Uno

Fascia di Attica, Styx Theta, Tanion

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    Naen Gornis

       Fazione: Nessuna
       Ruolo: Agente di polizia



    Il sistema automatizzato del suo appartamento alzò le tapparelle delle finestre non appena aprì gli occhi.
    Una giornata di pioggia. Un'altra.
    Si portò entrambe le mani agli occhi e se li strofinò, sforzandosi di trovare la forza di alzarsi.
    "Non costringermi a buttarti giù dal letto, Naen." parlò l'IV della casa con la sua solita voce monotona, ma dall'intonazione maschile. Naen gli aveva dato il nome di Elf.
    "Non rompere. Disattivati e lasciami dormire..." rispose la Turian, voltandosi e affondando il viso nel cuscino.
    "Mi hai programmato per impedirtelo. Hai detto 'Se dovessi chiederti di non svegliarmi, non...' "
    "Me lo ricordo quello che ti ho detto. Ignoralo a disattivati."
    "Temo non sia possibile. Ultimo avvertimento Naen, conto fino a tre."
    "No, ti prego... Non quella fottuta tarantella!"
    "Tre." Sentenziò alla fine l'IV, e gli altoparlanti di tutto l'appartamento risuonarono insieme, a massimo volume, quella che per gli umani sarebbe stata una tarantella.

    Alla fine si era arresa. Sapeva che Elf avrebbe continuato a riprodurre quella musica finchè lei non avesse messo i piedi sul pavimento. Era una IV semplice e programmabile tramite comandi altrettanto semplici... Ma era tremendamente efficiente, e Naen l'aveva acquistata proprio per questo.
    E quindi si era ritrovata a fissare l'ipnotizzante movimento della bevanda simile ad un cappuccino, mossa dalla forza centrifuga causata dal cucchiaino. Non aveva dormito molto, perchè aveva passato la notte a leggere quel libro di fantascienza che Galan le aveva regalato.
    Osservò le orologio: 4.13. Di lì a poco sarebbe sorto il sole, ma probabilmente nessuno se ne sarebbe accorto con quelle giganti nuvole grigie sopra le loro teste.
    Bevve il cappuccino in un sorso, dato che a furia di mescolare era diventato freddo, e si infilò nel protettivo abbraccio del suo cappotto impermeabile.
    "Elf, non organizzare nessuna festa mentre sono via."
    "Non conosco il significato della parola 'festa', Naen." rispose l'IV.
    "No... Non lo sai." mormorò lei, prima di chiudersi la porta alle spalle.

    Probabilmente non era salutare percorrere a piedi i 20km tra casa sua ed il commissariato, sotto quella pioggia che quel giorno era anche più forte del solito... Ma Naen non se n'era mai preoccupata. A quell'ora del giorno, Opimus era più bella che mai: il cielo ancora scuro calava l'intera città nelle tenebre, ma le luci dei grattacieli, delle insegne e dei lampioni la illuminavano donandole un effetto chiaroscuro da brivido. Quello spettacolo non c'era nè su Omega, nè sulla Cittadella. Solo le colonie godevano di quella bellezza... Forse l'unica bellezza, e Naen aveva intenzione di godersela tutte le volte che ne aveva l'occasione.
    E poi a quell'ora lo spettacolo era tutto suo, o quasi. Ogni mattina il vecchio Gretus usciva di casa e si appostava di fronte quel solito negozio, aspettando che aprisse per poter comprare le sigarette. Margania e le sue due bambine raggiungevano l'auto posteggiate sempre nel solito posto e tutte le mattine le accompagnava a scuola. Quel bambino senzatetto che non aveva mai voluto dirle il nome, infreddolito e raggomitolato sotto la terrazzina di un vicolo, riscaldato solo dalla torcia portatile che Naen gli aveva regalato.
    Li incontrava tutti ogni mattina, e tutte le volte la salutavano con rispetto. Faceva bene il suo lavoro e si faceva amare, ma a lei quel posto stava stretto.

    Le solite due guardie, Balor e Aghilius, erano di guardia di fronte all'entrata del commissariato, al sicuro dalla pioggia grazie al balcone sopra le loro teste. Li salutò con un cenno della testa ed i due aprirono le ante della porta di vetro per lei.
    Strano, di solito rispondevano al saluto con una battuta o un complimento... Quella volta si limitarono ad aprire in silenzio.
    "Grazie..." disse perplessa, mentre imboccava l'entrata.
    Si tolse il cappuccio e si sfilò il cappotto gocciolante, lasciandolo all'appendiabiti accanto a lei.
    "Buongiorno, Reveen." disse cordialmente all'agente di turno al centralino. La donna aveva uno sguardo preoccupato, e quando alzò gli occhi verso di lei, esso si incupì ulteriormente.
    "N-Naen, corri a mettere l'uniforme e scendi nel seminterrato. C'è una questione importante che devi affrontare."
    Questo spiegava l'ammutolirsi delle guardie e lo sguardo di Reveen... Ma cosa poteva mai esser successo?
    Subito pensò a Galan, e poi ai suoi genitori... Forse era successo qualcosa a loro.

    L'uniforme di Opimus era molto simile a quella dell'SSC, ma il colore predominante era il verde scuro, con le decorazioni grigio tortora, come i larghi pantaloni. L'ascensore che la stava portando giù nel seminterrato era munito di specchio, che le fece notare lo sguardo molto poco sveglio dei suoi occhi. Si diede due schiaffi proprio un attimo prima che l'ascensore si fermasse e la porta si aprisse.
    Si trovò una grande folla di fronte a sè, decisamente troppe persone per un seminterrato così ristretto. Dopo un po' notò che la folla formava una sorta di semicerchio, quasi a circondare... Qualcosa.
    "E' una follia!" gridò un Turian a sinistra, mentre Naen si faceva spazio per raggiungere il centro.
    "Una follia? No, è un fottuto scherzo! Ma come vi viene in mente?" rispose un altro Turian dal lato opposto, ma con la stessa furiosa intonazione. Ogni volta che qualcuno parlava ne seguiva un mormorio generale che creava nient'altro che caos.
    "Signori, calmatevi!" Era la voce di Galan! Davanti a sè, al centro del semicerchio. Si fece avanti più veloce, finchè non raggiunse la fine... Ed il suo primo istinto portò la mano alla coscia, dov'era assicurata la sua pistola.
    "Q-Quello è..." balbettò Naen, in preda ad un misto di confusione, paura, rabbia, curiosità.
    "E' un Geth. Ciao, Naen." rispose la sua migliore amica, che si trovava proprio al centro del semicerchio, accanto al sintetico. L'essere era non troppo diverso dai suoi simili. Era la classica unità soldato grigia, ma il corpo era leggermente danneggiato, probabilmente bruciato.
    "Galan, per quale cazzo di motivo sei accanto ad un Geth? No, scusa, per quale cazzo di motivo sei accanto ad un Geth VIVO?" Finalmente cedette al suo istinto, e la sua mano staccò la pistola dalla placca magnetica. Di scatto, Galan si frappose fra lei e l'androide.
    "Ti è andato di volta il cervello, Gal? Dannazione, ma li guardi i notiziari? La sua specie ha invaso la Cittadella! La Cittadella, Gal, e sono arrivati a tanto così dal vincere! Spostati e finiamola con questa miseria!"
    Da dietro la Turian, il Geth spostò la testa quel tanto che bastava da poter guardare Naen negli occhi.
    "Noi non desideriamo fare del male, Turian." commentò il Geth, con la tipica voce metallica.
    "N-Noi? Noi? Dove sono gli altri, Gal? Li hai portati a casa? Ti fanno il caffè?"
    "Hai finito? C'è solo lui. Ogni unità Geth è un insieme di programmi, per questo parla al plurale."
    "Vedo che lo conosci bene, siete diventati amici! Congratulazioni, ora posso fargli saltare la testa?"
    Galan si fece avanti e le tolse la pistola dalle mani, poi posò le sue sulle spalle dell'amica "Nessuno fa saltare la testa di nessuno, intesi? Questo Geth non è ostile, non riesce nemmeno a collegarsi al Consenso."
    "Come fai a dirlo?" Chiese quindi Naen, decisamente più rilassata. "Come riesci a fidarti?"
    Galan sospirò, poi si rivolse alla folla "Lasciateci sole."
    "Col cazzo, Galan. Non abbiamo ancora deciso il da farsi!" rispose un agente Turian alzando la voce.
    "Hai ragione Kel, non abbiamo deciso un cazzo. IO, IO ho deciso. Si dia il caso che io sia la figlia del sindaco. Ed il Consiglio è d'accordo con me, hanno addirittura una squadra in viaggio verso Tanion, sarà qui fra qualche giorno."
    "Questa storia si ripercuoterà su tuo padre, stanne certa!"
    "Correremo il rischio, grazie della consulenza."
    Finalmente, tutti i presenti lasciarono il seminterrato, lasciandole sole insieme al Geth in quella stanza che così vuota sembrava molto più grande.
    Naen tirò un lungo respiro e si sedette a terra, a gambe incrociate.
    "Tu sei fuori di testa." esordì Naen, guardandola dal basso finchè l'amica non si sedette accanto a lei. Galan era alta, molto più di Naen, ma era anche più magra, con meno massa muscolare. Nonostante fosse un agente come lei, Galan era più propensa al lato diplomatico del mestiere... Tutta suo padre. In verità, gli somigliava parecchio anche in viso, chiunque avrebbe potuto dire che fosse la figlia di Balion Vitreus. Entrambi avevano un colorito tendente al marroncino e dei bellissimi occhi verdi, ma a differenza del padre lei non utilizzava pittura facciale. Il suo viso era pulito e, a detta di Naen, bellissimo.
    "Lo so bene. E non saresti mia amica se non fosse così." Allungò il braccio fino ad avvolgere le spalle dell'amica e la strinse a sè. Il Geth di fronte a loro piegò la testa su un lato ed allargò le placche attorno alla sua testa-torcia. Naen era convinta che esprimesse curiosità. Un attimo dopo, il Geth le imitò e si sedette a terra esattamente come loro.
    "Non è quello che hai sempre voluto, Nae?" chiese Galan, pronunciando quel nomignolo che usava davvero raramente.
    "Un Geth? No, grazie. Beh, però se fa il caff..."
    "Un'occasione, Naen. Sono stanca di questa vita e di questo posto tanto quanto te, ma il mio futuro è già scritto. Appartengo a questo posto e mi candiderò a sindaco quando arriverà il mio momento. Ma tu, tu sei libera. Questa storia potrebbe essere la tua occasione per arrivare in alto."
    Naen fissò i suoi occhi amareggiata "Nessun futuro è già scritto. Nessuno ti obbliga a seguire le orme di tuo padre."
    "Siamo Turian! L'intero concetto di Turian mi obbliga. E poi, è quello che voglio." rispose Gal, conscia del fatto che la sua migliore amica non ci avrebbe mai creduto.
    Sospirò, e quasi sincronizzate tornarono a guardare il Geth.
    "Ma almeno ce l'ha un nome?" chiese Naen all'amica, ma continuando a guardare il sintetico.
    "Siamo tutti Geth." Si intromise lui.
    "E che cazzo significa?"
    "Noi siamo Geth."
    "Oh, spiriti... E' più insopportabile di Elf."
    Galan rise "Credo che i Geth non usino nomi... Non ne avrebbero bisogno. Sono sempre connessi tra loro, come un'unica entità. Tranne lui. Per questo io lo chiamo Uno."



