    "Che vuoi dire?"
    "Vuol dire che soffrirò ancor di più la tua mancanza."
    "Preferivi che ci dicessimo addio in un modo peggiore?"
    "No, no ovvio. E poi ne abbiamo parlato, questo non sarà un addio. Mio figlio conoscerà suo padre, un giorno."
    Aliquis sollevò la testa e si mise seduto, poggiando la schiena al muro.
    "Sii realista, Tavea. Facciamo un lavoro rischioso. Le nostre promesse non valgono, quando può essere un solo proiettile a decidere il nostro destino. Perciò tanto vale dirsi addio adesso, prima di perdere la possibilità di farlo dopo."
    Un solo proiettile. Il fato era proprio un gran bastardo.



    Spalancò gli occhi in preda ad una scarica di dolore. Era ancora vivo, ma desiderò con tutto il cuore di essere morto. Stava urlando, ma non se ne rese conto fino a che non cominciò a sentire dei passi verso la sua direzione. Afferrò un'asse di ferro accanto a lui e la utilizzò come bastone per sollevarsi, poi si poggiò al muro e la afferrò saldamente. La sua mente sapeva che non c'era alcuna ragione per scappare dal suo destino, ma il suo istinto diceva il contrario, e raramente il suo istinto sbagliava.
    Man mano che i passi si avvicinavano diventavano sempre più decifrabili: era un solo uomo e, dal rumore dei piedi sul suolo, doveva essere corazzato. Un attimo dopo l'uomo spalancò la porta, con il fucile avenger puntato in avanti. L'umano non ebbe nemmeno il tempo di fiatare che la sua gola si ritrovò perforata da un'asse di ferro ed i suoi polmoni si riempirono di sangue. Aliquis trascinò dentro il corpo usando le sue ultime forze e chiuse la porta.
    "Ti prego ti prego ti prego" sussurrava ripetutamente, mentre le sue mani rapide perquisivano il cadavere. I suoi occhi si illuminarono, quando trovò dei kit medigel tra le scorte della corazza. Lo utilizzò senza esitare, e subito il dolore si alleviò. Sapeva che sarebbe stata solo una soluzione temporanea, ma forse era la sua unica via di salvezza. Tolse la corazza all'umano e strappò pezzi della sua maglia da usare come bendatura per la sua ferita alla spalla e le ustioni più gravi. La struttura fisica delle due specie era troppo diversa perchè potesse indossare la sua armatura, ma se non altro poteva sostituire il suo chip di scudi fritto con quello del Sole Blu, e già che c'era prese anche le armi, un paio di granate ed il factotum.
    Si lasciò a scappare un sorriso: chi l'avrebbe mai detto che un umano gli avrebbe salvato la vita?
    Alzandosi in piedi, si rese conto che nonostante il medigel, non era comunque nelle condizioni di poter fare molta strada con la caviglia slogata. Avrebbe proceduto zoppicando e sarebbe stato lento, perciò dovette assicurarsi di tenere gli occhi ben aperti. Prese un lungo respirò, imbracciò il fucile ed aprì la porta. Il corridoio era desolato, così si permise di abbassare l'arma ed illuminò il suo nuovo factotum. Non aveva idea di quale fosse la frequenza di comunicazione dei Talon, ma conosceva a memoria quella segreta dell'agenzia.
    "Kevius... Kevius, sono io, Aliquis" disse sussurrando ed ansimando "Sono vivo, ma sono ferito. Come procede da voi?"
    Non arrivò mai nessuna risposta. Controllò di aver digitato la sequenza giusta, ma era sicuro di non aver sbagliato.
    "Merda" imprecò, e provò ad accelerare il passo. Poteva essere in pericolo, tuttavia raggiungerlo era impossibile. Il massimo che poteva fare era raggiungere Prudence nella linea centrale, ed era chiaro che l'unico modo per farlo fosse passare dall'entrata che i mech avevano sfondato. Quella stanza era ovviamente occupata da alcuni Sole Blu, poteva sentirne le voci e le risate già da lontano. Più si avvicinava, e più riconosceva le voci: erano quei bastardi che gli avevano sparato mentre si fingeva morto. Prese una delle granate e la lanciò lungo la stanza. L'esplosione prese in pieno tutti, sbalzandoli in ogni dove, ma uno di loro provò a strisciare via... Solo per essere fermato con la testa schiacciata al suolo dal piede di Ali.
    "La prossima volta puntate alla testa." disse per poi sferrare un calcio proprio al cranio del mercenario.
    Era preoccupato che i nemici passati di lì avessero colto da dietro la squadra di Prudence, ed in effetti era davvero così, ma la donna se n'era già occupata... Del resto non poteva aspettarsi altro da quel cannone vivente.
    "Prudence!" esclamò una volta identificata la nuvola azzurra in lontananza. Li raggiunse mentre lei ed i suoi uomini si godevano lo spettacolo dei mech letteralmente divorati dalle biotermiti.
    "Mi spiace interrompervi, ma non resteranno in questo stato ancora per molto, dobbiamo fermarle una volta per tutte, e non succederà se stiamo a guardare. Piuttosto, ho provato a contattare Kevius ma non risponde, voi avete notizie? E Rael?"

     
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    Prudence Judicael

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       Ruolo: Adepta


    < Ci rallenterà, Prudence. > disse Ignis sottovoce alludendo a Dalio.
    Ora che le termiti non erano più un problema l'avanzata della squadra d'assalto o meglio, di ciò che ne restava, avrebbe potuto essere più rapida purtroppo però, tra i superstiti, si contavano parecchi feriti tra i quali Aliquis era uno dei più gravi.
    Prudence fu felice di sentire la voce di Aliquis quando si sentì chiamare alle spalle ma la sua felicità si traformò in apprensione quando se lo trovò davanti: claudicante, sanguinante, ricoperto di ustioni e bruciature...era vivo ma non era sicuramente sano.
    < Lo so. > replicò Prudence al turian con lo stesso tono < Ma non possiamo lasciarlo indietro...almeno, non con maniere brusche. >
    Il turian guardò i membri della squadra uno per uno. Si erano concessi alcuni istanti di pausa per rifiatare e riorganizzarsi; contava 12 soldati e nessuno di loro poteva considerarsi efficiente al 100 %.
    < Prendiamo Zaeva, Coris e Porthos e lasciamo i feriti più gravi con Dalio. Noi saremo più veloci e avremo maggiori probabilità di arrivare alla squadra di Seiana o a quella di Kevius, loro ci raggiungeranno. > suggerì Ignis alla giovane umana.
    < E chi glielo dice a Dalio? > domandò Prudence conoscendo perfettamente la risposta.
    La ragazza sbuffò sonoramente per quel ruolo ingrato e si avvicinò ad Aliquis che era seduto a terra, nel tentativo di riprendere un po' di forze.
    < Nessuna notizia di Rael e degli altri ma il fatto che le termiti non ci attacchino più, significa che hanno compiuto la loro missione. Potrebbero essere ancora vivi ma... > non sapeva esattamente come dirlo gentilmente e la diplomazia non era mai stata il suo forte < ...insomma, più tempo passa meno probabilità ci sono di salvarli...ammesso siano vivi. Tu sei un soldato e capisci la situazione. Non possiamo aspettarti...nelle tue condizioni ci rallenteresti e basta. Io e Ignis prenderemo una piccola squadra e vi precederemo tu e gli altri ci raggiungerete al vostro ritmo, dandoci copertura alle spalle. >
    Aliquis la guardò accigliato; il turian sapeva che Prudence aveva ragione e l'umana sapeva che tra tutti, era Aliquis quello cui spettava raggiungere Rael per primo ma non sempre la vita va secondo i piani. Si fissarono negli occhi a lungo entrambi comprendendo perfettamente come dovesse sentirsi l'altro ma alla fine Aliquis annuì.
    < Grazie. > replicò Prudence sfiorando con le labbra la fronte del turian prima di alzarsi e comunicare al resto della squadra come avrebbero agito.

    L'avanzata della squadra di Prudence procedeva piuttosto spedita. Era un pezzo che non incontravano MECH pesanti o quegli strani cani robot particolarmente fastidiosi: evidentemente le termiti hackerate avevano svolto bene il proprio compito. Anche di Sole Blu se ne trovavano sempre meno...del resto, non potevano essere in numero infinito e, dall'inizio della battaglia, i Talon avevano fatto una vera e propria strage. Le poche squadre superstiti di Sole Blu non attaccavano più frontalmente ma restavano sulla difensiva, rallentando gli assalitori per poi ripiegare ordinatamente su un'altra linea difensiva.
    Il percorso di Prudence e Ignis, per ciò, era quasi obbligato: bastava seguire gli spostamenti delle truppe Sole Blu di barricata in barricata e, prima o poi, avrebbero raggiunto il cuore della struttura e, con esso, la Deschaell e, se erano fortunati, la squadra di Rael.
    Fu così, seguendo i Sole Blu, che Prudence e Ignis raggiunsero quella che doveva essere stata la centrale di comando da dove si guidavano le termiti.

    Prudence osservava rattristata la scena in disparte, appoggiata alla parete mentre Ignis era inginocchiato a terra, attorniato dai suoi soldati, con la testa di Seiana appoggiata sulle ginocchia; con una mano, accarezzava il capo della femmina e con l'altra teneva stretta la sua mano. Seiana stava morendo, lentamente.
    Il respiro era ormai solo un rantolo inframmezzato da corti colpi di tosse che le riempivano la bocca di sangue. Gli occhi erano colmi di lacrime e il corpo era scosso da brevi fremiti.
    Gli occhi di Ignis erano diversi mentre guardava la sua amica morire; era sparita l'aurea di pazzia che li dominava, sostituita da una profonda tristezza che lo rendevano agli occhi di Prudence quasi uno sconosciuto.
    La femmina turian, con un ultimo sforzo, attirò a se il compagno < Dimmi...dimmi...che ne è...valsa la pena! > sussurrò con gli ultimi aliti di vita. C'era rabbia nei suoi occhi. Una rabbia incontenibile.
    < Sì Seiana. Ne è valsa la pena. > fu la semplice risposta di Ignis un secondo prima che gli occhi di Seiana si spegnessero per sempre.
    Il turian rimase inginocchiato a lungo, continuando a tenere la testa della turian sul suo grembo, accarezzandola meccanicamente e sussurrando a denti stretti parole che l'umana non riusciva a sentire.
    Prudence si avvicinò e posò una mano sulla spalla di Ignis < Mi dispiace per la tua amica. >
    Ignis non disse nulla, semplicemente ricompose alla bene e meglio il corpo di Seiana e si alzò, fissando Prudence con occhi cattivi < Le ho mentito. > sibilò adirato < LE HO MENTITO! > ripetè alzando la voce.
    La ragazza arretrò intimorita da quella reazione non capendone la motivazione.
    < Le ho detto che e è valsa la pena! Cazzate! > sbottò il turian tirando un gran pugno contro la parete < Per cosa siamo morti oggi? Eh Prudence? Tu sai dirmelo? >
    < Io...io... > la ragazza continuava a indietreggiare instupidita e impreparata a quelle domande.
    < Per Kevius? > la incalzò il turian < Per Palaven? Per la Primazia? > ad ogni domanda si avvicinava a Prudence e lei indietreggiava fino a quando si trovò con le spalle al muro < Per i turian? Per i Talon? > continuava Ignis fino a piazzare entrambe le mani contro il muro, a un palmo dalla testa dell'umana < Per quell'umana? Per Dalio? Dimmi perchè cazzo siamo morti oggi! > terminò in un tuono Ignis.
    < Per...tutte queste cose...non lo so... > cercò di rispondere Prudence stordita.
    < DIMMELO! > ripetè Ignis mentre la pazzia riprendeva il sopravvento nei suoi occhi < Siamo morti per i capricci di un capo? Per un pianeta che ci ha scacciato? Per una nazione che non ci appartiene? Per una razza che ci ha esiliato? Per una ragazzetta umana che neanche sapevamo esistesse? Per un compagno che non è chi dice di essere? DIMMI PERCHE' CAZZO SIAMO MORTI! >
    Il resto della squadra assisteva inebetita a quello sfogo che vedeva Prudence come incolpevole bersaglio. < Cerca di calmarti...capisco come ti senti ma... > disse Prudence appoggiando le sue mani sul petto del turian.
    Ignis le afferrò, staccandosele con rabbia di dosso < Tu non capisci niente di come mi sento! > sbottò furente il turian < Oggi ho visto morire tutti i miei amici! Tutti quanti! E per cosa? Per niente! PER NIENTE CAZZO!!!! Non mi interessa nulla di Palaven, dei turian...non mi interessa niente di Dalio o di quel deficiente di Kevius che ci ha cacciato in questa situazione...non mi interessa nulla dell'umana e neanche se quelle fottute termiti si mangiano l'intera Galassia! > si avvicinò di più a Prudence per fissarla dritta negli occhi < Mi interessavano solo i miei amici...e ora sono tutti morti! Tu dici di capirmi? Proprio TU? Dimmi, Prudence: hai mai avuto un amico in vita tua? Ti sei mai innamorata? Hai mai pensato per più di 5 secondi a una persona? >
    Prudence sentiva i propri occhi riempirsi di lacrime, non capendo perchè Ignis la trattasse così bruscamente < Tu sei sola, umana...sola come un varren rabbioso! L'ho capito da come combatti! Nessuno può combattere come te! Nessuno che abbia qualcuno da cui tornare...qualcuno da abbracciare...qualcuno con cui tornare a ridere. Non puoi capirmi! Non puoi capire un cazzo di come mi sento in questo momento...quindi evitami parole come 'mi dispiace'! Non puoi sapere. Non puoi! >
    Ignis voltò bruscamente le spalle a Prudence e raggiunse i suoi uomini cominciando ad impartire veloci ordini < Cerchiamo almeno che la morte dei nostri amici non sia stata inutile...pronti a ripa... >