    Edited by •Gabry‚ - 22/1/2017, 04:01
     
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    Prudence Judicael

       Fazione: Ordine delle Quattro Virtù
       Ruolo: Adepta

    citazione (rimuovere se non presente)


    < Comandante. Sorella Judicael è arrivata. > disse una compita Guardia Svizzera sbattendo i tacchi e facendo il saluto militare al suo superiore che si trovava seduto dietro a un'imponente scrivania in mogano.
    < La faccia entrare. >
    Il Comandante Karl Krauss era piuttosto eccitato all'idea di conoscere il suo nuovo agente operativo.
    "Una Satanister in carne ed ossa...non credevo ne esistessero ancora nel 22° secolo!"

    Krauss, un quarantenne alto ed elegante originario del Cantone dei Grigioni, Svizzera, era ex Marine che, terminata la carriera tra le forze dell'Alleanza, aveva trovato lavoro presso la Città del Vaticano. Si era fatto tutta la gavetta da usciere a guardia di sua Santità fino ad arrivare ad ottenere il posto che attualmente occupava: Comandante in Capo dei Servizi Segreti Vaticani.
    I Servi Segreti Vaticani (o SSV) erano una di quelle divisioni che operavano all'ombra della Cupola di San Pietro, la facciata ufficiale della ormai universale Chiesa Cattolica.
    Ancora nel 22° secolo, la Città del Vaticano godeva della sua extraterritorialità ed era formalmente e politicamente indipendente dall'Alleanza o da qualsiasi altra organizzazione 'terrena'; all'interno delle millenarie mura, il tempo sembrava essersi fermato ad un'epoca antica, lontana dalla civiltà frenetica di quel periodo e dalle sue diavolerie tecnologiche.
    Almeno, questa era ciò che appariva agli occhi dei milioni di turisti e fedeli che annualmente percorrevano i corridoi frequentati abitualmente da chierici, vescovi, cardinali e suore di ogni ordine; ma dietro a quella facciata di austera semplicità, molte cose venivano tenute nascoste nei sotterranei di quella Città Santa.
    Come l'SSV.
    "E come le Satanister…" aggiunse pensieroso Krauss scuotendo la testa.

    Si era appena insediato al comando dei servizi quando scoppiò lo scandalo delle Satanister ed era stata quella ragazza che ora si trovava al di là della porta a portare alla luce quel capitolo di Santa Romana Chiesa che era rimasto talmente nascosto che, formalmente, nessuno al di fuori dei diretti interessati sapeva dell'esistenza delle Satanister. Neanche l' SSV ne era a conoscenza...e neanche sua Santità.
    Quando Sorella Judicael aveva intrapreso la sua personale crociata, nessuno sapeva che vi fossero ancora Satanister esistenti.
    Saltarono molte teste quando quella torbida storia venne a galla. E alcune di quelle teste fu Krauss in persona a farle saltare grazie all'aiuto di un'efficiente Executioner che portava sempre con se.

    < Prego, Sorella. Si accomodi. > disse educato il segretario personale di Krauss mentre con un gesto gentile invitava Prudence a varcare la porta aperta.

    Anche Prudence era piuttosto agitata per quel suo primo incontro di lavoro.
    Quando 6 mesi prima la sua pistola aveva sparato l'ultimo proiettile che aveva posto termine al sopruso delle Satanister, la ragazza si era trovata improvvisamente senza uno scopo, senza una via da seguire, senza un motivo valido per andare avanti. Aveva passato tutta la vita ad uccidere ed ora che poteva considerarsi libera, non riusciva a capire che cosa avrebbe fatto del resto della sua vita.
    Fu Santa Romana Chiesa a venirle in soccorso offrendole come risarcimento per tutto ciò che lei e le sue consorelle avevano dovuto subire, un posto come agente operativo nei Servizi Segreti. L’offerta fu posta a tutte e 4 le Satanister esistenti ma, a parte Prudence, tutte le altre si diedero alla macchia.
    Prudence tentennò molto prima di accettare, intimorita di tornare ad essere utilizzata dalla Chiesa come semplice strumento di morte. Fu la sua fede incrollabile e le parole di Sephir, lo spirito che albergava in lei, a farle rompere gli indugi e a farle accettare la proposta.
    Quella sarebbe stata la sua prima missione ed era veramente curiosa di sapere cosa avrebbe dovuto fare.

    < Sorella Judicael, è un piacere conoscerla. > disse Krauss alzandosi dalla sua comoda poltrona per stringere la mano alla ragazza e accompagnarla a una raffinata sedia ricoperta di velluto rosso dove Prudence si accomodò compita, con le gambe strette e le mani appoggiate sulle ginocchia.
    < Innanzitutto, benvenuta nei Servizi Segreti Vaticani. Come prima cosa, deve sapere il campo in cui operiamo. > cominciò a spiegare Krauss cordiale < A noi non interessano segreti industriali, codici di difesa, progetti di armi segrete. Non ci occupiamo di indagare su tutte quelle cose terrene e di poco conto per cui sono sufficienti normali agenti dei normali servizi segreti. >
    < Capisco. > disse Prudence con la sua voce gentile che colse impreparato Krauss; l'uomo, a una prima occhiata a quel pezzo di suora muscolosa e inguantata in una tuta attillata, si era immaginato avesse un tono di voce profondo e sfrontato e non una voce quasi da ragazzina timida delle scuole superiori. < E di cosa si occupano i nostri Servizi Segreti? >
    < Con calma. > replicò Krauss sottolineando il concetto con un gesto della mano < Prima le cose noiose. I nostri Servizi possono contare su 27 agenti operativi come lei, 12 esorcisti certificati, 41 esperti teologi, 3 mastri armaioli, 4 tattici, un efficiente equipe biotica e...54 monaci amanuensi. > Krauss sorrise accorgendosi di come Prudence fosse sobbalzata a quella notizia < ...qui scriviamo tutto a mano: ordini, direttive, dispacci...nessuno deve sapere della nostra esistenza e nessuna informazione relativa alla nostra esistenza deve uscire da queste mura e abbiamo scoperto che questi monaci amanuensi sono più efficienti di qualsiasi rete elettronica... >
    < L'organico sembra abbastanza limitato. > disse Prudence.
    < Sorella... > replicò Krauss bonario < ...i nostri tentacoli si allungano per tutta la Galassia. Sa quante chiese ci sono nella Galassia? > Prudence scosse la testa convinta < 19.789.655! Ogni chiesa, un parroco...e ogni parroco è formalmente un nostro agente. E da quando il cristianesimo ha cominciato a fare proseliti anche tra gli alieni, abbiamo nostri agenti su Thessia, su Palaven, Sur'Kesh, Tuchanka, Kar'shan...su quasi tutte le colonie e, giusto un mese fa, abbiamo inaugurato la nostra prima parrocchia su Kahje. >
    < Impressionante. > disse Prudence meravigliata.
    < Non ha idea di quante cose veniamo a sapere mentre i nostri fedeli si confessano e quando è il caso, passano la palla a noi ed entriamo in azione. Casi di possessione, eretici, problemi di dottrina, devianze dalla linea ufficiale della Chiesa, incontri ravvicinati del 3° tipo ma anche sette sataniche, misteri, avvistamenti inusuali...in questi casi, mandano noi ad indagare e a risolvere il problema. Con qualsiasi mezzo. >
    Prudence annuì, capendo che 'qualsiasi mezzo' includeva anche l'uso della forza...letale, se necessaria. Ed era per questo che lei in quel momento era lì.
    < Lei sa benissimo quali sono le mie "specialità". > ci tenne a precisare Prudence imbarazzata < Spero che non mi abbiate chiamato solo per questo. >
    < Conosco la sua storia e ne sono molto dispiaciuto ma posso assicurarle che qui non facciamo nulla che anche si avvicini soltanto a quello che...quello che l'hanno addestrata. >

    Prudence annuì sollevata e invitò il suo Comandante a proseguire.
    Krauss allungò la sua mano curata ad afferrare una cartellina di pelle che giaceva assopita su un angolo della scrivania; senza sprecare un movimento, cominciò a svolgere lo spago che la teneva ben chiusa e l'aprì di fronte a se, mostrando i fogli elegantemente vergati a mano che conteneva.
    < Circa una settimana fa vi è stato lo schianto di un oggetto non identificato sulla colonia turian di Tanion; uno degli agenti turian intervenuti sul luogo era un nostro fedele che ha spifferato tutto al proprio confessore e così, quasi in diretta con le autorità locali, abbiamo scoperto che l'oggetto non identificato era in realtà una nave geth con a bordo un singolo fante geth. > spiegò Krauss leggendo il primo foglio che si trovava davanti.
    < Un fante geth. > disse Prudence curiosa, sporgendosi leggermente dalla sedia per poter guardare il fascicolo. Krauss, con un gesto gentile, la invitò ad affiancarsi a lui cosa che Prudence non si fece ripetere due volte.
    < E' inutile che le dica come questo sia un evento eccezionale ma c'è molto di più... > aggiunse l'uomo porgendo alla suora il secondo foglio.
    < Un geth solitario...scollegato dal Consenso! >
    Krauss annuì compiaciuto < Esatto. In poche parole, un'Intelligenza Artificiale autonoma. Un individuo, per così dire, non la cellula di un organismo immenso. >