    Il turian non terminò mai la frase poichè il silenzio della stanza fu interrotto da quattro scoppi di pistola in rapida successione, seguiti dai lamenti dei 4 turian che si accasciavano a terra, ognuno con una gamba sanguinante.
    Gli occhi di Ignis andarono verso la fonte di quegli spari < Sei impazzita? > domandò cercando di contenere l'emorragia alla gamba.
    Prudence rinfoderò la pistola e si avvicinò al turian, accovacciandosi accanto a lui. La ragazza aveva gli occhi gonfi di lacrime ma la sua voce non tradiva emozioni < Non morirà più nessun tuo amico, Ignis. > disse mentre strappava entrambe le maniche della tuta per poi dividerle ancora in due e applicare gli stracci alle ferite dei turian, tamponando la fuoriuscita di sangue < Hai ragione. Io non posso capire come ti senti...i varren rabbiosi non hanno amici da cui tornare, non hanno mai nessuno da abbracciare quando tornano a casa. E' per questo che sono così pericolosi ed è per questo che sono così soli: è un cane che si morde la coda. > spiegò con un sorriso < Però c'è un vantaggio ad essere un varren rabbioso. A un varren rabbioso non servono grandi motivazione per combattere...e neanche per morire. >
    Quando ebbe finito di medicare approssimativamente i turian, Prudence raccolse le loro clip termiche e le infilò nel cinturone < La squadra di Dalio sarà qui a momenti. > disse senza guardare nessuno negli occhi < Quando arrivano, andatevene da qui. > la ragazza imboccò l'uscita < Mi sarebbe piaciuto essere tua amica. > disse voltandosi un'ultima volta verso Ignis < Mi sarebbe piaciuto abbracciarti una volta tornata a casa. >

    Senza più i Talon, la marcia di Prudence divenne sempre più veloce. Cercava di evitare per quanto possibile le pattuglie Sole Blu, riducendo al minimo gli scontri a fuoco e penetrando sempre più verso il cuore della struttura.
    La ragazza avanzava meccanicamente, evitando anche di rispondere alla voce di Sephyr che ad un certo punto, scoraggiato, smise di parlare. Prudence pensava alle parole di Ignis e più ci pensava, più capiva quanto il turian avesse ragione.
    A chi sarebbe importato se lei fosse morta?
    A Rael? Probabilmente la ragazza si era già dimenticata di che colore avesse gli occhi, concentrata com'era su Aliquis. O forse sarebbe mancata al turian? Improbabile visto che dall'inizio della storia erano sempre stati ai ferri corti. O magari ad Aslael? Quell'umano passato come un fulmine nella sua vita e ormai lontano. Le sue Consorelle? La sua famiglia?
    No. Nessuno avrebbe sentito la sua mancanza.
    Ci aveva provato questa volta ad affezionarsi; a Rael e ad Aliquis e a Ignis e...
    Eppure il risultato non era cambiato da quando affrontava le missioni con il solo scopo di portarle a termine: era ancora sola. Peggio, si sentiva ancora più sola perchè nonostante la sua buona volontà il finale era rimasto invariato: lei, la sua mazza chiodata, una pistola...e nessuno accanto.

    Svoltò l'angolo e in fondo al corridoio individuò le figure di due giganteschi Sole Blu che stanziavano di fronte a una porta corazzata.
    Non esitò un secondo a caricarli a testa bassa, incurante dei colpi di mitragliatrice che le sfrecciavano accanto. Prudence correva agile per il corridoio, a zig zag per non dare un facile bersaglio ai nemici; gli scudi e i suoi poteri biotici la proteggevano dai colpi che saltuariamente la centravano.
    Più si avvicinava, più riusciva a scorgere la preoccupazione che diventava paura negli occhi dei due Sole Blu.
    Era tutto così semplice. Essere consapevole che la propria morte non ha conseguenze se non per se stessa, le metteva le ali ai piedi.
    Se qualcuno fosse stato lì, in quel momento, a vederla mentre si batteva corpo a corpo con avversari superiori alle sue forze, a dare e a ricevere colpi, a schivare fendenti...questo qualcuno sarebbe rimasto affascinato dai suoi movimenti perfetti...questo qualcuno avrebbe ammirato il suo corpo potente e agile che poneva fine alla vita del primo avversario con un colpo di taglio della mano alla trachea, devastante, letale...questo qualcuno avrebbe applaudito quando, afferrando la testa del secondo avversario tra le sue cosce con una verticale perfetta da ginnasta, spezzava lui l'osso del collo ponendo fine al combattimento.

    Ma solo un amico avrebbe tralasciato tutta quella perfezione per accorgersi dei suoi occhi che non avevano mai smesso di piangere.


     
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    Rael Thompson

       Fazione: Nessuna
       Ruolo: Mercenaria



    Augustine vide i parametri vitali alterarsi senza una ragione apparente: la messa a terra neurale era dotata di apparecchiature mediche automatiche, proprio per evitare che le torture procurassero la morte del soggetto. Cos'era andato storto?
    "Le apparecchiature rilevano un'ostruzione delle vie respiratorie" - riuscì finalmente a decifrare uno degli scienziati, sbalordito - "Lo shock deve aver...".
    "Impossibile" - lo interruppe la Dechanel, guardando il turian negli occhi, che rispose con uno sguardo stanco ma deciso - "Le apparecchiature funzionano... Lo sta facendo da solo."
    Non esisteva un simile coraggio. Organizzazioni come Cerberus, che contava di adepti fedeli e motivati, generalmente utilizzavano capsule di veleno nei molari: indubbiamente una morte terribile, ma che aveva il pregio di non ammettere ripensamenti. Ciò che quel turian stava facendo, invece... Non poteva davvero portare a termine quell'atroce suicidio.
    Dechanel era assolutamente sicura delle sue idee, lo era sempre stata, ma la determinazione che scorgeva in quegli occhi, seppure per un istante, la fece vacillare.
    Eccome se lo avrebbe fatto.
    "Apritegli la bocca e tirategli fuori la lingua" - ordinò, ma a quelle parole Rael cominciò ad urlare come una forsennata.
    "Non azzardatevi a toccarlo!" - disse, in un misto di rabbia e amarezza - "Vi dirò io quello che volete sapere!".
    "Ignoratela" - disse Augustine, senza nemmeno guardarla. Da come aveva reagito al solo accenno di tortura, avrebbe cantato come un usignolo se avesse avuto qualcosa da dire, ed ovviamente non l'aveva.
    Ma proprio mentre uno degli scienziati, in tutta fretta, si avvicinava a Tertis per obbedire gli ordini, la testa del turian cascò in avanti. Lo scienziato si bloccò con le mani a mezz'aria e guardò interrogativamente la Dechanel che, stizzita, tornò al terminale. Soltanto allora i parametri vitali si azzerarono: aveva finto per non essere ostacolato.
    Nonostante la carenza d'ossigeno al cervello, quel turian era riuscito a ragionare fino all'ultimo, e fino all'ultimo era rimasto fermo nelle sue intenzioni. Perché era così importante per lui?
    "Lascialo, è andato" - disse Augustine, spegnendo il terminale.
    "Dottoressa, cosa facciamo?" - domandò allora un altro scienziato - "La struttura è perduta, ad eccezione dei laboratori. I soldati sono stati sbaragliati, e i restanti sono troppo feriti per riprendere il controllo".
    "Il comandante Grisham non risponde" - annunciò un altro.
    Per la prima volta nella sua vita, la Deschanel si sentì con le spalle al muro. Era una sensazione nuova, terribile ed esaltante al tempo stesso. La sua mente iniziò a correre, cercando di delineare qualcosa di vagamente simile ad un piano per riconquistare la base, ma fare i conti con i restanti Talon con un solo manipolo di uomini, per di più feriti, non era una buona idea. Anche se Aliquis era andato, così come la maggior parte degli invasori, non poteva non mettere in conto Prudence. Inoltre, schierare altri Mech sarebbe stato inutile, data l'impossibilità di riprogrammare le nano bio-termiti.
    "Trasferite tutti i file in un database esterno" - ordinò all'improvviso - "Cancellate gli accessi di rete, formattate le apparecchiature che non possiamo portare. Ce ne andiamo".
    Il nugolo di scienziati la guardava con gli occhi sgranati, e Augustine non poteva dare loro torto. Non era facile neanche per lei ammettere quella piccola sconfitta, tuttavia...
    Tuttavia non sarebbe andata come Prudence e gli altri speravano.
    Sentì Rael ridacchiare, dal suo angolo. Aveva gli occhi lucidi, ma nello sguardo era ben visibile l'euforia della vittoria.
    "Non l'avevi messa in conto, questa, so-tutto-io?" - disse Rael, sarcastica - "Credevi che i Talon fossero tutti dei buoni a nulla?".
    Lo sguardo della ragazza si indurì - "Di' la verità, non sai nemmeno perché qualcuno può spingersi a tanto. Non hai idea di che cosa significhi far parte di una squadra... e per questo perderai".
    "Ti sbagli" - rispose prontamente la Deschanel, mentre un sorriso sottile come una lama si andava allungando sul suo viso imperturbabile - "Questo è il motivo per cui voi perderete".
    Già quelle parole da sole riuscirono a far vacillare la sicurezza di Rael.
    Con una tranquillità che sembrava stonare in tutto il via vai dei dottori che si affrettavano ad eseguire gli ordini della donna, Augustine estrasse una minuscola fiala dalla tasca e si avvicinò a Rael - "Ti ha mai detto nessuno perché noi cerchiamo di mantenere in vita gli umani, quando li catturiamo?".
    "Ah, vuoi fare conversazione" - ironizzò Rael, ma intanto guardava con preoccupazione la Deschanel mentre inseriva l'ago di una siringa nel tappo della fiala per estrarne il contenuto - "Solidarietà di specie?".
    "Il nostro materiale genetico" - spiegò la Dechanel. Aveva riposto la fiala, ormai vuota, e stava raccogliendo un altro liquido da un contenitore azzurro, mescolandolo a quello già presente nella siringa - "Abbiamo una varietà genetica superiore rispetto agli alieni, con più picchi e depressioni. Siamo perfetti per gli esperimenti biologici".
    Rael avrebbe voluto rispondere qualcosa, ma la bocca le si era fatta arida; Augustine fece uscire l'aria dalla siringa e la avvicinò al collo della ragazza.
    "Grazie al sacrificio di una cinquantina di esseri umani, e un po' grazie anche a te, ho messo a punto qualcosa di davvero speciale" - continuò la Deschanel - "L'idea iniziale era un virus per i turian, ma poi ho pensato: perché limitarsi ad ucciderli, se possiamo sfruttarli?".
    Rael sentì l'ago penetrare nel collo e si sforzò di non urlare.
    "Il virus che ti sto iniettando non ti ucciderà" - disse, come se la cosa riuscisse a tranquillizzarla - "ma amplificherà in maniera esponenziale il tuo istinto di autoconservazione e l'impulso alla violenza, inibendo contemporaneamente ogni stimolo sociale ed emotivo. A questa sostanza ho aggiunto una speciale droga, ancora in fase di sperimentazione, a base di eezo: non che mi aspetti che tu sia in grado di controllare i poteri biotici, ma se non altro ti garantirà maggiore resistenza e forza fisica".
    Appena pochi secondi dopo, Rael cominciò a fremere. Era come se le fosse stato iniettato del fuoco liquido, lo sentiva farsi strada nelle sue vene come un dolorosissimo incendio.
    "Ci sono solo due modi in cui questa faccenda può finire" - concluse Augustine, gettando a terra la siringa, trionfante - "O i tuoi compagni ti uccideranno, oppure sarai tu ad uccidere loro".