    Prudence guardò l'uomo pensierosa, non capendo in che modo quella faccenda potesse riguardarla. < Sorella... > disse Krauss affascinato < ...i suoi occhi parlano molto di più della sua bocca. Prego, torni pure a sedersi e sarò ben felice di dissipare i suoi dubbi. >
    La ragazza ubbidì, tornando a sedersi compita al proprio posto < Vede, grazie all'insistenza delle autorità locali, il Consiglio ha acconsentito a creare una squadra di esperti da mandare su Tanion per studiare questo geth e Santa Romana Chiesa ha insistito che anche un suo esperto facesse parte della squadra. > cominciò a spiegare Krauss accomodandosi meglio sulla poltrona < E, mi creda, quando Santa Romana Chiesa 'insiste' anche il Consiglio deve sottostare. Sua Santità crede che questa sia un'opportunità unica per scoprire se un'Intelligenza Artificiale possa essere dotata di un anima; tale scoperta aprirebbe orizzonti inaspettati e nuove domande a cui dare una risposta. Può un robot essere considerato come un essere vivente? Qual è il confine sottile che divide gli esseri senzienti dalle macchine? E se una macchina può essere considerata 'viva', come dovremmo comportarci con lei? >
    Prudence si agitava sulla sedia, conscia della grande importanza che quella missione avrebbe rappresentato per la Chiesa < Mi perdoni. > disse imbarazzata, stropicciando con le mani il tessuto della tuta < Come sa, io non sono esattamente una teologa. >
    Krauss sorrise benevolo prima di tornare a sfogliare il fascicolo della missione < Lo so e, effettivamente, inizialmente avevamo pensato di mandare uno dei nostri esperti teologi...almeno fino a quando non abbiamo ricevuto l'elenco dei componenti della squadra. >
    L'uomo sfilò 3 fogli e li dispose davanti a Prudence; i fogli presentavano un ritratto a china di estrema precisione e bravura posizionato in alto, al centro della pagina e, sotto ad esso, in un'elegante scrittura a mano erano vergate le informazioni riguardanti a quel ritratto
    < Rae’Xerol... > cominciò Krauss indicando il ritratto di un quarian < Pellegrino, ingegnere ed esperto di geth. Quarian. Un personaggio pacifico…l’unico di cui possiamo assicurare essere ‘innocuo’. >
    Passò l'indice sul secondo foglio indicando il volto grazioso di un'umana < Karen Jessen. Ingegnere della Søndergaard Military Industries. Pare non sia al 100% organica e dalle informazioni in nostro possesso, non dovrebbe essere neanche viva in questo momento….sospettiamo che la Søndergaard Military Industries abbia giocato sporco con lei…già che c’è, potrebbe usare un po’ del suo tempo per indagare su questa donna. >
    Poi, con fare deciso, l'uomo puntò il dito sul terzo ritratto. Un turian dallo sguardo cattivo e dalle pitture facciali che lo facevano sembrare un demonio appena sputato dall’inferno. Il turian sembrava guardare Prudence con fare di sfida < Sithis Laenus. > disse severo Krauss < Ufficialmente, esperto di robotica o almeno questo è quello che ci vogliono fare credere i turian. Ha mai avuto occasione di cooperare con i turian? > domandò interessato.
    Prudence annuì mentre le tornava alla memoria il volto di Aliquis e di quella missione che aveva fatto scattare in lei la sete di vendetta verso i propri carnefici < Una volta, poco tempo fa. > rispose quasi trasognata.
    < E che impressione le hanno fatto i turian? >
    < Posso parlare liberamente? > domandò Prudence educata ricevendo un sorrisetto d'assenso da parte di Krauss < Falsi come Giuda. Ingannatori della peggiore specie. Dediti alla causa come eretici impenitenti. Privi di scrupoli e di rettitudine morale. Con l'apertura mentale di un criceto in gabbia. Preferirei mettere la mia vita in mano a uno yagg incazzato piuttosto che affidarla agli artigli subdoli e meschini di quegli alieni. >
    L'uomo si lasciò scappare una profonda risata < Più o meno è la conclusione a cui sono arrivati i nostri tattici. Ed ecco perchè è stata scelta lei per questa missione. >
    < Continuo a non capire. > replicò Prudence imbarazzata.
    < Sospettiamo che questo turian sia membro della Guardia Nera...roba pesante...gente abituata a tagliare a pezzettini i nemici e poi mangiarseli con contorno di insalata accompagnato da un buon bicchiere di Chianti. Insomma, un tizio che potrebbe da solo conquistare una colonia, figuriamoci cosa potrebbe fare su un pianeta amico e attorniato da personaggi poco più agguerriti del frigorifero di casa. Crediamo che i turian vogliano eliminare il geth ed impedire qualsiasi studio sulla macchina. >
    < Il mio compito sarà proteggere il geth? >
    < Non solo. Dovrà anche cercare di dare una risposta a questa unica domanda: può una macchina avere un anima? >

    Prudence tornò ad agitarsi sulla sedia rendendosi conto di come, con le sue qualità, avrebbe potuto facilmente adempiere alla protezione del geth ma di come sarebbe stato quasi impossibile per lei dare una risposta a quella domanda.
    < Si rilassi. > la tranquillizzò Krauss < Lei rientra nelle specifiche che i nostri tattici hanno segnalato come requisiti minimi di missione, vede? > disse mostrandogli due fogli zeppi di parole < Conoscenza della Bibbia...buona cultura generale...capacità di giudizio...Fede incrollabile...ottima attitudine a pensare fuori dagli schemi ma, cosa più importante... > aggiunse srotolando di fronte agli occhi sbarrati di Prudence una lunga pergamena che, fino a quel momento, era rimasta arrotolata accanto alla cartelletta < ...lei è l’unica agente esperta nell'uso delle armi richieste e con le capacità di combattimento adeguate per fronteggiare una sospetta Guardia Nera. >

    L'elenco che Prudence prese dalle mani di Krauss comprendeva più o meno tutte le armi bianche e non, inventate negli ultimi 200 anni in giro per la Galassia. Se quel turian era davvero così pericoloso, la ragazza cominciò a pensare che anche il suo compito di guardia del corpo avrebbe potuto essere difficoltoso.
    < Questo è tutto. > concluse Krauss < Una nave l'aspetta all'astroporto di Fiumicino. La porterà direttamente su Tanion e, una volta lì, lei sarà ufficialmente Sorella Prudence Judicael, teologa e diretta emanazione di Sua Santità. Alloggerà assieme al resto della squadra del Consiglio ma avrà a disposizione una base operativa situata a poche centinaia di metri della Centrale di Polizia dove è custodito il geth. La Chiesa di San Gregorio, per la precisione, dove troverà armi, equipaggiamento...tutto il necessario per spaccare il grugno a qualsiasi turian bellicoso...nonchè un nostro agente già fatto arrivare e che sta monitorando la situazione: si chiama don Pedro ma non si faccia ingannare dal suo aspetto pacioso e bonario...è un ex SAS dal grilletto facile e dal pugno letale. Mi raccomando, prudenza...non siamo certi che il turian sia pericoloso quindi, basso profilo e cerchi di tenere nascoste le sue qualità... > Krauss si interruppe di scatto con una smorfia mentre osservava le larghe spalle della donna, le braccia tornite, l'addome piatto e scolpito, le gambe affusolate e potenti, i trapezi che congiungevano il collo sottile alla schiena definita, l’abbondante seno che danzava ad ogni movimento della ragazza < ...riformulo, tenga nascoste le sue qualità non oggettivamente riscontrabili. E' tutto, Sorella. >
    Prudence, ancora vagamente stordita e indecisa, si alzò dalla sedia e si avviò lentamente verso l'uscita.
    < Quasi dimenticavo... > aggiunse Krauss interrompendo l'elegante incedere della ragazza < ...passi in biblioteca a prendere una copia di Pinocchio e l'opera omnia di Isaac Asimov, le potranno essere d'aiuto nella parte più intellettuale della missione. E si porti un ombrello. > terminò strizzandole l'occhio.

     
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    Karen Jessen

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    Freddo. Paura. Sonno. Stock!
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    La mamma e papà ti vogliono bene. Non voglio dormire, ho paura. Benvenuta nel 2164. Stock!
    «KAREEEEN?»
    Il soggetto XX-0 sta ripresentando la malattia. 01101101 01100001 01101101 01101101 01100001 - 01110000 01100001 01110000 11100000 - Signorina Jessen, lei è un clone. Mi fa male, perchè non lo capiscono? Il soggetto è incapace di mostrare emozi-
    «Diamine Karen, ecco dov'eri!»
    Bloccata con l'ascia a mezz'aria, la donna voltò il capo nella direzione da cui proveniva la voce. Erano a malapena le sette di mattina e ma l'alba non era ancora sorta. In quel periodo dell'anno, in Danimarca, le ore di luce erano ridotte; per cui sarebbe servita una luce per uscire all'aria aperta. Karen, grazie ai suoi occhi, poteva farne a meno... ma anche colui che l'aveva trovata.
    «E' strano vederla qua fuori, Signor Jenkins» commentò Karen.
    Abbassò l'attrezzo, deponendolo al suo posto e raccogliendo poi la legna tagliata per fare altrettanto.
    «E' venuto ad aiutarmi?» domandò con la sua voce priva di alcuna emozione.
    «Sono venuto ad avvisarti che la Dahl è venuta a trovarci. Sembra qualcosa di importante o non si sarebbe presentata a casa nostra, per giunta nel nostro giorno libero» la informò l'uomo, indicando dietro di sé la casa.
    Karen lasciò perdere il suo lavoro, per fissare l'unica luce proveniente dall'interno della casa. Jenkins doveva averla fatta attendere nel salotto.
    «Allora è meglio non fare attendere troppo la Presidente, giusto?»

    La casa che divideva con Jenkins distava pochi metri da loro, per cui ci misero davvero poco ad arrivare. Per lungo tempo aveva vissuto nei laboratori della Søndergaard Military Industries (SMI), ma una volta raggiunta l'età adulta, Karen chiese di poter vivere per conto suo.
    Le procurarono una piccola casa sul limitare del bosco, con interni in legno e pietra, appena fuori dal terreno della SMI. Non voleva le tipiche case "moderne" di quell'epoca, per cui fu felice quando le diedero quell'abitazione.
    Nell'ultimo anno, a Karen le fu chiesto di ospitare il soggetto XY-11: Shane Jenkins. L'uomo era stato portato alla Søndergaard più morto che vivo e, a causa della sua ricostruzione, aveva perso gran parte della sua memoria. Era il problema più frequente per i soggetti al Progetto Asimov, ma solitamente bastava qualche tempo per recuperare.
    Shane però... non lo aveva fatto. A Karen le venne dato il compito di monitorare i progressi, giacché diversi impianti nel corpo dell'uomo erano uguali ai suoi e lei era l'unica conosciuta a possederli da molti anni.
    Inoltre Jenkins faceva parte del Progetto, per cui avrebbe dovuto lavorare obbligatoriamente per la Søndergaard. Questi erano i vincoli di chi ne prendeva parte.

    Giunti ormai alla porta di casa, Karen notò un alcuni veicoli parcheggiati lì vicino e diverse persone sparpagliate attorno al perimetro dell'abitazione. La Dahl era venuta con la sua scorta.
    Shane le aprì la porta e guardandola con i suoi occhi bicromatici, azzurro a destra e viola a sinistra, le fece segno di entrare. Lei aveva sempre pensato che il compare fosse stato fortunato, dopotutto era stato costretto a cambiare solo un occhio.
    Una volta dentro alla casa, si entrava subito in una stanza che faceva da salotto, sala da pranzo e cucina. Karen vide immediatamente la Dahl accomodata sul loro divano, intenta a sorseggiare del caffè. Shane doveva avergliene preparato un po' prima di venirla a cercare.
    La porta si chiuse dietro la danese, ma non sentì i passi del suo compagno. Era rimasto fuori.
    «Si accomodi, Jessen» ordinò l'altra donna, indicando poi una delle due poltrone.
    Senza farselo ripetere due volte, Karen obbedì in silenzio. Sebbene il volto non potesse mostrare alcuna emozione, dentro di lei si sentiva nervosa per quell'inaspettato incontro.
    Aveva visto tre volte quella donna: quando era "rinata", quando i "lavori" su di lei si erano conclusi e... oggi.
    «Voglio supporre che non ci siano problemi per il suo stato e per quello di XY-11» disse la Dahl, fissandola con i suoi occhi scuri.
    Karen non aveva mai capito di che etnia fosse quella donna. Le era stato detto che oramai non c'erano più distinzioni marcate come tempo fa, per cui vi rinunciò quasi subito. Una cosa però la poteva dire: la Dahl doveva aver passato sicuramente i suoi cinquant'anni.
    «No Signora, nessuno» rispose dopo pochi secondi. Consegnava sempre in orario i propri rapporti, per cui non capiva il perché di quella domanda. Che li avessero persi?
    La Dahl annuì soddisfatta, dopodiché attivò il suo factotum e vi digitò sopra. Dopo appena pochi attimi, Karen ricevette un messaggio. Non sul suo factotum, bensì nel suo cervello; la parte ricostruita con materiali non organici, presentava la possibilità di ricevere informazioni, leggerle, modificarle ed inviarle come se fosse un factotum o un terminale.
    La ricercatrice li aprì, visualizzandoli sul suo occhio sinistro. Quello destro lo usò per continuare a guardare la Presidente.
    «Ieri è arrivato un comunicato dal Consiglio. A quanto pare un Geth è atterrato su Tanion, una colonia commerciale turian. Stranamente questa IA non è aggressiva e gli abitanti locali non hanno idea di che pesci prendere» spiegò la Dahl, alzandosi e camminando per la stanza.
    «Pensavo che la regola "Sparare ai Geth a vista" fosse ancora in vigore» commentò senza che la voce mettesse in chiaro il suo dubbio interno.
    «Vi è ancora, solamente che la figlia del sindaco ne ha impedito l'eliminazione. Il Consiglio così ha predisposto l'organizzazione di un team per studiare questa particolare situazione e noi, della Søndergaard Military Industries, abbiamo pensato di avanzare una richiesta di partecipazione per te. Penso lei comprenda il motivo del perchè di tale gesto» continuò, fermandosi a guardare fuori dalla finestra.
    Karen notò che stava cominciando a piovigginare. In Danimarca era così: per almeno 170 giorni all'anno c'era pioggia.
    Una cosa che era rimasta immutata nel tempo.

    «Come puoi vedere, la richiesta è stata accettata e con essa ci è stata consegnata la lista dei partecipanti. Un quarian, un turian e una suora. Sembra l'inizio di una barzelletta, no?» domandò retorica, prima di proseguire: «Il quarian: Rael'Xerol. Le chiediamo di stargli vicino e apprendere da lui il più possibile, perchè anche il più incapace di loro è in grado di eguagliare uno dei nostri più esperti. Il turian: Sithis Laenus. Stia lontana da lui: diverse voci ci hanno confermato la sua pericolosità. La suora: Prudence Judicael. Per l'amor del cielo, cerchi di avere meno contatti con lei. Sa quante rogne abbiamo avuto da gente come lei? In più non circolano molte voci positive sul suo conto. Potrebbe rivelarsi pericolosa quanto il turian.»
    La danese annuì alle richieste della Presidente. Pianeta alieno, di una razza aliena e anche con persone poco raccomandabili in team. La gioia a livello puro.
    «Il suo compito sarà quello di studiare questa anomalia. E' un'occasione più unica che rara e non possiamo sprecarla. Inoltre Jessen... si limiti. Sa cosa intendo» e così dicendo, si diresse verso la porta.
    «Sì, Presidente Dahl. Sarà fatto, Signora» rassicurò Karen, alzandosi anch'essa per accompagnare la donna.
    Le aprì la porta, chinando poi il capo in segno di saluto. Dall'altra parte, Jenkins faceva altrettanto.
    «Un'ultima cosa. Il qui presente Jenkins la accompagnerà. La Søndergaard Military Industries non può permettersi che i propri dipendenti girino su un pianeta del genere senza una scorta. Sa... per evitare incidenti. Partirete domani» dichiarò la donna, facendosi poi scortare dai suoi uomini fino al veicolo.
    Karen e Shane attesero che tutti si allontanassero prima di entrare in casa.
    «La Dahl mi ha già spiegato la mia parte, non temere» confessò il compare con fare cospiratorio.
    La donna dai capelli castani lo guardò andare nel reparto cucina. Sospirando, Karen decise di ripulire la tazza da caffè utilizzata dalla loro inattesa ospite.
    «Lo sapevi che su Tanion piove molto più spesso che qui? Ah! Ci hanno dato anche un luogo in cui stare, ma avremo un matrimoniale. Chi ha organizzato il viaggio dev'essere uno spilorcio» le disse indignato.
    «Per me non c'è problema» confessò.
    «Davvero?» chiese curioso l'uomo.
    «Certamente. Le chiedo di avvisare solo il suo ragazzo, non voglio problemi anche da lui. Inoltre si ricordi di prendere il sacco a pelo. Io non divido il letto» e così dicendo, l'abbandonò per usare le scale lì vicino. Quest'ultime portavano a un soppalco a vista, il quale si collegava alle due camere e al secondo bagno. Aveva delle valigie da preparare.



    Edited by Aires - 25/4/2019, 22:17
     
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    Sithis Laenus

       Fazione: Forze Speciali Turian
       Ruolo: Guardianera



    "Buongiorno, Quencus".
    Tanilia sussultò, prima di accorgersi che a rivolgerle la parola era stato un suo superiore. Distratta com'era dalla notizia appena giunta, non si era accorta della presenza del maggiore e aveva continuato a fissare il datapad, incapace di staccare gli occhi.
    Tempestivamente, la turian esibì il saluto militare, ma il maggiore si era già voltato, probabilmente indisposto. La attendeva una bella strigliata... Fortunatamente il suo capo squadra si era concesso una settimana di vacanza, quindi non ne avrebbe risposto a lui. Il che era straordinario, conoscendo i modi di Sithis.
    L'ufficio era ormai a pochi passi, ma la turian, nell'atto di voltare l'angolo, si fermò proprio di fronte all'ufficio dell'armeria, da dove una turian stravolta stava uscendo, quasi in lacrime.
    Conosceva soltanto un individuo capace di portare così al limite un membro della loro razza...
    "Le ferie sono già finite?" - esordì Tanilia, appoggiandosi allo stipite della porta.
    Per risponderle, Sithis neanche si voltò, intento a controllare le munizioni una delle armi che preferiva, la Suppressor - "Si può sapere chi ha ingaggiato quell'idiota per i rifornimenti?".
    "Gladius è un'ottima recluta" - rispose pazientemente Tanilia, non senza aver tirato prima un sospiro - "E... sono stata io a sceglierla".
    "Bene. La tua ricerca è appena ricominciata".
    "Perché l'ha mandata via?" - domandò la turian, esasperata. Aveva appreso da soli cinque minuti del suo ritorno e aveva già iniziato ad accusare un lieve mal di testa. Niente era mai facile, quando si trattava di Sithis.
    Il comandante rimise a posto la Suppressor e si voltò verso la subalterna, piantando le mani sulla scrivania - "Devo colpire un veicolo corazzato da una distanza considerevole... facciamo 1.500 metri. Quale arma mi consigli?".
    "Widow" - rispose la turian, senza remore.
    "Sono commosso dal fatto che tu sia consapevole dell'ovvio..."
    "Non ho finito" - ribatté Tanilia - "Munizioni perforanti, rivestimento rinforzante al tungsteno e mirino stabilizzatore".
    A quel punto, Sithis fece una smorfia - "Resta una risposta incompleta, ma senza dubbio migliore di quella che sono stato costretto ad ascoltare poco prima che tu arrivassi" - spiegò, irritato.
    "Non dubito che possa essere caduta in fallo, comandante. Ma, a meno che la sua risposta non fosse stata "Mantis", non mi spiego l'espressione umiliata di Gladius".
    Sithis ridacchiò - "Mantis..." - mormorò divertito - "No, no... E' perché le ho detto che è un bene che sua madre non abbia avuto l'opportunità di vederla perdere il lavoro dopo solo tre giorni".
    Tanilia assunse un'espressione fortemente rammaricata e, per qualche istante, provò un moto di odio profondo nei confronti di Sithis. C'era stato un periodo in cui aveva addirittura ammirato questo suo cinismo, ma a seguito dell'incidente di Reedus, la turian aveva iniziato a detestare quel suo atteggiamento, soprattutto riguardo a quel genere di argomenti.
    "Comandante... Sua madre è deceduta la settimana scorsa. Il suo dossier è stato aggiornato..."
    "... Proprio ieri" - finì per lei il comandante, con un sorriso orribile sul viso, tra lo scherno e la supponenza - "Non sono un indovino, Tanilia".
    L'altra deglutì nervosamente e abbassò lo sguardo. Sapeva che ogni altro commento in proposito sarebbe stato accolto con poco garbo e la turian preferì tacere. Tacque perché era stanca di perdere, ma soprattutto perché di recente anche il suo dossier era stato aggiornato. E Sithis sapeva, ne era certa.
    "Ora, se non hai altre interessantissime ovvietà da condividere, che ne dici di trovare qualcuno che si occupi dei rifornimenti? " - la invitò il turian, voltandosi per ricominciare quello che aveva interrotto.
    Tanilia cercò di tornare concentrata - "C'è qualcosa di più urgente di cui dobbiamo occuparci" - rispose, e porse al superiore il datapad - "E' appena arrivata".
    "Tanion" - borbottò Sithis dopo aver letto - "E ora che me ne faccio dei miei nuovi occhiali da sole?"