    Quando Kevius riaprì gli occhi, era quasi certo di aver sentito la voce di Aliquis parlare. Doveva essere stato in sogno.
    Fece per alzarsi, e immediatamente il braccio protestò: bastò un'occhiata per rendersi conto della grossa scheggia di metallo conficcata nel muscolo. Solo allora ricordò il motivo per cui aveva perso i sensi: inaspettatamente, un'ultima ondata, seppure scarna, di Sole Blu l'aveva sorpreso da solo, e Kevius non aveva avuto idea di migliore di lanciare un paio di granate per far piazza pulita, ma era stato travolto dall'esplosione.
    Controllò con lo sguardo che non vi fossero superstiti, dopodiché si issò a sedere e ponderò l'idea di lasciare il frammento di metallo lì dov'era, quando il suo factotum si illuminò.
    Ignis. Gli spiriti siano lodati.
    "Lode agli spiriti, capo, sei ancora vivo!" - sospirò il turian. La sua voce suonò stanca e dolorante.
    "Morire sarebbe controproducente, in una situazione del genere" - fece Kevius, scherzandoci su. Ridere gli faceva dolere il fianco.
    Ignis, però, non rise - "Capo" - mormorò - "Seiana... è morta".
    Kevius chiuse gli occhi e stette in silenzio. Lo sapeva, lo aveva intuito già da un po', ma sentirlo dire con tutta quella certezza era destabilizzante.
    Fortunatamente, Ignis comprese e si affrettò a continuare - "Siamo rimasti in pochi, ma siamo vivi. Anche Dalio lo è, l'ho visto poco fa, ma non poteva stare al nostro passo".
    Finalmente una bella notizia, pensò Kevius sollevato - "Dove siete adesso?".
    "Beh... è piuttosto imbarazzante".
    "Eh?".
    "Siamo in una stanza dei laboratori, ma... ecco, Prudence ha deciso di andare avanti da sola così... beh...".
    "Per gli spiriti, Ignis, parla!".
    "Ci ha sparato alla gamba" - disse il turian tutto d'un fiato -"Mi dispiace... temo sia colpa mia se...".
    "Ma come le è saltato in mente!?" - inveì Kevius, trovando tutta d'un tratto la forza necessaria ad alzarsi in piedi. Non andava affatto bene - "Avete dei medi-gel?".
    "Siamo fuori pericolo, capo".
    "D'accordo, allora contatta Dalio e se si è rimesso, digli di raggiungere al più presto me e Prudence ai laboratori principali. Forse a lui darà più ascolto".
    Senza attendere una risposta dal suo sottoposto, Kevius chiuse la comunicazione e in un solo furioso gesto estrasse il pezzo di metallo dal braccio. Raccolse il fucile di precisione con il braccio ben funzionante e cominciò a correre verso il centro della struttura.

    La stanza in cui Prudence entrò era buia e sgombra, fatta eccezione per apparecchiature mediche e super computer che gli scienziati erano stati costretti a lasciare indietro. Il pavimento era cosparso di fogli e di provette vuote, che brillavano nella penombra.
    Nessuna traccia della Dechanel, né dei suoi tirapiedi. Nessuna traccia nemmeno di Rael o Tertis.
    "Ero pronta a scommettere che saresti giunta qui, Satanister" - esordì ad un tratto la voce inconfondibile della Deschanel - "Tu per prima, su tutti, non hai nulla da perdere".
    La scienziata, a quel punto, entrò nel raggio visivo della suora: era nello stanzino adibito alle osservazioni, leggermente più in alto e protetta da un vetro infrangibile, e guardava dall'alto in basso la sua nuova ospite, fremente di emozione.
    Gli scienziati se l'erano data a gambe portando con loro i preziosissimi dati, ma quando era stato il suo turno di uscire, non ce l'aveva fatta. La sua creazione, la sua più grande invenzione, che avrebbe venduto per milioni e milioni di crediti a tutti gli eserciti della galassia, stava per dare la sua prima prova concreta sul campo, e lei non poteva perdersi uno spettacolo simile.
    "So che stai fremendo all'idea di mettermi le mani addosso, ma io ti consiglio di restare immobile e di ascoltarmi" - continuò Augustine. Sentiva le labbra tremare dall'eccitazione e, intanto, Prudence poteva già scorgere, con la coda dell'occhio, un barbaglio all'angolo più buio della stanza.
    Due occhi azzurri, che avrebbe potuto riconoscere se non fosse stato per la selvaggia smania omicida che li animava.
    "Hai due possibilità: prendere ciò che resta dei Talon e andartene, oppure farmi un bel regalo e restare qui a testare in prima persona la mia creazione" - spiegò la Deschanel, senza più riuscire a trattenere un sorriso - "Se ti conosco come penso, non sarà una scelta difficile. Dopotutto, cosa devi, di preciso, a queste persone? Cosa hanno fatto per te? Ti senti meno sola, grazie a loro?".
    Gli occhi azzurri e gelidi nel buio si mossero.
    "Affrontala, Prudence" - la incitò la Deschanel, mentre Rael emergeva dall'ombra e si scagliava contro la suora - "I legami sono per i deboli, non per le persone forti come me e te. Uccidila!".

     
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    Aliquis Varian

       Fazione: Sconosciuta
       Ruolo: Agente Segreto

    Era paralizzato. Il suo corpo non muoveva un muscolo, così come il suo volto, pietrificato in una espressione agghiacciata. Aveva raggiunto Prudence pochi minuti dopo, e l'aveva trovata mentre cercava in tutti i modi di divincolarsi dall'attacco di Rael senza farle del male. Ali sapeva che sarebbe dovuto intervenire, ma vedere quegli occhi che tanto amava iniettati di sangue... Non era una cosa facile da superare. Eppure si rese conto che doveva fare qualcosa. Dovevano portarla via da lì e trovare un modo per farla tornare in sè... Solo una persona poteva saperlo.
    La donna stava in una posizione leggermente più elevata della stanza, coperta da una lastra di vetro, ma non c'era barriera che potesse fermarlo in quel momento, non dopo ciò che aveva visto, non dopo quella rabbia.
    "Prudence, riesci a tenerla occupata?" Chiese stringendo forte il pugno destro "Ho dei conti da regolare."
    Il Turian non aspettò nemmeno che la compagna rispondesse, che il pugno stretto si illuminò di azzurro e ne partì un'ondata biotica. Il vetro avrebbe dovuto essere infrangibile, ma nulla lo è davvero. Con la giusta forza qualsiasi cosa si rompe, e mentre le sue gambe e le sue ossa ignoravano il dolore correndo verso la Deschanel, non potè non chiedersi quanta forza fosse necessaria per rompere un corpo umano... Ma era sicuro che l'avrebbe scoperto di lì a poco.
    Raggiunse la finestra della scienziata e notò che dall'altro lato c'era una porta, che però aveva il pannello rosso a simboleggiare che fosse chiusa. Che la donna tramasse qualcosa o meno non gli importava. Avrebbe sofferto, in un modo o nell'altro. Illuminò nuovamente il suo pugno di energia biotica, ma quella volta anzichè lanciare un'onda avrebbe preso a pugni il vetro fino a farlo cadere... Ma non appena la sua mano entrò in contatto con il vetro, questo rilasciò una scarica elettrica che sbalzò il Turian all'indietro. L'ultima cosa che sentì era la risata psicopatica della francese.


    Una sola borsa era il bagaglio di Ali, perchè tutto ciò di cui aveva realmente bisogno l'avrebbe perso nel giro di un'ora.
    "Sai cosa stavo pensando, Ali?" chiese Tavea, mentre dal ponte del Presidium si godevano la vista dei giardini e del fiume artificiale che scorreva sotto di loro.
    "No, cosa?"
    "Che ho sempre voluto vedere il mare."
    "Non l'hai mai visto?"
    "Sono nata su una colonia in mezzo al deserto, lo sai."
    "Sì, ma... Che ne è delle missioni? Non ne hai mai fatte in posti vicini al mare?"
    "Beh sì ma... Non è la stessa cosa."
    "Sai che ti dico? Quando ci rivedremo tu non vedrai il mare. Tu lo vivrai. Tu, io... Ed il nostro bambino" concluse lui, mentre con la mano accarezzava il ventre della sua dolce metà.



    "Ali! Aliquis!" La voce di Prudence lo risvegliò pochi attimi dopo. La donna stava ancora tenendo a bada Rael, mentre la Deschanel continuava a godersi lo spettacolo ridacchiando.
    "Stronza, vedremo chi riderà per ultimo!" esclamò lui, ancor più furioso. Quella volta era preparato alla reazione del vetro protettivo, così anzichè i pugni illuminò l'intero corpo di energia biotica, che attutì leggermente la corrente.
    Sferrò pugni, calci, gomitate, caricò con tutto il corpo contro il vetro, il tutto aiutato dalla potenza biotica. Finalmente dopo un po' cominciarono a spuntare le prime crepe, ed il Turian sfruttò quella più visibile come punto di frattura: un ultimo pugno assestato ed il vetro cadde in mille pezzi.
    Le sue mani erano piene di tagli e schegge, grondavano sangue ed in alcuni punti l'elettricità le aveva pure bruciacchiate. Era sfinito, ma aveva ancora abbastanza forza per fargliela pagare... Se non avesse udito un rumore alle spalle. La francese cominciò a sorridere divertita, perchè il suo piano era appena giunto al successo. Ali non ebbe neanche il tempo di voltarsi, che un colpo forte alla testa lo mandò a terra e, in pochi attimi, Rael gli fu addosso. La donna cominciò a colpire, a graffiare, ad urlargli addosso, come se fosse una belva che ha appena trovato la sua preda... Un po' come i Turian preistorici.
    "P-Puttana, cosa le hai fatto?" Esclamò piangendo, mentre cercava in tutti i modi di divincolarsi dalla furia di Rael, ma la Deschanel era già andata.
    "Pru... Corri a prenderla."
    Aliquis sapeva che se l'amica non l'avesse aiutato, per lui sarebbe stata la fine. Era ferito, era debole, era stanco ed era emotivamente stressato. Ma il suo animo desiderava vendetta, non salvezza.

     
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    Prudence Judicael

       Fazione: Ordine delle Quattro Virtù
       Ruolo: Adepta


    "I legami non sono fatti per le persone forti come noi."
    Quella frase della Deschanell continuava a rimbombarle nella testa mentre teneva a bada gli attacchi di Rael. La ragazza sembrava regredita a uno stadio ferale: era ringhiante, violenta e anche la sua forza sembrava essere aumentata esponenzialmente. Più volte Prudence fu colpita e i colpi ricevuti non erano proprio carezze.
    Nonostante la furia di Rael, non le sarebbe stato difficile ucciderla: le bastava afferrare la testa di Rael e girarla con uno scatto verso destra o verso sinistra per romperle l'osso del collo oppure, serrare il suo collo nella presa di avambraccio e braccio e stringere abbastanza a lungo fino a soffocarla...con la sua forza, il suo fisico sarebbe stato semplice sopraffare la sua amica.
    Era così semplice uccidere. Era sempre stato semplice uccidere e, in fondo, non doveva proprio nulla né a Rael né ad Aliquis; quante persone aveva ucciso dall'inizio di quella storia? Abbastanza da avere perso il conto quindi, che differenza avrebbe fatto una in più o una in meno?
    Forse, l'unica differenza, stava nel fatto che, contravvenendo alle regole che si era da sempre imposta, si era affezionata all'avversaria che stava affrontando.
    Rael era quanto di più simile ad un'amica avesse avuto da quando aveva memoria. Avevano condiviso il campo di battaglia, le aveva raccontato parte del suo passato, giù alla Tana del Ciclope mentre le stringeva la mano, calda e vellutata; con lei si era aperta come mai aveva fatto prima.
    "I legami non sono fatti per le persone forti come noi."
    Prudence si chiedeva se lei fosse mai stata una persona forte. Era una caparbia guerriera, era un'indomita lottatrice, aveva un coraggio sproporzionato...tutte maschere che indossava per nascondere la sua fragilità. Quante lacrime nascoste aveva versato a causa della sua emotività, quanti magoni aveva inghiottito dall'inizio di tutto quello?
    No, non era come la Deschanell. Nonostante Rael e Aliquis e Ignis l'avessero ferita, fatta sentire a tratti inadeguata lei non era come la Deschanell e per questo motivo non avrebbe potuto uccidere Rael.

    L'arrivo di Aliquis non riuscì a portare i benefici che aveva sperato. Il turian si gettò a testa bassa contro la dottoressa, invano e tutto quel suo agitarsi, attirò l'attenzione di Rael che lo prese come bersaglio della propria furia. Prudence assisteva inebetita alla rabbia con cui Rael infieriva su Aliquis e quando il turian quasi le ordinò di inseguire la Deschanell improvvisamente ricordò le parole di Ignis.
    No.
    Quel giorno non sarebbe più morto nessun suo amico...tanto meno Rael o Aliquis. < DESCHANELL!!! > urlò rivolta alla donna che stava per lasciare la stanza < TE NE VAI SENZA GUARDARE IL GRAN FINALE??? > la incalzò mentre quella si fermava. < GUARDA!! VOLEVI UNA LOTTA TRA ME E LEI? SATANISTER CONTRO IL TUO CAPOLAVORO? L'AVRAI!!!! >

    Con uno scatto, afferrò Rael per la vita e la staccò di forza da Aliquis, gettandola quasi all'altro capo della stanza. Rael si alzò come una furia, puntando di nuovo Aliquis ma Prudence si frappose ai due < COMBATTI CON ME! > urlò in faccia a Rael schiaffeggiandola. < AVANTI!!! COLPISCIMI!!!! >
    E Rael colpì. Colpì ripetutamente con tutto ciò che aveva. Calci. Pugni. Morsi. Graffi.
    Prudence le stava di fronte con la guardia abbassata senza neanche tentare di reagire. Un colpo dopo l'altro, incassava in silenzio senza mai smettere di sorridere.

    “Sai, Prudence?” disse la voce di Sephyr mentre la ragazza continuava a subire senza reagire “Mi ricordi uno sketch di tanto tempo fa di un comico italiano…quello di ‘Pasquale’, lo conosci? No? Dunque, ci sono due amici che si incontrano al bar. Uno dei due ha una faccia gonfia così…è conciato da fare paura! Al che l’amico gli chiede:
    ‘Ma cosa ti è successo?’
    E l’altro dice:
    ‘La vuoi sapere una cosa buffa? Ieri ho incontrato un tale…un tipo grande e grosso che mi viene incontro e mi fa Pasquale! Brutto mascalzone! E PAM! Mi appioppa uno sganassone tremendo. Io sto fermo e zitto e penso Chissà questo dove vuole arrivare e lui PAF! Me ne molla un altro che mi fa vedere le stelle mentre dice Pasquale, disgraziato!
    ‘Accidenti!’ dice l’amico ‘E tu che hai fatto?’
    ‘Io? Niente perché tra me e me pensavo Chissà questo dove vuole arrivare e lui PUM un pugno sui denti e poi un altro e nel frattempo continua a gridare Pasquale disgraziato! Io ti ammazzo!
    L’amico è esterrefatto e dice ‘Ma insomma, sei stato lì e non hai fatto nulla?’
    ‘No’ risponde tranquillo il signore ‘Non ho fatto niente, continuavo a ripetermi Chissà questo dove vuole andare a parare’
    L’amico che ha ascoltato sempre più incredulo il racconto ad un tratto sbotta ‘Non è possibile! Ti sei lasciato massacrare senza fare nulla! Oltretutto all’inizio hai detto che era una cosa buffa! Dov’è la cosa buffa?’
    E il tipo con la faccia gonfia scoppia a ridere…”

    < Ah!Ah!Ah! > cominciò a ridere Prudence che ormai si manteneva a stento in piedi, con il volto gonfio e sanguinante.
    “L’amico a questo punto è completamente sconvolto e grida…”
    < Cosa c’è di tanto buffo? Perché diavolo ridi? > sbottò la Deschanell che aveva assistito, al sicuro del vetro infrangibile tutta la scena.
    “E il tipo con la faccia gonfia gli fa ‘Sai perché rido? Perché io…’ “
    < Io…non… > disse Prudence in un sussurro sempre ridendo < …io non sono Pasquale! >

    Prudence si aspettava di ricevere un nuovo colpo da parte di Rael ma i secondi passavano e il pugno non arrivava.
    A fatica, la suora si mise a sedere e fissò la ragazza che le stava di fronte con i pugni serrati lungo le gambe, la mascella stretta in una smorfia di rabbia ma i suoi occhi non fissavano più Prudence…essi miravano, con le loro scintille, alla figura della Deschanell.


     
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    Rael Thompson

       Fazione: Nessuna
       Ruolo: Mercenaria



    Rosso.
    Ogni sagoma, ogni forma che rientrava nel suo campo visivo veniva distorta e imbruttita da una tonalità rosso accecante, che faceva scattare qualcosa di primordiale e indomabile nel suo cervello. Il suo corpo si muoveva prima ancora del suo pensiero che, sebbene confuso, era ancora in parte presente, anche se relegato in una parte remota della sua mente, ridotto a poco più di un'eco.
    I corpi che aggrediva non avevano volto. Tutto quello che sentiva (tutto quello che era sufficiente sentisse) era il loro calore, il loro sangue che continuava a scorrere nelle vene, il loro essere in vita che percepiva istintivamente come un pericolo costante alla sua incolumità. Nelle orecchie, un ronzio costante, che la portava a tenere i nervi in continua tensione.
    Avvertiva l'odore dell'adrenalina, raggiungeva la preda e tentava di dilaniarla con tutto ciò che aveva; i colpi subiti non erano che percosse prive di dolore.
    Fermati!
    L'eco nella testa fu appena un sussurro coperto dall'inarrestabile ronzio che le dava una voglia incredibile di strapparsi via le orecchie. Le sue mani continuarono a cercare senza posa qualcosa da graffiare, ghermire e uccidere.
    Fermati!
    Le sue dita si strisero attorno a qualcosa, su cui si avventò subito con un morso.
    Ferma...!
    Nella sagoma intrappolata sotto le sue mani, finalmente i suoi occhi riuscirono a distinguere qualcosa.
    L'istinto vedeva una vena più grossa delle altre pulsare sotto la spessa pelle in quel punto, una zona perfetta da colpire... Ma gli occhi della coscienza, debole ma ancora presente, riconobbero il collo di un turian, appena sotto le mandibole. Dove....

    "Ti sei mai accorta che Sauro ha una sorta di "tic"?".
    Gli occhi di Rael, che apparivano enormi sul volto da bambina, si fecero più grandi - "Intendi quel suo vizio di toccarsi sotto le orecchie?".
    Il padre sembrò sorpreso da quelle parole, ma subito dopo annuì con un sorriso divertito - "Esatto, esatto!". Poi, come se si sentisse a disagio, si grattò una tempia - "Non credevo te ne fossi accorta. Hai un buono spirito d'osservazione".
    Ogni qualvolta Rael riceveva un complimento da parte di suo padre, non poteva fare a meno di gonfiare il petto d'orgoglio, e così fece anche quella volta.
    "Beh, tende a toccare quel punto perché tempo fa si procurò una ferita proprio lì. Gli sfiorarono per pochi centimetri una vena importante" - spiegò l'uomo alla bambina, che si coprì la bocca con le mani in un sussulto - "Mi spiegò che non era perché sentisse dolore o altro; è passato molto tempo e gli è rimasta appena una cicatrice. Ma all'epoca, il fatto di aver sfiorato la morte per così poco gli aveva messo una strizza del diav... Voglio dire, l'aveva spaventato, e continuava a toccarsi perché in alcuni casi gli sembrava di sentire il sangue uscire a fiotti. Ovviamente era solo frutto della sua immaginazione, ma quel gesto l'ha ripetuto tante di quelle volte che adesso non può fare a meno di ripeterlo, quando è sovrappensiero".
    A quel punto, Rael sembrò aver capito qualcosa di importante, perché il suo volto si illuminò -"Ho capito!" - esclamò - "E' questo il trucchetto per riconoscere Sauro!"


    La mano di Rael si bloccò a pochi centimetri dal collo di Aliquis, tremante, e gli occhi della ragazza si spalancarono proprio come quel giorno in cui era riuscita a realizzare il modo infallibile per riconoscere il suo turian preferito.
    Non era Sauro. Non poteva trattarsi di lui perché... perché gli era capitato qualcosa che non ricordava. No, quel turian era... era...
    D'un tratto si sentì strattonare via e, con quel gesto improvviso, anche il breve barlume di lucidità si dileguò.