    Meravigliosamente grigia e spenta, Tanion salutò il loro arrivo con una pioggia scrosciante.
    "Non credevo che l'avrei mai detto, ma... mi manca Noveria" - esordì Tanilia, guardando annoiata la città dal finestrino dell'astroauto. Si voltò verso Sithis alla guida, con gli occhi pieni di curiosità - "Non mi aspettavo che avrebbe scelto di portarmi, comandante".
    "Stiamo parlando del destino di una colonia turian. Nella migliore delle ipotesi" - fece lui senza staccare gli occhi dalla strada - "Forse avrei potuto gestirla anche da solo... ma non ho mai messo il mio orgoglio davanti al dovere".
    "Quasi mai" - corresse l'altra con un sorriso malcelato.
    "Quasi" - convenne l'altro. Seguì un breve silenzio, durante il quale Tanilia ponderò se fare la fatidica domanda a cui stava pensando già da molto.
    "E' andato-?".
    "Ti hanno affittato un appartamento a pochi chilometri dal luogo d'interesse" - la interruppe bruscamente lui - "Ci terremo in contatto saltuariamente, ogni qualvolta avrò bisogno della tua conoscenza in ambito tecnologico e se ritengo opportuno fornirti dati utili. Nel frattempo, terrò lontano chiunque cerchi di mettere le mani su quella ferraglia. Purtroppo la notizia è trapelata e il consiglio non può acconsentire ufficialmente alle ricerche, dopo quello che è accaduto alla Cittadella, ma non si può ignorare la portata di questo evento. Ecco perché hanno chiamato noi, e...".
    Lanciò un'occhiata a Tanilia, che aveva lo sguardo perso fuori.
    "... e no, non sono andato da Reedus".
    La turian si voltò di scatto, sorpresa.
    "Non è il momento, né il luogo adatto per parlarne" - tagliò corto il turian, iniziando ad accostare - "Quindi cerchiamo di concentrarci su quello che va fatto".
    Tanilia aprì la portiera - "Sissignore".

    Nonostante avesse la parvenza di un edificio nuovo, anche il commissariato non sfuggiva a quella patina malinconica e brulla che avvolgeva l'intera città. Grigio, malconcio dalle piogge incessanti, su uno sfondo perennemente nuvoloso.
    Al suo arrivo, un turian si occupò della sua astroauto, e un altro lo accompagnò all'interno della struttura. Il tempo di mettere piede all'ingresso, che scorse il sindaco venirgli in contro concitatamente.
    "Comandante Laenus, benvenuto" - lo salutò, porgendogli una mano, che Sithis fissò per un lungo istante. Provava uno strano piacere nel percepire il senso di inadeguatezza altrui, ma si impose di ridurre al minimo possibile il disagio del sindaco; così, dopo un po' di esitazione, si decise a rispondere al saluto, con una stretta più vigorosa del dovuto.
    "Ha... fatto un buon viaggio?" - domandò il sindanco, cercando inutilmente di celare la fitta alla mano.
    "Signor Vitreus, io non faccio viaggi confortevoli" - rispose Sithis, con un mezzo sorriso che non aveva nulla di amichevole - "Sono un soldato, non un politico".
    L'altro annuì con una smorfia, visibilmente indispettito - "Ognuno fa il proprio dovere, dico bene?".
    "Altroché" - convenne il comandante - "E il suo, se non sbaglio, non è quello di spargere petali di rosa sul mio cammino, dunque cosa stiamo aspettando?".
    Dopo l'iniziale sorpresa, il sindaco invitò Sithis a seguirlo con un gesto del braccio.
    "Mi avevano avvertito del suo atteggiamento estremamente... 'pratico'" - sincerò il sindaco - "Purtroppo il mio settore è pieno zeppo di inutili convenevoli..."
    "Cosa sa dirmi sul Geth?" - tagliò corto Sithis, guardandosi intorno e prendendo appunti mentali su volti e spazi.
    Il sindaco lo guardo, poi parve riflettere sulla definizione più appropriata. Poi, affermò - "E'... unico".
    "Unico?".
    "Unico" - Una terza voce si intromise. Sithis si voltò e incontrò lo sguardo determinato di una turian, dagli stessi occhi verdi di Vitreus - "Quando lo vedrà, capirà".

     
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    Naen Gornis

       Fazione: Nessuna
       Ruolo: Agente di polizia



    "Servitori del popolo" spiegò Elf alla sua proprietaria turian. Naen aveva chiesto all'IV tutti i dati conosciuti in merito all'argomento Geth. Ne sapeva abbastanza, ma quell'abbastanza si limitava a quello che si diceva in seguito all'invasione della cittadella.
    "E' il significato della parola Geth?"
    "Esattamente. Sono stati creati dai Quarian per essere usati come lavoratori e come braccia armate... Poi hanno iniziato ad evolversi autonomamente, a sviluppare una rete di pensiero interconnessa tra i loro software, e quindi a pensare come un singolo individuo. E' affascinante, sarebbe bello se potessi godere anch'io di questi privilegi."
    All'affermazione di Elf, Naen lasciò andare il cucchiaio sul bordo della tazza, con un'espressione interdetta.
    "Stavo scherzando."
    "Devo ridurti la percentuale di umorismo?"
    "Non puoi. Mi hai vietato di lasciartelo fare."
    "Maledizione" mormorò "Devo tenere la bocca chiusa più spesso... Continua."
    "I Quarian hanno trovato questo comportamento alquanto pericoloso."
    "E vorrei ben vedere." commentò lei, sorseggiando dalla tazza.
    "Non è così semplice. I Geth si sono evoluti al punto da essere considerati esseri viventi. Una vera e propria specie. E lo sterminio di una specie è un crimine galattico, oltre che immorale."
    "Quindi, immagino che i Rachni siano solo andati in gita scolastica."
    "E' diverso. I Rachni erano sull'orlo di spazzar via l'intera comunità galattica."
    "Esattamente Elf, esattamente."

    Uscì di casa circa mezz'ora dopo. Le nozioni di storia di Elf le avevano reso le idee ancor più confuse... Ma stava facendo bene a supportare Galan e la sua sciocca idea?
    Di fronte al commissariato, una delle due guardie, Balor, la salutò con un cenno della testa.
    "Fai attenzione, Naen." affermò l'agente "E' arrivato un membro della Guardia Nera... La situazione potrebbe degenerare da un momento all'altro."
    La Guardia Nera? Il Consiglio aveva scomodato addirittura la Guardia Nera per un ammasso di rottami parlante?
    Senza farsi troppe domande, entrò ed abbandonò il cappotto all'appendiabiti... Non troppo lontano, Galan e suo padre stavano parlando con un Turian che non aveva mai visto.
    "Quando lo vedrà, capirà" aveva appena detto Galan, quando Naen fu abbastanza vicina da udire le loro voci.
    "Che succede?" l'agente entrò nella discussione, forse interrompendola, ma non le importava. Quel Turian, così alto, elegante, ed anche abbastanza affascinante, le incuteva però un senso di paura... Cosa che era sicura provasse anche Galan, e Naen era più preoccupata per lei.
    Il Turian si voltò verso di lei guardandola dall'alto. Naen era un po' più bassa rispetto agli standard, ma messa a confronto con quell'uomo, la differenza di altezza era quasi una forma di disagio.
    Lui non si degnò nè di salutarla nè di mostrare il minimo rispetto. Naen pensò che fosse perchè non indossava ancora l'uniforme, ma ben presto avrebbe imparato a non prevedere nulla da lui.
    "Naen, ciao!" fu Galan ad interrompere quello scambio di sguardi "Ti presento il comandante Sithis Laenus, della Guardia Nera."
    "Laenus, ho sentito parlare di te... Ma conoscendo la Guardia Nera, sono certa che fosse tutto errato."
    Sperava che quell'atteggiamento pacato bastasse a placare quella tensione, ma per fortuna ci pensò il sindaco.
    "Beh, che stiamo aspettando? Andiamo a vedere il Geth."
    "Come, e gli altri?" chiese Naen, perplessa. Era convinta che il Consiglio avesse mandato una squadra, non un singolo agente "Il Consiglio è a corto di fondi?"
    "No, agente Gornis. La squadra del Consiglio è partita con mezzi separati. Gli altri non sono ancora arrivati. Ma perchè non facciamo accomodare il comandante Laenus nel seminterrato, così può cominciare a conoscere il... Problema?"

    Mentre l'ascensore li portava giù, Galan raccontò al guardianera della scoperta del Geth, e dei suoi... Difetti.
    Quando le porte dell'ascensore si aprirono, i Turian poterono vedere il sintetico seduto a terra, al centro della stanza. Esso alzò la testa, e poi si mise in piedi, aspettando che il gruppo lo raggiungesse, quindi fece un passo avanti.
    "Buongiorno, sindaco Caeper Vitreus. Naen Gornis. Ciao, Galan." salutò Uno, con la sua voce sintetica e monotona, ma che sembrava quasi addolcirsi nei confronti di Galan. Forse era davvero cosciente del fatto che la donna l'avesse salvato.
    "Il nostro backup dati non contiene informazioni su di te, Turian. Gli organici del seminterrato ci chiamano Uno. Siamo lieti di conoscerti." il Geth allungò il braccio, porgendo la mano al nuovo arrivato. Si voltò verso Galan, che sorrideva compiaciuta. Stava proprio imparando.

     
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    Banshee

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    Prudence Judicael

       Fazione: Ordine delle Quattro Virtù
       Ruolo: Adepta

    citazione (rimuovere se non presente)


    Il viaggio era stato confortevole e rilassante per Prudence; l'astronave che Santa Romana Chiesa le aveva riservato era piccola ma dotata di ogni genere di conforto e, nota non secondaria, l'equipaggio si era rivelato gentile e cordiale tanto che le fu concesso di fumare le sue amate Lucky Strike senza opporre resistenza.
    La giovane suora si era accomodata su una comodissima poltroncina dove aveva cominciato a leggere avidamente i volumi che aveva recuperato dall'archivio.
    Era rimasta particolarmente affascinata dagli scritti di Asimov domandandosi come fosse mai possibile che i Quarian, nel momento in cui crearono i Geth, non fossero stati così previdenti da inserire nel loro codice di programmazione quelle tre semplici Leggi, riconducibili ad altrettante equazioni, che lo scrittore di fantascienza aveva intuito fondamentali per evitare una rivolta delle macchine.
    Aveva al contrario ignorato il libro di Pinocchio che invece il Comandante Krauss aveva ritenuto fondamentale per quella missione. Pensierosa, guardò la copertina colorata del libro dove una bella ragazza dai capelli azzurri toccava la testa del burattino di legno con la sua bacchetta magica; pensò che, se Krauss aveva così insistito, sicuramente la Divina Provvidenza le avrebbe fatto capire il momento in cui utilizzare quel libro.
    Quando la gentile signorina che si era premurata per tutto il viaggio di esaudire i desideri di Prudence comunicò alla ragazza che stavano per atterrare, Prudence si stiracchiò flessuosa come una gatta, richiudendo il libro "Io, robot" e facendo scricchiolare le dita dei piedi che, per tutto il viaggio, aveva tenuto liberi dai suoi pesanti scarponi.
    Come una bambina curiosa, appoggiò la fronte all'oblò dell'astronave e si gustò l'arrivo su quella malinconica colonia turian dove il cielo plumbeo e la continua pioggia donavano al paesaggio un omogeneo colore grigiastro.
    Erano grigi i campi coltivati, grigi i nastri asfaltati delle strade, grigi gli edifici che cominciò ad intravvedere mano a mano che la nave si avvicinava all'astroporto.