    Lo spettacolo era anche meglio di quello che si era aspettata. Il suo prototipo si era avventato su entrambi i compagni senza remore e, nonostante Prudence si fosse ben guardata dal ferirla in modo grave, aveva dimostrato una resistenza maggiore di quanto aveva previsto. A rendere il quadro più godibile era poi giunto Aliquis, che si era spinto ben oltre le aspettative della Deschanel, riuscendo a rompere il vetro che la proteggeva, per poi cadere come uno sciocco sotto i colpi incontrollabili di Rael. Per quanto amasse godere delle sue vittorie, Augustine sapeva di non poter tirare ulteriormente la corda, perciò si costrinse a voltare le spalle e a dirigersi verso l'uscita.
    "Deschanel!" - sentì urlare alle sue spalle - "Te ne vai senza guardare il finale??".
    Sapeva bene che quella poteva essere una trappola. Oh, eccome se lo sapeva. Ma se c'era un difetto che tormentava tutti coloro che, come lei, dedicavano la vita alla scienza, era che in circostanze come quella, il fascino andava oltre il mero spirito di sopravvivenza.
    Era la sua creazione. Il suo capolavoro.
    Minuti dopo, si sarebbe trovata a pensare a come quel suo ultimo sguardo indietro l'avesse condannata come la moglie di Lot che si ferma a guardare un'ultima volta Sodoma bruciare, ma in quel momento non ubbidì che al suo istinto.
    Era talmente abbagliata da ciò a cui aveva dato vita, che a malapena si accorse che Prudence non opponeva alcuna resistenza, ma ad un certo punto non poté ignorare la risata che scaturì dalle labbra della donna.
    "Cosa c'è di tanto buffo? Perchè diavolo ridi?" - esclamò, sentendosi improvvisamente stranita. Qualcosa le stava sfuggendo e, di solito, non capitava. No, in realtà non capitava mai.
    Che cosa...?
    Come in un incubo, gli occhi grigi della Deschanel si spostarono e incrociarono gli occhi del suo prototipo.
    Occhi da predatore.
    E la preda, questa volta, era lei.
    La paura non la immobilizzò e, prima ancora che Rael partisse, velocissima, nella sua direzione, Augustine estrasse la pistola e sparò tre colpi nella sua direzione.
    Uno di questi la mancò, il secondo le disegnò un lungo graffio sul viso, ma il terzo puntava dritto al cuore. Rael poteva essere preziosa, ma non più preziosa della mente stessa che aveva dato origine a quel nuovo prototipo di soldato. Il proiettile avrebbe trapassato la tuta senza problemi e l'avrebbe uccisa sul colpo... se solo l'avesse toccata. Cosa che non accadde. A proteggere Rael si levò improvvisamente uno scudo biotico talmente potente che il proiettile non riuscì nemmeno a sbilanciarla.
    Augustine non poteva credere ai suoi occhi: era come se, minuto dopo minuto, le capacità del prototipo si andavano amplificando e perfezionando. Era il guerriero perfetto.
    Ebbe appena il tempo di inorgoglirsi ancora una volta per la sua creazione, dopodiché fu colpita da un pugno talmente forte da sbalzarla fuori dalla stanza, oltre la porta che aveva aperto per darsela a gambe.
    Rotolò dolorosamente nell'anticamera buia e polverosa, dal forte odore di chiuso, che utilizzavano spesso come magazzino improvvisato. Era atterrata sul braccio destro, che si era spezzato all'istante, e il fianco ricevette un urto talmente forte da lasciarla senza fiato per pochi istanti che sembrarono ore.
    Senza aspettare che il dolore si placasse, strisciò velocemente dietro una scrivania, dove si nascose e cercò di recuperare il fiato.
    Non aveva più gli occhiali, sbalzati via dall'urto, né la pistola, sgusciata via dalla sua stretta quando il braccio si era fratturato; i lunghi capelli neri, che di solito aveva raccolti in un impeccabile chignon, le ricadevano disordinatamente sulle spalle e sul volto che mai prima di allora era apparso tanto stravolto. Il cuore le rimbombava nel petto come un forsennato.
    Calma. Calma. Ricordati che può sentire la tua adrenalina.
    Ignorando il dolore che le artigliava tutta la parte destra del corpo, la Deschanel aprì con il braccio buono il cassetto della scrivania e ne estrasse una siringa, dopodiché cercò nervosamente nelle tasche la sua scorta di sedativi in confezioni infrangibili. Una delle tre, nonostante la nomea, si era rotta, ma le altre due erano intatte. Fece per estrarne il contenuto con la siringa, ma si accorse le anche il braccio ancora funzionante era percorso da brividi incontrollabili.
    "Andiamo, cazzo!" - esclamò, sentendo sciogliersi un magone. No, non si sarebbe messa a piagnucolare. Non come quella stupida Satanister capace di farsi quasi ammazzare da una ragazzina per sciocco scrupolo morale.
    Finalmente riuscì a raccogliere il liquido nella siringa, e proprio in quel momento in cui si accorse della presenza di Rael nella stanza. Stava aspirando profondamente dal naso, come un segugio che seguiva una scia di odore ben definita. L'avrebbe trovata, era questione di pochi...
    La scrivania si sollevò dal pavimento e fece un volo tremendo, andando a schiantarsi contro la parete di fronte, lasciando la Deschanel priva di qualunque copertura. Si chiese per un attimo come doveva sembrare, rannicchiata e dolorante, agli occhi feroci di Rael, ma neanche quella volta ci fu tempo per troppe elucubrazioni.
    Rael la afferrò per la gola fino a sollevarla da terra, talmente concentrata nel suo istinto omicida da non dare assolutamente peso all'ago che Deschanel le infilzò nel collo.
    La ragazzina non mostrò alcun cedimento, ma continuò a tenere le dita ben salde attorno al collo di Augustine, impedendole di respirare. Per pochi secondi, la dottoressa attese che il sedativo facesse effetto, ma quando la mancanza d'aria divenne insostenibile, le sue unghie iniziarono ad artigliare inutilmente il braccio teso di Rael. Sentiva ogni istante passare credendo con orrore sempre crescente che sarebbe stato l'ultimo, e le fu quasi inevitabile pensare al turian che da solo si era tolto la vita in quella maniera così atroce.
    Sarebbe stato quello il suo ultimo pensiero? Davvero ironico...
    I sensi stavano per abbandonarla quando all'improvviso Rael non sembrò più in grado di reggersi in piedi. La mano abbandonò la presa, lasciando cadere la Deschanel, e le palpebre sembrarono farsi così pesanti da non essere in grado di tenerle aperte. Cercò di tenersi in equilibrio per un po', poi cadde in avanti, travolgendo la dottoressa che respirava a grandi boccate. Se la scrollò di dosso con un gesto stizzito e insieme liberatorio, e provò a rimettersi in piedi, ma una caviglia cedette regalandole un'altra violenta botta al suolo: non si era accorta di essersela slogata.
    "Maledizione!" - urlò, con il poco fiato che aveva recuperato. Doveva assolutamente uscire fuori da lì.
    Riprovò ad alzarsi, stavolta con più cautela, e riuscì a reggersi tenendosi ad una cassa. Iniziò a zoppicare verso l'uscita, ed ebbe quasi voglia di sorridere, ma un'istante dopo un colpo la raggiunse al polpaccio, trapassandole la gamba da parte a parte.
    Crollò per l'ennesima volta a terra con un grido che le svuotò i polmoni.
    "E tu..." - esordì, voltatasi a guardare il suo nuovo carnefice, un turian leggermente più robusto di Aliquis - "...chi diavolo sei?!".
    L'altro abbassò il fucile di precisione con cui l'aveva colpita, e si avvicinò a Rael, per accertarsi che fosse ancora in vita.
    "Non ti conviene farmi fuori" - continuava la Deschanel, che ormai non era più in grado di vedere vie di scampo - "Solo io so come far tornare normale la ragazzina. Se mi uccidi...".
    "Non mi interessa vederti morta" - la interruppe il turian, con voce profonda e cupa - "La morte è per gli eroi. Ma tu... Stai pur certa che avrai ciò che ti meriti".

    Aveva raggiunto i laboratori quando la lotta tra Prudence e Rael si era appena conclusa, ed era corso a soccorrere i compagni cercando nel frattempo una spiegazione per il comportamento instabile di Rael. Quando la situazione si era fatta più chiara, aveva imposto a Prudence e Aliquis, ridotti piuttosto male, di aspettarlo lì.
    Così Kevius era arrivato appena in tempo per distruggere le flebili speranze di fuga della Deschanel, e ne era sinceramente contento. Per colpa sua, molti dei Talon erano morti. Per colpa sua, Tertis aveva fatto chissà quale fine. Per colpa sua, Seiana non c'era più.
    Tutto per colpa sua.
    Ogni sguardo che quella diabolica donna gli rivolgeva aveva l'effetto di un pugno allo stomaco. Avrebbe voluto fracassarle quell'espressione odiosa con il calcio del fucile, fino a renderla irriconoscibile, ma c'erano altri piani che aveva intenzione di rispettare.
    Una volta appurato che Rael era ancora in vita, Kevius raggiunse la donna. La sua espressione era dura e sfacciata, ma i suoi occhi stavano annegando nel terrore.
    "Tu prova a sfiorarmi e io ti giuro che...!".
    Kevius la afferrò per i capelli e la trascinò lungo lo stanzino, godendosi le urla di protesta e dolore della donna, che cercava inutilmente di divincolarsi.
    "Ti stai giocando la mia collaborazione, stupido decerebrato!" - strepitava la Deschanel - "Lasciami andare, o giuro che vi farò sbranare dalla vostra amichetta! Solo io posso portarla indietro!".
    Ma Kevius la lasciò soltanto quando raggiunse Prudence e Aliquis. Ormai la Dechanel aveva un aspetto decisamente meno posato rispetto al loro primo incontro, ma nei suoi occhi vi era ancora un briciolo di crudele soddisfazione nel vedere i volti tumefatti dei due.
    Ridacchiò, come se fosse sul punto di perdere la testa - "Aliquis, questo non riporterà indietro il tuo stupido amico krogan...".
    "Inizia a tenere la bocca chiusa" - la avvertì Kevius, senza limitarsi alle parole ma schiacciandole la testa al suolo con un piede. Poi si rivolse ad Aliquis - "Rael è svenuta, ma è probabile che sia ancora preda di quel virus".
    "Lo è, eccome!" - sbottò la Deschanel, fregandosene delle direttive di Kevius. In compenso, si guadagnò un calcio nello stomaco sufficiente a chiuderle la bocca per un po'.
    "Io... non sono intelligente come Tertis" - affermò Kevius, sentendo le lacrime pizzicarle gli angoli degli occhi. Ma non avrebbe pianto - "E non ho nemmeno il sangue freddo di Seiana. Ecco perché non avrei mai potuto fare quello che loro hanno fatto. Ma li ho sempre ascoltati, cercando di imparare quanto più possibile delle loro abilità. Ed è per questo che so... so come guarire Rael".
    La Dechanel rise, sputando un po' di sangue - "Non essere stupido... ".
    "E' nel tuo sangue, no?" - continuò il turian, e quelle parole bastarono a far cambiare l'espressione della dottoressa - "La cura. Qualunque scienziato sano di mente, che ha a che fare con virus letali, si protegge da ogni rischio iniettandosi qualcosa in grado di prevenire qualunque infezione".
    La Dechanel non rispose, non con la voce: i suoi occhi erano più cristallini di qualunque altra cosa.
    Kevius diceva il vero.

     
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    Aliquis Varian

       Fazione: Sconosciuta
       Ruolo: Agente Segreto

    Sotto quella furia, quello spirito animale, dentro quel corpo pilotato solo da istinti primordiali... C'era ancora qualcosa. L'aveva visto, Aliquis, proprio mentre quegli occhi pieni di sangue lo guardavano così da vicino. Nonostante il corpo di Rael cercasse di dilaniargli la carne, nonostante Ali cercasse un modo per sopravvivere, quella connessione significava che qualcosa poteva essere salvato. A quel punto si pentì di aver fatto quella richiesta a Prudence. No, lui doveva sopravvivere per assisterla al suo ritorno... Non avrebbe commesso lo stesso errore della sua gioventù.
    Fortunatamente Prudence non ascoltò la sua richiesta e tirò via la ragazza, che improvvisamente si voltò verso la Deschanel. Il vetro era in pezzi, quindi forse la bestia riusciva a sentire l'odore della sua aguzzina, ed aveva deciso di fargliela pagare. Era chiaro che non fosse il caso di impedirglielo, ma nonostante questo Rael correva un grosso rischio: la scienziata era armata, e chissà quali altri stratagemmi avrebbe usato pur di farla franca.
    Proprio come aveva immaginato, la donna estrasse la pistola e da essa ne partirono tre colpi, che però vennero deviati da una barriera biotica, dopodichè con una potenza inumana Rael scagliò via la dottoressa al di là della porta, fuori dal loro raggio visivo.
    Ali fece per alzarsi da terra, ma mentre era su un ginocchio, una mano con tre dita gli toccò la spalla e lo fece sussultare. D'istinto la sua mano andò sulla pistola, ma con la coda dell'occhio si rese conto che era Kevius.
    "Kevius, pensavo fossi morto."
    Il comandante rise. "Ti sembro una mezza calzetta come te? Piuttosto, cos'è successo qui?"
    Aliquis indicò con la testa verso il vetro rotto, e Kevius annuì.
    "Prudence" il Turian posò una mano sulla spalla della donna "Grazie per avermi salvato la vita. Ero sicuro che per Rael fosse finita, esigevo vendetta. Ma mentre eravamo per terra, così vicini... Tornerà, Pru. Dobbiamo esserci entrambi quando accadrà."