    " Non si può dire che su questo pianeta possano soffrire di siccità. " disse la calda voce di Sephir nella mente di Prudence mentre anche lui osservava affascinato il paesaggio.
    " Mi piace questo pianeta." rispose mentalmente Prudence "Ha un'atmosfera così tranquilla e malinconica che...e poi, sai come si dice, 'Dio è nella pioggia'." aggiunse divertita con un sorriso.
    "Beh...allora qui troveremo Dio in abbondanza. Pensi di recarti subito a incontrare il Geth?"
    "No. Prima andremo a incontrare Don Pedro che ci aggiornerà sulla situazione e sui protagonisti di questa storia; sarà lui ad accompagnarci alla centrale di Polizia."
    E così fece.
    Don Pedro dimostrò di essere un gioviale parroco di mezza età dalla battuta pronta e dall'umorismo accentuato. Era abbastanza alto, piuttosto sovrappeso, con lineamenti sudamericani e due baffetti neri ben curati che a Prudence ricordavano Zorro...solo un po' più grasso e posato.
    La chiesa di San Gregorio era piccola e profumava di incenso e cera.
    Tutto era piccolo: piccolo l'altare, piccolo il tabernacolo, piccola l'unica navata in stile romanico che ospitava una decina di seggiole ben allineate. L'unica cosa grande era la cripta che si apriva sotto la chiesa o meglio, una stanza celata dietro un affresco di San Tommaso che ospitava la sala operativa di Don Pedro comprensiva di terminale per le comunicazioni, collegamento extranet e...una lunga rastrelliera dove, una accanto all'altro, erano disposti fucili d'assalto, pistole e la più bella collezione di armi bianche che Prudence avesse mai visto.

    ____________


    < Ricapitolando... > disse Don Pedro mentre i due si avvicinavano alla stazione di polizia < ...faccia uscire l'anima del geth ma soprattutto eviti che venga smantellato. >
    < Perchè tenete così tanto a questo geth? > domandò dubbiosa Prudence.
    Don Pedro si fermò afferrandola delicatamente per un braccio per farla voltare < Abbiamo paura dei Geth non perchè sono robot ma perchè hanno una società che non riusciamo a comprendere, entiendes? Loro sono come un alveare o un formicaio senza una Regina che li guidi...non esistono unità, esistono solo i Geth: tutti uguali, tutti omologati, tutti connessi...si può dire che siano quanto di più vicino alla realizzazione del sogno di Karl Marx. >
    < Cioè i Geth sono comunisti? > domandò divertita Prudence ricevendo un sorriso complice da Don Pedro.
    < Più o meno. Ma la loro società è relativamente giovane e in 200 anni sono passati dall'essere i servi dei Quarian a una civiltà evoluta. Chi può dire che questo loro, diciamo, 'comunismo' non sia altro che una fase del loro sviluppo, un modo che loro hanno trovato per proteggersi a vicenda? Entiendes? >
    < Insomma...sta dicendo che questo Geth scollegato potrebbe essere il frutto di un'evoluzione della società Geth. Il primo caso di singolarità nel mezzo di una collettività. >
    < Sto parlando di 'rivoluzione', Sorella. Questo Geth, con le dovute differenze, potrebbe essere il nuovo Messia della sua specie; colui che li guiderà verso una nuova forma di società... >
    < E a Santa Romana Chiesa non dispiacerebbe che questo Messia fosse anche cattolico, giusto? > replicò Prudence che cominciava a capire il vero scopo di quella missione.
    < Diciamo che la cosa farebbe piacere a Roma. Provi a pensare! Un'intera nuova civiltà al servizio di Santa Romana Chiesa...una civiltà giovane, spregiudicata...e poi immagini che questa civiltà tecnologicamente avanzata, militarmente forte e dannatamente inquietante sia al servizio di Roma! >
    < Posso immaginare gli scenari futuri: nuove crociate, nuove guerre... > disse Prudence contrariata.
    < No...non entiendes...loro saranno i difensori della Galassia da ogni minaccia esterna o interna; il nostro muro d'acciaio contro qualsiasi cosa si nasconda nel buio dello spazio e nell'anima nera degli abitanti della Via Lattea. La Spada di Dio forgiata per sfidare i Rachni che ancora dobbiamo scoprire e i Krogan che albergano in ognuno di noi. >

    ______________


    Il loro arrivo alla centrale fu accolto con formale indifferenza dai turian che quasi ignoravano cosa fosse un prete o una suora ma bastò fare notare loro come Prudence fosse stata inviata sotto ordine del Consiglio per fargli cambiare atteggiamento risvegliando lo zelante, disciplinato e noioso comportamento che rendevano così odiosi i turian agli occhi della ragazza.

    L'accesso alla stanza del Geth fu consentito solo a Prudence mentre Don Pedro fu costretto ad aspettare nella sala d'attesa poichè il protocollo non prevedeva la vista del Geth se non a un ristretto numero di persone elencate in ordine alfabetico su una tabella elettronica che fu inviata prontamente al factotum di Prudence.
    La stanza dove era ospitato il Geth era affollata da ben quattro delle persone elencate: il sindaco Vitreus e sua figlia Galan - < Si ricordi... > le aveva detto Don Pedro < ...la figlia del sindaco sarà la sua migliore alleata. Anche lei, per motivi diversi, tiene al Geth. Se la faccia amica! > - un'altra turian dal fisico atletico che Prudence ricordò si chiamasse Naen Gornis grazie al fascicolo che Don Pedro aveva preparato su di lei - < E' la migliore amica di Galan. Se non riesce ad avvicinarsi alla figlia del sindaco, provi con l'agente Gornis. > - e infine il motivo per cui Prudence era stata inviata in quella missione: Sithis Laenus.

    Vederlo dal vivo, quel turian alto e dagli occhi cattivi, con quelle pitture facciali enigmatiche ma affascinanti, inquietanti ma ipnotizzanti, provocò in Prudence un misto tra la soggezione e l'ammirazione.
    < Sorella Prudence Judicael. > disse monotono l'agente che l'aveva scortata < Inviata da Santa Romana Qualcosa sotto il patrocinio del Consiglio. >

    Prudence avanzò educatamente verso il drappello di turian; non sfuggirono alla ragazza gli sguardi piuttosto sbigottiti che i turian riservarono al suo corpo che, probabilmente, non riuscivano ad associare alla figura di una suora ma, piuttosto, a quella di una campionessa di bodybuilding o di un soldato.
    Prudence non fece caso a quegli sguardi a cui era abituata e si limitò a stringere le mani dei presenti, intensificando leggermente la stretta quando la sua mano venne stretta dalla Guardia Nera. La ragazza rimase alcuni secondi a scrutare gli occhi di Sithis e quello che ci vide dentro, non le piacque per nulla.

    "Questo è un figlio di puttana peggio di quelli che ero abituato a frequentare all'Inferno!" mormorò Sephir cattivo.
    "Sephir! Il linguaggio!"
    "Scusa...comunque resta un figlio di puttana!" rincarò il demone per nulla pentito.
    "Lo so...lo vedo nei suoi occhi." acconsentì infine Prudence.

    < Sorella Judicael, è la prima volta che ho...ehm...il piacere di avere a che fare con Santa Romana... > disse educato il sindaco Vitreus inceppandosi sul finale poichè non ricordava cosa seguisse a 'Romana'.
    < ...Chiesa. > disse Prudence comprensiva < Santa Romana Chiesa. Il piacere è mio. Non so se sapete il motivo della mia presenza qui quindi ve la farò breve: il mio compito è studiare il Geth da un punto di vista spirituale. Non mi interessa sapere il numero dei suoi circuiti, se sa porgere la zampa o se sa fare calcoli integrali come se niente fosse. Io devo stabilire se questa Intelligenza Artificiale è dotata di anima. Non tollererò intrusioni durante l'adempimento del mio compito: quando parlerò con il Geth, esso non dovrà ricevere aiuti dall'esterno. So essere piuttosto 'persuasiva' nel difendere le mie pretese. > concluse massaggiandosi con nonchalance il nerboruto braccio stretto nella candida tuta attillata.
    < Ci sta minacciando, Sorella? > domandò stupefatto Vitreus che quasi sobbalzò.
    < Sto solo mettendo le cose in chiaro. Io non prendo ordini dal Consiglio ma il Consiglio avalla la mia presenza qui. Io sono qui in rappresentanza di Santa Romana Chiesa che è totalmente libera da ogni pastoia burocratica. Potete considerare la mia presenza come un ulteriore punto di vista estraneo a quello scientifico, tecnologico, politico o militare. >
    < Capisco. > disse Galan che aprì bocca per la prima volta da quando Prudence aveva fatto ingresso nella stanza < E' un punto di vista...affascinante? > sembrò domandare alquanto allibita.
    < E' molto più che affascinante. > replicò Prudence gentile < E' un punto di vista di cui dubito i turian possano capire l'importanza. Senza offesa ma ho avuto modo di collaborare con voi turian e ho notato che parole come 'spirituale' e 'sentimenti' non rientrano nel vostro vocabolario. > concluse la ragazza cercando di mascherare tutto il disprezzo che provava per i turian con un'espressione neutra dipinta sul volto.

    < Questa unità ha in archivio il significato di anima. Anima - dal latino anima, connesso col greco ànemos, «soffio», «vento», in molte religioni, tradizioni spirituali e filosofie, è la parte vitale e spirituale di un essere vivente, comunemente ritenuta distinta dal corpo fisico.. > esclamò il Geth che aveva ascoltato attentamente la conversazione e che spezzò la tensione che si era creata nella stanza < Noi non riusciamo a comprendere il concetto di anima. >
    < E tu devi essere l'invitato speciale della festa. > disse Prudence avvicinandosi al Geth, porgendogli la mano contenta che la macchina l'avesse tolta d'impaccio < Come ti chiami? >
    < Gli organici si riferiscono a questa unità con il nome di Uno ma noi siamo Geth. > rispose la macchina modulando la stretta di mano affinchè Prudence non sentisse dolore. Ne' troppo forte, nè troppo leggera. Un vero gentiluomo.
    < Perchè dici 'noi'? C'è qualcun altro lì con te? > domandò la ragazza picchiettando leggermente con l'indice appena sopra l'occhio rosso di Uno. < Riesci a percepire il Consenso? A sentire ciò che gli altri Geth stanno facendo? >
    Uno fissò il suo occhio rosso su Prudence e, per alcuni istanti, esso ruotò come l'obiettivo di una macchina fotografica che cercava di mettersi a fuoco < Questa unità non capta la presenza del Consenso, Sorella Prudence Judicael inviata da Santa Romana Chiesa sotto il patrocinio del Consiglio. >
    Prudence si portò la mano alla bocca per nascondere la risata che quel lungo nome le aveva provocato < Puoi chiamarmi Prudence senza il bla, bla, bla... >
    < Acconsentiamo a chiamare l'umana Prudence senza il bla, bla, bla... > replicò prontamente Uno.
    Questa volta la suora non riuscì a nascondere la sua risata cristallina < Solo...Prudence, ok? E mi sembra che abbiamo appena stabilito che non c'è nessun 'noi' ma ci sei solo tu, Uno. > aggiunse la suora con un finto tono di rimprovero nella voce.