    Pochi istanti dopo, dall'altra stanza, si sentì uno sparo. Era il rumore di un'arma di grosso calibro, non poteva essere la pistola della dottoressa, ma Aliquis non potè fare a meno di preoccuparsi. Si avvicinò all'ingresso, dal quale ne uscì Kevius che stava tirando la scienziata per i capelli.
    "Kevius... Sempre il solito gentiluomo" pensò sorridendo. La donna doveva averlo visto mentre lo faceva, così pensò bene di cancellargli quel sorriso.
    "Aliquis, questo non riporterà indietro il tuo stupido amico krogan..." disse lei, prima che la sua testa venisse schiacciata dal piede di Kevius.
    "Hai ragione" si mise su un ginocchio e si chinò per poterla guardare negli occhi "Godi di quella vittoria finchè puoi, perchè non ne avrai altre. Non credere che tutto ciò finirà bene per te, no no. Ti tortureremo, ti caveremo qualsiasi informazione, pregherai per la tua vita. E dopo che ci avrai dato tutto, mi prenderò anche quella... Personalmente."
    Kevius sembrò impressionato dalla reazione dell'amico, e quasi come per non dar possibilità alla donna di controbattere, decise di cambiare argomento. Il Turian spiegò alla squadra che Rael era ancora viva, ma che sicuramente era ancora in preda al virus, al che la Deschanel non perse l'occasione di mostrarsi fiera della sua creazione, nonostante Kevius gliel'avesse quasi fatto rimpiangere con un calcio allo stomaco... La vera botta per la donna fu scoprire che il Turian avesse capito perfettamente come curare Rael.
    "Vedo che il gatto ti ha morso la lingua, stronza. A quanto pare avremo una cura, che ti piaccia o no. Ho una buona ed una cattiva notizia: la buona è che il trattamento non includerà siringhe." Disse Aliquis accarezzando i capelli neri della Deschanel, mentre gli occhi della donna lo fissavano. Aveva capito.
    "La cattiva notizia è che farà male."

     
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    Banshee

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    Prudence Judicael

       Fazione: Ordine delle Quattro Virtù
       Ruolo: Adepta


    "Provo...rabbia, Sephyr." pensò Prudence osservando la Deschanell inerme nelle loro mani "Quella donna è l'incarnazione del male. Come possono esistere persone come lei?"
    "Non sono mai riuscito a spiegarmelo. Non ho mai capito se nascono così o è la vita a traformarle."
    "Non importa." concluse lapidaria Prudence avvicinandosi alla dottoressa che, dolorante, era alla loro completa mercè "Questa donna pagherà. Tutto."
    Prudence faticava ancora a reggersi in piedi e il dolore lancinante proveniente dal fianco sinistro ogni volta che respirava, era un chiaro segnale che almeno due costole erano incrinate o peggio, rotte.
    "Vuoi torturarla, Prudence?" domandò Sephyr intuendo le intenzioni della ragazza "Credi che ti farà sentire meglio? "
    "Ne sono sicura." replicò semplicemente la suora mentre allontanava Aliquis dalla Deschanell.

    < Non potete torturarla! > disse Prudence puntando la pistola contro i due turian.
    < Non possiamo? > sbottò Kevius muovendosi verso Prudence ma il suo incedere fu stoppato dal proiettile che rimbalzò sul pavimento a un centimetro dal suo piede. Senza aggiungere altro, si chinò e aiutò la Deschanell a rialzarsi, sorreggendola. Prudence teneva la pistola dritta contro i due turian e a passi incerti cominciò a dirigersi verso una stanza che si apriva su un lato della parete. Ci si infilò dentro e sigillò la porta alle sue spalle affinchè nessuno la disturbasse.
    La Deschanell, per tutto il tempo, non aveva fatto altro che sorridere cattiva verso i due turian, inveendo contro di loro sarcastica.

    Gentilmente, Prudence guidò la Deschanell verso una lettiga dove la fece stendere.
    < Lo sapevo! > esultò la Deschanell < Tu sei una suora! > esclamò come se la cosa potesse giustificare tutto.
    Prudence, nel frattempo, si aggirava per la stanza che si dimostrò essere una specie di ambulatorio medico: un'insperata fortuna. Recuperò bende, ago e filo e si diresse verso la dottoressa.
    < Sdraiati. > le ordinò bonariamente aiutandola ad accomodarsi sul lettino e concentrandosi sulla ferita alla gamba della Deschanell < Sei stata fortunata, la pallottola è entrata e uscita senza sfiorare le ossa. Devo cercare di fermare l'emorragia e poi cucire la ferita...non ho anestetico quindi dovrò legarti al letto, capito? > spiegò gentile mentre legava polsi, busto e caviglie della donna direttamente alla lettiga grazie ad alcune lenzuola che adattò allo scopo.
    Fuori dalla porta sigillata sentiva i colpi ripetuti di Kevius e Aliquis che le urlavano di farli entrare ma Prudence li sentiva lontani esattamente come la voce della sua coscienza che la implorava di non fare quello che stava per fare.
    < Grazie, Satanister. > disse la Deschanell che riusciva ad intravvedere all'orizzonte un'insperata salvezza; nella sua mente malvagia stava già pensando a cosa fare per sfruttare al meglio quella specie di miracolo. Nonostante il dolore che provava mentre Prudence si prodigava sulle sue ferite, sul volto della dottoressa era dipinto un sorriso soddisfatto.
    < Perchè sorridi? > domandò Prudence staccando il filo che aveva appena finito di ricucire la ferita della donna.
    < Tu non sorrideresti quando realizzi di avere salva la vita? > replicò divertita la Deschanell < Avanti, ora slegami! > ordinò indicando con gli occhi le lenzuola che la immobilizzavano al letto.
    < Credo tu abbia frainteso. > replicò serena Prudence < Ti ho curato perchè perdevi troppo sangue...e il tuo sangue ci servirà fino all'ultima goccia. Non mi piace sprecare i doni del Signore. >
    La Deschanell la guardò sospettosa < Slegami, Satanister! > ordinò cattiva cercando di divincolarsi inutilmente.
    < Sei una persona malvagia, Deschanell. Usi tutto e tutti per i tuoi scopi senza provare un minimo di rimorso per le tue azioni. Hai usato Parak e poi lo hai tradito...hai usato i Sole Blu e poi li hai abbandonati al loro destino...hai usato i tuoi collaboratori tenendoli all'oscuro dei tuoi veri scopi...e, infine, hai usato Rael per testare il tuo capolavoro. >
    Con teatralità, andò alle spalle della Deschanell e si chinò su di lei cominciando ad accarezzarle i capelli, giocherellando con alcune ciocche che faceva passare tra le sue dita per poi lasciarle ricadere. < I due turian erano troppo coinvolti emotivamente...se ti avessi lasciato nelle loro mani, ti avrebbero ucciso troppo rapidamente. > sussurrò leggera nell'orecchio della dottoressa.
    < Cosa...cosa vuoi da me? Posso curare Rael! Vuoi soldi? Vuoi potere? Posso darti tutto ciò che vuoi! > disse la Deschanell evidentemente agitata.
    < Stai cercando di corrompere una Satanister? > domandò divertita Prudence fissandola negli occhi.

    In quel momento, mentre osservava gli occhi viola di Prudence, la Deschanell capì che non aveva più scampo.
    Gli occhi di Prudence erano limpidi e sereni, non vi era cattiveria, nè malvagità...erano gli occhi di una persona che non provava alcun rimorso per quello che avrebbe fatto.
    < Non puoi...non puoi uccidermi! Dalla mia vita dipende quella di Rael, ricordatelo! >
    Prudence sorrise dolcemente < E' per questo che non ti farò sanguinare...esistono circa 200 ossa nel corpo umano e a parte alcune assolutamente fondamentali come la scatola cranica e alcune vertebre ho intenzione di rompertele tutte quante...più volte e in più punti...spezzare ossa è solo questione di leve, perni e forza, io sono un esperta di leve e sono molto forte. > spiegò mostrandole le braccia < Il rumore delle ossa spezzate mi eccita! Quello scricchiolio di rami secchi attutito dalla carne che le riveste...credo proprio che raggiungerò più volte l'orgasmo mentre mi prodigherò su di te. >
    < Non...non puoi farlo! E'...disumano! >
    < E' la legge del Taglione: sta tutto scritto sulla Bibbia! Tanto dolore procuri al prossimo, tanto dolore sarà procurato a te! Prendilo come un esperimento! Tu sei una donna di scienza...dovresti essere fiera di partecipare a questo test scientifico. > disse esultante senza mai distogliere i suoi occhi dolci da quelli terrorizzati della Deschanell. < Hai paura, vero? Te lo leggo negli occhi! > Prudence andò su un lato della lettiga e liberò il braccio già rotto della dottoressa; la Deschanell tentò di divincolarsi ma la donna era così debole in confronto a Prudence che non riuscì quasi neanche a muoversi. < Non devi avere paura perchè tu non morirai... > disse mentre aggiustava la presa sulla mano della Deschanell < ...ma devi avere paura perchè tu non morirai! >

    Prudence se la prese comoda e agì con metodo scientifico: iniziò dalle estremità e andò verso il centro.
    Le urla della Deschanell giungevano quasi melodiose alle sue orecchi mentre, un osso dopo l'altro, una presa dopo l'altra, il corpo della dottoressa veniva letteralmente frantumato.
    Per tre volte la Deschanell svenne e per tre volte Prudence la fece rinvenire prima di riprendere la sua opera. Aliquis e Kevius smisero di sbattere e strillare quando era arrivata circa a metà della sua opera. La ragazza dagli occhi viola si chiese se non fosse il caso di farli partecipare ma concluse che non voleva renderli complici dell'atto ignobile di cui si stava macchiando.
    Quando finì mantenendo la sua promessa, la Deschanell giaceva a terra immobile e totalmente accartocciata su se stessa.
    Prudence, prima di aprire la porta, si ripulì il volto e ravvivò i capelli, rimettendoli in ordine. Con fare civettuolo fece una piroetta davanti allo specchio e, ritenendosi soddisfatta del risultato, andò ad aprire.
    Kevius e Aliquis erano seduti ai lati della porta mentre Rael era riversa al suolo, totalmente immobilizzata grazie ad una corda che le impediva ogni movimento.
    < La Deschanell ora è meno 'rigida' sui suoi propositi. > disse rivolta ad Aliquis sorridendo per la battuta mentre indicava l'interno della stanza alle sue spalle < Solo...non muovetela troppo...è letteralmente a pezzi per questa lunga giornata! >
    Prese una sigaretta e l'accese mentre andava a sedersi accanto a Rael.
    Si sentiva bene. Bene come mai prima in vita sua.


     
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    Rael Thompson

       Fazione: Nessuna
       Ruolo: Mercenaria



    Solo quando la voce di Kevius gracchiò attraverso il factotum, Ignis si rese conto di essersi quasi assopito.
    Si era accasciato a riposare accanto a il corpo privo di vita di Seiana e le aveva tenuto la mano, sentendola farsi più fredda ogni minuto che passava, mentre nella sua mente passavano le immagini di quando l'aveva conosciuta per la prima volta. Fin dall'inizio, Seiana si era guadagnata la sua stima e la sua ammirazione, tanto sul campo da battaglia quanto nella quotidianità, con la sua indole riflessiva, pratica e vincente. Eppure non faceva che biasimarsi, non avendo mai mandato giù il fatto di non essere riuscita ad entrare nella Guardianera, a differenza della sorella gemella Tanilia, con cui era sempre stata in competizione.
    Fanculo la Guardianera, pensava Ignis; sarebbe stata la migliore anche in quel gruppo, ne era certo.
    "Ci sono, capo" - rispose, con un piccolo sforzo. La gamba gli doleva un bel po', e a questa si aggiungevano altri dolori diffusi, dovuti alle ferite - "State tutti bene?".
    "Siamo interi. Qui pare che abbiamo finito" - La voce di Kevius appariva stanca e provata - "L'equipe scientifica è scappata, ma abbiamo il capo e insieme a lei la cura".
    Ignis lasciò andare un sospiro di sollievo. Subito dopo, nella mente si affollarono tutta una serie di interrogativi - "Tertis! Che ne è di Tertis? E Prudence?".
    "Prudence sta bene. Meglio del capo della struttura, senza alcun dubbio. Quanto a Tertis... Ignis, ne parleremo una volta fuori di qui. Ora ascoltami: so che non siete molto in forma, ma ho bisogno che andiate ad aprire l'hangar per permettere alla squadra di recupero di accedere alla struttura" - disse - "Abbiamo dei corpi da portare via".
    "...Sissignore" - mormorò Ignis in risposta. Fu sollevato di sentire la comunicazione chiudersi: non aveva voglia di sapere di quanti corpi si trattava, né se fra quelli c'era anche Tertis. Si preparò ad alzarsi, ma prima dovette aprire le dita di Seiana che stringevano la sua mano, irrigidite dal rigor mortis.
    "Zaeva, Coris: venite a darmi una mano" - chiamò, sentendo un magone sciogliersi nel petto - "Per favore, trovate qualcosa con cui avvolgere Seiana. A costo di portarla sulle spalle fino alla base, non ho intenzione di lasciarla qui."

    Kevius non aveva apprezzato molto la vendetta personale di Prudence, ma se non altro aveva evitato di ucciderla, anche se c'era andata terribilmente vicino. Alla luce di quell'atteggiamento, il turian vedeva la donna in maniera parecchio diversa rispetto a prima, ma un po' riusciva a comprenderla. Non fino in fondo, però: doveva nascondere un malanimo tremendo, che lui poteva a malapena immaginare.
    Una volta capito che Prudence non li avrebbe lasciati entrare, aveva dato un'occhiata ai laboratori lasciati a soqquadro, e con profondo rammarico aveva scoperto il corpo senza vita di Tertis, lasciato in un angolo. Si era catapultato sul cadavere cercando fino alla disperazione un battito, nonostante la rigidità degli arti e il volto recante i chiari segni di un soffocamento, poi si era sciolto in un pianto silenzioso e liberatorio.
    Una volta ritrovato l'equilibrio, aveva chiamato Ignis, per le ultime direttive, e soltanto allora Prudence aveva fatto capolino dalla stanza, con un'espressione decisamente più rilassata. Kevius la trovò spaventosa.
    A quel punto, il turian si era rivolto al vecchio compagno - "Occupati tu del resto, Ali" - disse, con una leggera pacca sulla spalla - "C'è bisogno solo di una piccola dose di sangue. Io mi assicurerò che Rael non si svegli fino a quando non saremo alla base: per quanto sia pericoloso trasportarla così, non voglio rischiare di ucciderla per una banale incompatibilità sangugnia".

    La squadra di recupero non si fece attendere molto e, solo dopo pochi minuti dall'apertura dell'hangar, due Kodiak entrarono, salutate dagli sguardi sollevati dei pochi superstiti.
    La struttura fu saccheggiata da cima a fondo e i corpi dei caduti, quando possibile, furono avvolti in teli e caricati a bordo. Ignis mantenne il coordinamento delle truppe, anche se era rimasto ben poco da coordinare, ma dopo aver visto anche il cadavere di Tertis, perse anche l'ultimo briciolo di volontà che gli era rimasto.
    "Va bene così, Ignis" - lo consolò Kevius, quando si accorse che il giovane turian non era più in grado di tenere a bada le emozioni - "Adesso me ne occupo io".
    Ignis guardò il capo riprendere il controllo e guidare il resto degli uomini al completamento della missione, con quella incrollabile forza di volontà che aveva sempre ispirato tutti loro.
    Poi, notò Prudence e, senza pensarci troppo, la raggiunse, zoppicando. Non c'era nulla da dirle, e nulla che potesse fare per far apparire migliore quel momento. Semplicemente, le appoggiò una mano sulla spalla, silenziosamente.

     
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    Aliquis Varian

       Fazione: Sconosciuta
       Ruolo: Agente Segreto

    "Porca puttana, Prudence!" esclamò Aliquis, mentre con i pugni batteva sulla porta, esattamente come Kevius stava facendo. Si accasciò a terra, solo dopo essersi reso conto che supplicarla di aprire sarebbe stato inutile.
    Era stanco, ferito, dolorante. L'effetto del medigel stava scemando, così se ne somministrò subito un altro, almeno per arrivare alla fine di quell'incubo.
    "Non esagerare, quella merda può essere più pericolosa di un proiettile nel cranio" commentò Kevius.
    "Kev, guardami. Ti sembro uno che sta esagerando con gli antidolorifici?"
    Il comandante rise, e si sedette accanto all'ex collega. Erano sempre stati ottimi amici, prima che Kevius lasciasse l'agenzia. Avevano litigato, in quel momento. Aliquis non capiva il motivo di quella scelta... Era troppo giovane per capirlo.
    Ed era proprio in quel momento, seduti lì, con le urla strazianti di una donna torturata, che i dubbi di Aliquis cominciarono a tramutarsi in certezze.


    Quando finalmente Prudence ebbe aperto la porta, ne trascinò fuori dalla stanza il corpo della Deschanel ridotto ad un rottame, ma inspiegabilmente viva. A giudicare dalle grida e dai pianti, sapeva che non sarebbe stato un bello spettacolo, ma... Tutto quello andava ben oltre qualsiasi aspettativa. Per la prima volta Aliquis provò paura di un altro essere vivente.
    Pensava di aver capito di che pasta fosse fatta la donna dai capelli azzurri, pensava di aver scoperto il suo aspetto interiore così fragile... Ma quello esteriore era talmente predominante... Anche per lui, che era abituato ad interpretarne di qualsiasi tipo nel suo mestiere. Era come una corazza spinata, pensata per proteggere qualcosa di fragile, ma che al contempo puniva e feriva anche chi quel qualcosa voleva solo abbracciarlo.
    Dopo averla vista uscire da quella stanza, Aliquis si rese conto che Prudence non era sua nemica, tuttavia non sarebbero mai potuti diventare amici.


    Kevius aveva concesso ad Aliquis di effettuare lui stesso il prelievo di sangue. Del resto lo aveva promesso alla Deschanel, così il Turian si ritrovò di fronte al suo letto. Dopo l'incontro con Prudence, la donna era stata completamente immobilizzata, per evitare movimenti spontanei del corpo che avrebbero peggiorato la situazione. Ali si avvicinò al suo volto, che era forse l'unica cosa ancora decentemente tenuta. La osservò profondamente negli occhi, e non vide più la spavalderia che la contraddistingueva, nessuna sicurezza, nessuna sensazione di vittoria. Vedeva solo un essere che aveva visto la fine della sua vita ma non era ancora riuscita a morire.
    L'aveva promesso. Aveva promesso che avrebbe curato Rael con una medicina che la Deschanel non avrebbe molto apprezzato... Ma non ci riusciva. Ali voleva odiarla, e la odiava, davvero. Avrebbe voluto farla soffrire, farle male, farle pentire tutto quanto, ma Prudence lo aveva già privato di quel piacere... Ed era andata anche oltre. No, non l'avrebbe fatta soffrire ulteriormente.
    "Scusatemi, potreste lasciarci soli?" chiese ai medici, che subito obbedirono. Al rumore della porta che si chiudeva si udì un singhiozzo. Aliquis si voltò nuovamente verso la donna: stava piangendo, ma non aveva la forza per fermare le lacrime. Non aveva più la forza per niente.
    Prese una siringa e la infilò con polso sicuro in una vena, dalla quale tirò fuori il sangue che gli serviva.
    "Lo so, non sono un uomo di parola. Credo che ti concederò questa piccola vittoria." disse lui, sorridendo, e la donna smise di piangere. In quell'attimo Aliquis pensò che la donna dovesse aver capito le sue intenzioni, e sembrò quasi ringraziarlo con gli occhi, al che lui rispose con un cenno della testa. Le se mani si avvinghiarono al collo della Deschanel e strinsero, fino a che la dottoressa non esalò l'ultimo fatale respiro.
    Forse i Talon avrebbero potuto trarre qualche informazione utile da lei, ma nessun medico era talmente bravo da rimettere in sesto una persona in quelle condizioni. Con il senno di poi, Aliquis si pentiva di molte cose, ma quella non era di certo una di esse.


    Una astronave di medie dimensioni. Quella era stata data in dotazione a Tavea perchè potesse lasciare la Cittadella. E la trovò proprio davanti ad essa, pronta a dirgli addio. Più lui si avvicinava, più si accorgeva che qualcosa non andava nel suo viso. Stava piangendo. Accelerò il passo fino a correre per abbracciarla.
    "Ho bisogno che tu me lo dica, Ali. 'Questo non è un addio.'. Dillo, ti prego" supplicò lei singhiozzante, avvolta tra le sue braccia.
    "Ehi. Questo non è un addio. Non è scritto nel nostro destino, ricordi?"
    Alzò gli occhi verso la nave.
    "Scusami, Tavea. Non ti piacerà." disse prima di afferrarle il polso e trascinarla dentro l'astronave.



    Gli avevano concesso un giorno di riposo prima di ripartire, così approfittò di dormire per qualche ora alla base dei Talon. Avrebbe potuto scegliere una location più confortevole, ma non avrebbe lasciato quel luogo senza sapere se Rael ce l'avrebbe fatta a superare la cura.
    Lo trovarono mentre aspettava di fronte alla porta della sala interventi. Un medico ne uscì e gli confermò che stava bene, ma che era ancora incosciente.
    "Posso entrare?" chiese Aliquis, ed il medico annuì.
    Era lì, che dormiva beata. L'aveva vista un po' troppe volte distesa su di un letto, ed ogni volta era per una ragione sempre peggiore, tanto che si chiese se non fosse il caso di smettere di vederla distesa su di un letto.
    Si sedette accanto a lei, come era solito fare in quei momenti, e le accarezzò la fronte. Era ben chiaro che non fosse più la belva che la Deschanel aveva creato, ma era sicuro che quell'avvenimento l'avrebbe segnata per sempre. Era sicuro di molte cose.
    "Mi serve una penna."

    "Rael,
    Se stai leggendo questo messaggio, vuol dire che sei sveglia e che non sono lì con te. Ne abbiamo passate tante insieme. Così tante in così pochi giorni, che mi sembra quasi di conoscerti da anni. Che cosa bizzarra, vero? Proprio io, che mi fingevo uno che ti conosce DAVVERO da anni. Probabilmente mi credevi morto, ed ora ti starai chiedendo perchè ti ho scritto questa lettera, anzichè esser lì con te ad abbracciarti, a starti vicino, ad aiutarti ad andare avanti. La verità è che non sono abbastanza uomo da affrontarti faccia a faccia, perchè il motivo per cui non sono lì con te non ti piacerà. Forse non lo capirai, all'inizio, ma spero che un giorno ti renderai conto che è la cosa giusta per entrambi. Abbiamo costruito qualcosa, noi due, qualcosa a cui tengo, qualcosa a cui ho già tenuto in passato, e che ho distrutto con le mie stesse mani. Faccio un lavoro che amo, ma che mi priva di tutto: della mia vita, dei miei sentimenti, delle persone, ed è un lavoro dal quale non puoi scappare. Credimi, ci ho già provato, e non sono stato io ad essere punito, ma le persone a cui tenevo. Non voglio che tu soffra più del dovuto, ma sono costretto a farlo affinchè tu possa andare avanti. Ti chiedo solo una cosa: non dimenticare mai questi giorni, non dimenticare me, ed io farò lo stesso.
    P.S: Non preoccuparti per Dalio. Ho detto a Kevius di organizzarti un incontro. Non era molto contento di aver a che fare con l'Agenzia, ma alla fine ha accettato. Te l'avevo promesso, ed hai tutto il diritto di conoscere la verità direttamente da lui, e di vedere l'uomo che mi ha permesso di conoscerti. "




    Astronave Walrus, sei giorni dopo
    "L'ha incontrato?"
    "Sì, tutto a posto"
    Dalla sua cabina sulla nave dell'Agenzia, Aliquis parlava con l'ologramma di Kevius. Poteva averla abbandonata, ma Ali avrebbe tenuto fede alla sua promessa, non l'avrebbe dimenticata.
    "Perfetto."
    "Perfetto un corno, vuoi spiegarmi perchè te ne sei andato?"
    "Ho i miei buoni motivi, legati al mio passato. Sarebbe una storia troppo lunga."
    "Oh, io ho tutto il tempo del mondo. Non devo mica gestire una banda di mercenari."
    "Hai ragione, allora mettiti comodo."