    Improvvisamente, mentre osservava Uno che cercava di assimilare il concetto, a Prudence venne un'idea. Frugò nel borsone che portava a tracolla con i suoi effetti personali e che, come per ogni ragazza che si rispetti, teneva ben nascosto ciò che stava cercando < Ti ho portato un regalino, Uno... > disse per prendere tempo mentre sfilava un libro dalla borsa e lo porgeva al Geth.
    < Pinocchio. > lesse la macchina sulla copertina.
    < E' un libro della Terra o, se preferisci, un romanzo di formazione. Non è presente nel tuo database? >
    < Negativo. Noi non rileviamo la sua presenza nel nostro database. >
    < Ottimo! > esclamò gioviale Prudence mentre si ricongiungeva ai turian < Leggilo e domani ne discuteremo insieme, daccordo? >
    < Questa unità leggerà Pinocchio...grazie...Prudence. >

    " Se dice di nuovo 'noi' o 'questa unità', sarò costretto a fondergli i fusibili che ha in testa! " mormorò Sephir scontroso.
    " Dagli tempo. " replicò Prudence " Deve solo capire che ora non è più un semplice numero ma un individuo. Ora lui è 'Uno'. Cosa ne pensi? "
    " Penso che a parte te e la figlia del sindaco, qui dentro vedono tutti quella macchina come un potenziale pericolo. "
    " Lui mi piace. " pensò Prudence annuendo < Ti proteggerò, Uno. > aggiunse in un sussurro e muovendo appena le labbra.

     
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    Karen Jessen

       Fazione: Søndergaard Military Industries
       Ruolo: Ricercatrice



    Il veicolo da loro noleggiato stava viaggiando a velocità moderata tra le vie di quella città così aliena agli occhi della ricercatrice. In quella sua seconda vita, Karen si era avventurata ben poche volte dal suo pianeta natale; era ancora incredula che ci fosse effettivamente qualcosa al di fuori del Sistema Solare e per di più esseri diversi da loro. A suo padre sarebbe piaciuto saperlo.
    La pioggia battente sui finestrini le ricordava casa sua, ma... tutto il resto cozzava con quel suo pensiero.
    «Sicura di volere andare alla stazione da sola? Sai che sarà pieno di t-»
    «Ne sono consapevole, Jenkins» tagliò corto la donna, indossando dei guanti. Gli abiti che indossava le coprivano la maggior parte del corpo, ma le sue mani poteva nasconderle solo con quel capo aggiuntivo. Alla SMI nessuno faceva caso a quelle particolari protesi, ma la gente comune era di tutt'altro avviso.
    Il suo compagno non ribatté alle sue parole e nemmeno si degno di guardarla, era troppo concentrato sulla guida per farlo. Karen non aveva idea se quel suo modo di rispondergli lo avesse disturbato o meno; le era difficile capirle gli altri e senza una reazione emotiva visiva o uditiva lo era ancora di più.
    Avevano già stabilito i loro ruoli prima dell'arrivo su quel pianeta: lei si sarebbe presentata alla stazione per il riconoscimento e per il successivo contatto con il team e il geth, mentre Shane si sarebbe preoccupato di accompagnarla al suo primo step e poi di portare al sicuro i loro bagagli all'alloggio, facendo poi un sopralluogo della zona.
    «Scusa è che... mi hanno accennato ai tuoi problemi con i non umani. Volevo solo sapere come ti sentissi in merito alla cosa» si spiegò Jenkins.
    Il suo compare non conosceva la sua vera natura e né la sua vera storia, per cui Karen comprese per logica il suo tentativo di non darle apertamente della xenofoba.
    D'altro canto, la danese, non sapeva nemmeno se considerarsi tale o il suo era solo il frutto dell'educazione da vecchi film nel quale gli alieni avevano sempre come obiettivo quello di sterminarli; era colpa loro se aveva inizialmente scambiato i turian per degli strani xenomorfi.
    «Non vi dovete preoccupare, Signor Jenkins. Sono una donna adulta, posso dividere l'ambito personale da quello lavorativo» lo rassicurò, notando poi di essere praticamente arrivati alla sua destinazione.
    Attese che il veicolo si fermasse per salutarlo e scendere dal mezzo, dopodiché si preoccupò di entrare nell'edificio senza inzupparsi troppo.

    Rimasta sola al cospetto di alcuni turian, intenti perlopiù a confermare la sua identità che a fissare le diverse anomalie del suo corpo, la fecero attendere diversi minuti e si premunirono di confermarle la presenza di chi, nella lista scritta del Consiglio, era già presente sul luogo.
    Alla fine dei controlli le venne detto di seguire la persona incaricata nel portarla nella stanza del geth che, da quanto risultava ai suoi occhi violacei, era già che bella affollata.
    Al suo interno vide il turian conosciuto come Sithis Laenus, cui il colorito era completamente unico se corrisposto agli altri turian presenti, e la suora umana denominata Prudence Judicael, più adatta a dirigere una crociata che una predica. Vi erano altri tre turian, un maschio e due femmine... infine c'era il geth, intento a conversare con l'umana già menzionata.
    Infine constatò che mancava ancora il membro quarian del gruppo.

    L'alieno che l'aveva accompagnata sembrò possedere la decenza di attendere che vi fosse silenzio prima di avvisare la sua presenza e quella della ricercatrice. Il turian tossì per richiamare l'attenzione su di sé.
    «La ricercatr-»
    «Sono dotata della facoltà di parola, agente. Non necessito dell'aiuto di qualcuno che parli in mia vece» lo interruppe Karen, senza un filo di emozione in voce.
    L'agente la guardò male dall'alto della sua altezza, offeso dal suo modo di agire, ma quello era un genere di sfida a cui la donna non interessava partecipare; si preoccupò invece di ringraziarlo per averla condotta sin lì.
    «Sono Karen Jessen, ricercatrice della Søndergaard Military Industries a cui è stato chiesto di rispondere alla richiesta del Consiglio» si presentò, avvicinandosi così al gruppo variegato di persone.
    «Caeper Vitreus, attuale sindaco di Opimus. Lieto di fare la vostra conoscenza» parlò il turian maschile dal colorito marroncino. Karen notò che gli occhi di quest'ultimo fissava curiosamente le parti sintetiche visibili sulla sua pelle.
    «Sono Gala, sua figlia e colei che ha richiesto l'intervento del Consiglio» disse la turian al fianco di Vitreus.
    Karen rispose ad entrambi con un cenno della testa, replicando poi il silenzioso gesto anche a Laenus, all'altra turian e a Judicael.

    Se esternamente la danese si preoccupava di seguire le norme sociali, nella sua parte interna ella stava bloccando ogni accesso alla parte sintetica del suo corpo che potesse accedere al mondo esterno.
    Il geth sembrava aver provato ad approcciarsi diversamente con lei, ma le difese di Karen avevano bloccato sul nascere ogni suo tentativo.
    Prima di partire per quel pianeta, si era preoccupata di prendere più precauzioni del dovuto e a quanto sembrava, la donna aveva agito nel modo corretto.
    «Se non vado errata, la qui presente piattaforma geth è quella precipitata sul vostro pianeta» chiese retoricamente, fissando il sintetico.
    «Gli organici ci chiamano con il nome "Uno"» si presentò il geth, voltando verso di lei quello che doveva essere il volto della macchina. Era l'unico in quella stanza a possedere un unico tono di voce come la ricercatrice.
    Prima che Uno potesse prendere nuovamente parola, Karen lo precedette.
    «Vi piace essere definiti con questo nome?» domandò, ricordandosi bene che il geth si era riferito al plurale e non al singolare.
    «Abbiamo accettato il nome per questa piattaforma, ma noi rimaniamo geth» affermò il sintetico.
    «Permettetemi una precisione di linguaggio: all'utilizzo del nome "Uno", il vostro feedback è positivo o negativo?»
    Questa volta Uno impiegò più tempo per rispondere alla domanda di Karen.
    «Positivo» decretò Uno.
    La danese lo fissò alcuni secondi, come a voler registrare la sua riposta e nel contempo attendere una possibile rettifica, ma quest'ultima non avvenne e perciò si preoccupò di annuire per confermare di aver compreso.

    Era lì per studiare un'anomalia e l'unico modo che riteneva corretto farlo era esaminarlo nel suo comportamento e nell'utilizzo di domande per capire quanto un'IA si potesse considerare "viva".
    Lei era di per sé un'irregolarità sotto diversi aspetti, per cui era logico richiedere che fosse lei a svolgere quel lavoro. Un'anomalia per un'altra anomalia.