     
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    Banshee

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    Prudence Judicael

       Fazione: Ordine delle Quattro Virtù
       Ruolo: Adepta


    “Missione compiuta Prudence: Rael guarirà, la Deschanell non potrà più nuocere a nessuno, il virus ha una cura e i Talon hanno superato la tempesta. Un vero successo.” Disse Sephyr senza alcuna gioia.
    Prudence si guardò attorno e si domandò come, con tutti quei morti, con tutta quella distruzione, si potesse parlare di ‘successo’.
    Non provava alcun rimorso per la punizione che aveva inflitto alla dottoressa anzi, pensava che quello fosse solo il minimo indispensabile per tutto il dolore che aveva procurato ma gli occhi con cui Aliquis e Kevius la guardavano ora, le fecero capire che c’era qualcosa di malato nel suo senso di giustizia. Un qualcosa che aveva a che fare con il lavoro che svolgeva. Per lei la Giustizia veniva dispensata a colpi di pistola, con i fendenti della sua mazza, con l’uso delle sue mani letali: era così che era stato insegnato a lei ed erano questi insegnamenti che l’avevano resa una reietta agli occhi delle persone normali. Non sarebbe mai stata accettata da nessuno se tutti provavano paura nei suoi confronti.

    < Ehi! > la voce di Ignis accompagnata dal tocco della sua mano la destarono da quei pensieri.
    < Ehi… > replicò la ragazza voltandosi imbarazzata < …come va la gamba? > domandò arrossendo senza il coraggio di guardare il turian negli occhi.
    < Sopravvivrò. Sei stata brava a sparare in un punto che non avrebbe creato gravi conseguenze. >
    < Sono una professionista…dovevo solo fermarti non ucciderti. > replicò sollevata nel sentire l’assenza di astio nella voce di Ignis.
    < Sei la migliore professionista che abbia mai incontrato. Ora…cosa pensi di fare? >
    Prudence sospirò e si accese una sigaretta < Il mio lavoro qui è finito: dovevo solo far sopravvivere i Talon. > si interruppe per dare una lunga boccata alla sigaretta < Avevi ragione: io sono solo un varren rabbioso… >
    < Prudence, io… > la interruppe Ignis intenzionato a scusarsi ma la ragazza lo stoppò subito con un gesto della mano.
    < Lasciami finire. > gli disse gentile ricevendo un cenno d’assenso < Sono un varren rabbioso solo esternamente…mi comporto da varren rabbioso…combatto come un varren rabbioso e per questo tutti mi vedono come un varren rabbioso. Ma io non sono quella che vedete…io so amare, provare sentimenti, ho paura di morire e di perdere le persone a me care…vorrei essere amata, avere qualcuno che mi riscalda quando sento il gelo nel cuore. E non potrò mai ottenere queste cose finchè non avrò cancellato dalla radice i colpevoli che hanno fatto di me un varren rabbioso. >
    Ignis capì che quello era un addio; lo riuscì a leggere negli occhi viola di Prudence che luccicavano per le lacrime che andavano accumulandosi < Te ne andrai via subito, vero? > domandò conoscendo già la risposta.
    < Sì. Prima finirò, prima potrò diventare una persona migliore…qualcuno che non fa più paura. >
    < E loro? Non li saluti? > chiese indicando la lettiga su cui era stesa Rael e Aliquis che la stava scortando verso una kodiak.
    < No. Io sono stata solo una comparsa sul palcoscenico della loro vita…non credo che sentiranno la mia mancanza. > rispose scoraggiata. < Addio, Ignis…non mentivo quando ho detto che mi sarebbe piaciuto abbracciarti quando fossi tornata a casa. >
    Prudence si voltò, raccolse il suo Claymore e si incamminò verso l’uscita.
    Aveva deciso: non poteva permettere che altre subissero il suo destino e sperava sinceramente che quando la sua mazza avesse eliminato tutti i suoi carnefici lei potesse finalmente diventare una persona normale…che potesse finalmente avere un amico.
    < Aspetta Prudence! > la richiamò Ignis mentre a grandi falcate la raggiungeva e la faceva voltare < Quando avrai fatto quello che devi fare, vorrei…rivederti…conoscerti meglio…e…abbracciarti. >
    Prudence sorrise e accarezzò il volto del turian < Le strade del Signore sono infinite. Se avrai la pazienza di aspettarmi, sarei molto felice di essere scaldata dalle tue braccia. > si alzò sulle punte dei piedi e sfiorò con le sue labbra una guancia del turian < Grazie, Ignis…saluta tutti da parte mia…soprattutto Rael e dille che…no, non dirle nulla. Quando sarò pronta glielo dirò di persona. >



     
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    Rael Thompson

       Fazione: Nessuna
       Ruolo: Mercenaria



    La stanza era illuminata da un sole carico, che volgeva al tramonto e che disegnava sul pavimento le ombre allungate dello scarno arredamento. C'erano due sedie, di fronte alla grande vetrata che affacciava sullo splendido giardino che solo pochi minuti fa Rael si era trovata ad attraversare: quella a destra attendeva lei; la sinistra, invece, era occupata, e Rael si sentì come in un sogno quando adocchiò la cresta turian spuntare da dietro lo schienale: era malridotta e come consumata.
    Per un istante, temette di non farcela, ma il suo passo indietro fu intercettato dal braccio di Kevius, che le diede una leggera spinta.
    Rael si volto, ringraziandolo con lo sguardo. Non spettava a lui, quel ruolo, eppure era proprio lì, lì dove qualcun'altro sarebbe dovuto essere.
    "Oggi è uno dei suoi giorni buoni" - la incoraggiò Kevius, spingendola con dolcezza - "Vai...".
    Rael si avvicinò alla sedia, ci girò intorno, poi finalmente alzò lo sguardo.

    Rael era entrata come una furia nella stanza, senza che Ignis riuscisse a fermarla, temendo di farle del male. Il suo corpo era ancora molto provato, lo si poteva vedere chiaramente dal suo modo di incedere, tuttavia ancora più forte era la rabbia che la animava. Per un terribile istante, Kevius temette che la cura non avesse funzionato.
    "Dov'è?!" - urlò rabbiosamente Rael, sbattendo una lettera sulla sua scrivania. I suoi occhi erano un pianto incessante - "E' vivo! E se n'è andato?!".
    Ignis alle sue spalle, cercò di giustificarsi con un'alzata di spalle agli occhi di Kevius, che alzò una mano per comunicargli che non importava.
    "Mi dispiace, Rael, ma non posso...." - stava per dire Kevius, ma la ragazza sembrò non apprezzare il suo esordio.
    "Cosa dovrei farne di questa?" - domandò allora, senza lasciarlo finire, sventolando la lettera ormai stropicciata e abbandonandosi ad un tono di voce più pacato - "Io... che cosa dovrei...?".
    Entrambi i turian restarono in silenzio, incapaci di trovare qualcosa da dire, mentre la ragazza si sfogava in un pianto a dirotto. In quel momento, Kevius si rese conto di quanto fosse giovane, e di come doveva essere difficile per lei capire.
    "Puoi rimanere alla base quanto vuoi" - mormorò dopo un po' Kevius, quando i singhiozzi della ragazza si fecero più radi e Ignis era uscito dalla stanza - "Il tempo di riprenderti, e ti porterò da Dalio...".
    "Non è compito tuo..." - ribatté Rael.
    "Ora lo è" - la zittì lui - "Era quello che volevi, no?".
    Gli occhi arrossati di Rael si erano alzati a fissarlo. Era come se con quel solo sguardo avesse voluto fargli capire quanto quell'affermazione fosse sbagliata. Poi, con un tono di voce più fermo, lo ringraziò e abbandonò la stanza, lasciando la lettera sulla scrivania.


    "Sauro?"
    Erano occhi spaesati, quelli che la guardarono, non appena Rael sussurrò quel nome.
    Parte del viso era attraversata da cicatrici profonde e la mandibola destra sembrava ormai solo un'ombra di quello che sarebbe dovuto essere; una delle mani aveva perso due delle dita; le gambe non sembravano più in grado di reggerlo. E questo era solo ciò che Rael poteva vedere.
    Non si sedette bensì crollò sulla sedia, distrutta da quella vista, e le fu impossibile trattenere le lacrime.
    La mandibola non deforme si mosse e gli occhi si strinsero, quasi a cercare di trovare un senso alla reazione che quella sconosciuta aveva avuto alla sua vista.
    La mano menomata si staccò dal bracciolo per raccogliere una delle stille cadute dagli occhi di Rael.
    "C'era... una bambina che mi chiamava così" - disse, con voce frammentata e impastata - "Giocavamo al contrabbando".
    "Ricordi il suo nome?" - domandò Rael, afferrando delicatamente la mano che l'aveva sfiorata.
    Il turian scosse debolmente la testa, volgendo lo sguardo al panorama esterno - "No, è... è passato molto tempo".

    Kevius la stava attendendo seduto in corridoio e quando Rael aprì la porta lo vide sussultare: doveva essere stato sul punto di appisolarsi.
    Si alzò - "Allora...?".
    Rael scosse la testa - "Ha dei vaghi ricordi, ma..." - Abbassò gli occhi - "Se almeno Prudence fosse rimasta... Io...".
    Kevius le sfiorò il braccio, visibilmente a disagio - "Mi dispiace... Non sono bravo in queste cose".
    "Ti ringrazio per avermi portata qui. So che non ti piaceva l'idea... ma l'hai fatto comunque".
    "Uhm... Beh, non c'è di che" - mormorò. Spostò il peso da una gamba all'altra, poi estrasse qualcosa dalla tasca. Rael capì subito di cosa si trattava.
    "Voglio solo dirti una cosa" - esordì, notando il suo sguardo amareggiato - "Puoi biasimarlo quanto ti pare, ma Aliquis ha fatto molto per te. Ora non vuoi capire o non vuoi accettare ciò che è scritto qui dentro, ma io sono sicuro che un giorno potresti pentirti di non averla conservata, e il mio istinto si sbaglia assai raramente".
    Kevius le porse la lettera e la ragazza, dopo un breve tentennamento, la prese con delicatezza, scorrendo nuovamente le righe con lo sguardo.

    "Non dimenticare mai questi giorni, non dimenticare me, ed io farò lo stesso".


    Dimenticare te?, pensò Rael con l'ombra di un sorriso, seguendo Kevius verso l'uscita, Beh, la vita è una stronza, come dici sempre tu. Penso a Prudence e a tutto quello che ancora dovrà affrontare, perché qualcuno ha scelto per lei un destino ingiusto; penso a Trant e a Dalio; penso a Kevius, che ha perso tanti dei suoi uomini; penso a Seiana, a Tertis, e anche ad Ignis; penso persino a quello spaccone incontrato alla base del Sole Blu, che come tutti noi aveva una battaglia da combattere. Penso anche a te, e mi chiedo cosa ti abbia fatto scappare. Sono delusa, e furiosa con te: tutti noi abbiamo affrontato i nostri destini, io ho incontrato Dalio pur sapendo che non era più lo stesso e nonostante tu non fossi qui. Non sono scappata, tu invece sì e, se potessi, te lo urlerei in faccia. Ma.... dimenticarti? Diavolo, no.
    Come potrei?


     
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