    Edited by Aires - 17/2/2017, 18:10
     
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    Sithis Laenus

       Fazione: Forze Speciali Turian
       Ruolo: Guardianera



    Dopo tutta quella riverenza, Sithis fu sorpreso di vedere che proprio la nanerottola turian non si facesse scrupoli a dargli del tu, uscendosene per di più con un commento arguto. Di certo aveva più carattere di quello scolorito del sindaco.
    Mentre scendevano nel seminterrato, la figlia del sindaco lo informò su tutto quello che riguardava il geth e Sithis si premurò di non interromperla. Poi, una volta di fronte alla macchina, il turian si scoprì sorpreso.
    "Siamo lieti di conoscerti".
    Sithis osservò la mano del geth proprio come aveva fatto poco prima con il sindaco, ma senza trarne alcun piacere, dato che una macchina non poteva certo provare disagio.
    "Lieto, ha detto" - ponderò, guardando con cipiglio Galan che stava sorridendo al geth - "Gli avete insegnato voi queste...?".
    Sciocchezze. Era questa la parola che stava per sfuggire dalla bocca di Sithis, quando l'ascensore si aprì, lasciando uscire dapprima una scorta turian e poi un'umana che inevitabilmente attirò la sua attenzione. Aveva un viso delicato, ma il suo corpo era più possente rispetto agli altri esemplari femmina con cui aveva avuto a che fare precedentemente. Nonostante apparisse giovane come poteva esserlo Rael, il suo portamento trasudava grande dignità.
    Immediatamente Sithis ricollegò quella figura alla Satanister di cui gli aveva parlato il superiore. Se davvero era così, allora doveva essere un osso duro... Niente che non potesse gestire, del resto.
    Quando la salutò, notò una stretta energica e i suoi occhi lo scrutarono per un lunghissimo istante.
    Ma che sorpresa, qualcuno a cui sto sulle palle, pensò.
    Dopo l'intervento triste del sindaco, che fece storcere il naso a Sithis, la Sorella passò a spiegare il motivo della sua presenza, anche in maniera piuttosto convincente. Tuttavia, la questione dell'anima lo lasciava piuttosto indifferente, e per questo non approvò il tentativo di Galan di ingraziarsi la nuova arrivata con un commento che lasciava trasparire tutto il suo disorientamento.
    Fu a quel punto che la donna volle lanciare quella che riteneva essere una frecciata alla sua specie, ma che non fece altro che riempire d'orgoglio Sithis. Spirituale... Sentimenti... che ci perdesse il tempo lei e la Santa Romana Chiesa.
    A quel punto la Sorella tentò un primo approccio con la macchina, e Sithis le lasciò volentieri il posto, curioso di sapere cosa avrebbe fatto per appurare le sue discutibili teorie.
    La vide frugare nel borsone, e il suo corpo si irrigidì, pronto a scattare per qualsiasi evenienza; solo quando ne estrasse un comunissimo libro, si rilassò, ed ebbe il tempo di indignarsi per l'eccessiva fiducia che gli altri ponevano in Prudence.
    "Questa unità leggerà Pinocchio... grazie... Prudence" - disse ad alta voce Uno.
    "Una scelta opportuna, per un servitore del popolo" - commentò Sithis, con le mani dietro la schiena, non appena Prudence si fu riunita al gruppo - "Il duro lavoro ed il rispetto della legge come criteri di riferimento su cui basare la propria crescita. Immagino abbiate tenuto conto del risvolto socio-culturale del romanzo, tuttavia non mi spiego su quale base la Santa Romana Chiesa abbia scelto una lettura piena zeppa di utilitarismo pratico in merito al discorso pedagogico, per cui onestà e laboriosità siano convenienti, nel senso più concreto possibile del termine. Non che io non sia assolutamente d'accordo con questo, ma da parte di una simile istituzione mi aspettavo qualcosa di... come dire... più spirituale".
    In realtà, Sithis non si aspettava niente di diverso. La sua conoscenza della Santa Romana Chiesa non era molto approfondita, ma sapeva abbastanza da poter dire che quello che si celava dietro tutte quelle pagliacciate mistiche era ben più materiale di quanto ci si aspettasse. La sua, per certi versi, era una provocazione sorta spontaneamente dai ricordi che erano emersi al nome di Pinocchio. Non era un estimatore di letteratura terrestre, ma aveva sempre considerato opportuno conoscere l'amico del presente, perché poteva rivelarsi il nemico del futuro (oltre che del passato). Comprendere il pensiero del potenziale nemico era il suo lavoro da sempre.
    Era sicuro che Prudence non gliel'avrebbe fatta passare liscia, ma l'arrivo di un altro componente interruppe ogni eventuale rimbeccata.
    Un'altra femmina, rifletté Sithis, guardandosi intorno, sembra la fiera dell'estrogeno.
    Dopo un'occhiata più approfondita, però, notò che la donna non era del tutto "umana": sul suo corpo erano visibili delle parti sintetiche, che fecero sorgere più di un dubbio a Sithis. Era stata creata o si trattava di impianti successivi? In che percentuale poteva dirsi organica?
    Decise che era opportuno tenerla d'occhio più di ogni altro in quella stanza.
    Con sorpresa, Sithis scoprì che la ragazza rispondeva al nome di Karen: sperava solo che non avesse da condividere nient'altro che il nome, con il suo subordinato pazzoide.
    La modalità di approccio dell'ultima arrivata era ben più scientifica e, per il parere di Sithis, molto più interessante, anche se la maggiore vicinanza alla modalità di pensiero della macchina poteva portarla ad influenzarla in misura maggiore rispetto agli altri partecipanti al progetto.
    Dal canto suo, Sithis si era limitato a scrutare il geth, nel tentativo di scorgere qualche caratteristica anomala. La prima cosa da appurare, secondo la sua idea, era da dove venisse, prima di concentrarsi sul resto.
    "Agente Galan, immagino abbia fatto fare i dovuti esami a degli specialisti per accertarsi che non abbia un qualche... guasto tecnico che ne alteri il comportamento" - dedusse - "L'unità non mi sembra danneggiata, ma potrebbe aver subito qualche colpo precipitando. Nel caso non presenti alcuna alterazione, mi interesserebbe visitare la zona dello schianto e la navetta in cui è stato trovato".

     
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    Naen Gornis

       Fazione: Nessuna
       Ruolo: Agente di polizia



    Naen non si trovava particolarmente d'accordo con i metodi dell'umana dai capelli celesti... Ma di certo non poteva dirsi una estimatrice della chiesa cristiana. Non era un segreto, del resto, che l'unica chiesa della città fosse quasi sempre vuota, seguita per lo più da qualche manciata di giovani in cerca di una forma di ribellione.
    La religione Turian, del resto, era molto più semplice e legata al concetto stesso di vita: Ogni cosa, animata o meno, possiede uno spirito. Un albero, una famiglia, un tavolo, un'arma. Qualsiasi cosa, secondo i Turian, ha uno spirito che non ha alcun potere sull'andamento degli eventi, ma ha l'unico scopo di essere d'ispirazione per la vita di ogni individuo.
    Un concetto che, secondo Naen, nessun umano avrebbe compreso... E per questo si sentì offesa, quando la suora osò insinuare che i Turian non conoscessero il significato di 'spiritualità', ma preferì lasciar l'umana nell'ignoranza tipica della sua specie, per evitare che il contrario potesse influire sull'andamento della missione.
    Ben più interessante fu l'intervento di una seconda umana, ed un rapido sguardo al Guardia Nera le suggerì che anche per lui valeva lo stesso... Non che si aspettasse diversamente. Era un Turian, proprio come lei.
    Si stupì della risposta di Uno alla domanda non troppo facile di Karen Jessen... Ma forse era solo confuso, del resto quella stanza cominciava ad essere affollata.
    Ma può un Geth confondersi?
    "Affermativo, comandante Laenus." rispose seria Galan, alla prima domanda di Sithis "I nostri tecnici hanno esaminato l'hardware di Uno, ma con il dovuto rispetto per il loro operato, non credo che il risultato possa definirsi affidabile."
    "Che vuoi dire?" chiese quindi Naen, dubbiosa. Fino al giorno prima, sembrava piuttosto sicura della personalità di Uno.
    "Voglio dire che siamo Turian, Naen. La nostra specie ha avuto poco a che fare con i Geth, ed in questa colonia in particolare nessuno ne ha mai visto una piattaforma in tutta la sua vita. Per questo ho richiesto la presenza di un Quarian."
    "Già, solo che non è qui." affermò secca ed impaziente. Aveva riposto tutto sulla sicurezza della sua amica, e vederla vacillare già così presto la turbò più del dovuto.
    "Arriverà." rispose però Galan, convinta. Tirò un sospiro ed un rapido sguardo ad Uno, poi si voltò di nuovo verso il gruppo. "E' tutto, per oggi. Non stressiamolo ulteriormente."
    "L'energia residua di questa piattaforma è pari al 98.9999999999999999981%. Ci aspettiamo ancora un'autonomia di 9 mesi, 12 giorni, 6 ore, 51 minuti, 38 secondi, 37, 36, 35..."
    "Sì, Uno, abbiamo capito. Non c'è più molto di cui discutere, per adesso. La sessione è conclusa."
    A quel punto, Naen alzò la mano per farsi notare. "Il sole si è alzato solo da qualche ora, vediamo di non sprecare tempo prezioso. Mi offro volontaria per scortare il comandante Laenus al relitto Geth."
    Galan fece spallucce "Dirigo la missione, ma non sono un tuo superiore, Nae. Fai come credi sia giusto."
    "Sissignora" rispose quindi lei, girando i tacchi ed indicando a Sithis l'ascensore. "Da questa parte."

    "Gal" disse Caeper a sua figlia "Devo andare, ho alcune cose da sbrigare con l'amministrazione."
    "Ok, ci vediamo a casa." rispose quindi lei, ed i due si separarono senza un minimo di interazione fisica. Galan si chiese se la cosa potesse indispettire le due umane, ma in realtà fu Uno a porre per primo la questione.
    "Galan. Abbiamo esaminato il nostro database. E' uso comune per gli organici, quando si separano: A, abbracciarsi; B, stringersi la mano; C, baciarsi. Dato che nessuna delle tre opzioni è stata messa in atto, siamo giunti alla conclusione che tra te e Caeper Vitreus ci siano dei... problemi. Desideri che effettuiamo una diagnostic..."
    "Va bene così, Uno. Sono faccende private." lo fermò lei, indispettita.
    "Non comprendiamo il concetto di 'Privato'."
    "Divulgheresti informazioni top-secret ai Quarian?"
    "Stai paragonando un problema di origine organica con una guerra organico-sintetico. Non troviamo appropriato un simile confronto, ma abbiamo elaborato il punto della questione. Hai adoperato il termine 'top-secret', d'ora in poi lo useremo come riferimento."
    Galan sorrise. La capacità di calcolo di un Geth separato dal Consenso dovrebbe essere ridotta al minimo, ma Uno riusciva a comprendere concetti nuovi abbastanza in fretta. Chiunque altro ne sarebbe rimasto interdetto, ma Galan sapeva che c'era dell'altro dietro quel Geth misterioso.
    Sospirò, e si voltò verso le due umane.
    "Non conosco bene la religione cristiana, Sorella." si rivolse per prima a Prudence "Mi piacerebbe saperne di più, ma ho altre mansioni da svolgere adesso. Per il momento, avrei un altro compito per lei. Ho capito che non si trova a suo agio in mezzo ai Turian, ma dovrà stare con noi per un po' finchè non veniamo a capo di questa situazione. Si faccia un giro della città, impari a conoscere la nostra cultura, e soprattutto la nostra religione. Non pretendo che cambi idea su di noi, ma forse potrebbe aiutarla a convivere più serenamente con la nostra specie. Nel frattempo, si guardi intorno e valuti quale stimolo potrebbe trovare Uno, che potrebbe esserci utile dal punto di vista... Spirituale." finì quindi sorridendo, per poi passare alla Jessen.
    "Per quanto riguarda lei, signorina Jessen, ho un compito molto più arduo. Ho pensato di lasciare ad ognuno di voi del tempo da soli con Uno, e lei sarà la prima. Lo studi, gli ponga delle domande, cerchi di scoprire qualsiasi cosa su di lui. Può cominciare da subito."
    Si voltò ed a grandi passi raggiunse l'ascensore, ma poi si girò di nuovo verso di loro "Non si preoccupi, Sorella. Il suo turno privato con Uno è domani."

    Naen non era molto abile a guidare, anche per questo preferiva percorrere a piedi la strada da casa sua al commissariato... Ma raggiungere il sito dello schianto non era possibile senza un mezzo, o comunque ci avrebbero impiegato almeno un giorno. Fu Balor, uno dei Turian di guardia all'entrata a proporsi come autista. Il suo turno era appena finito, ma si offrì volontario per chissà quale motivo. Naen sospettò che volesse far colpo sul Comandante, peccato che non avrebbe avuto molte possibilità.
    "Fermati qua" ordinò Naen ad un certo punto del volo, appena sopra la spoglia foresta. Da lassù era già possibile vedere la desolazione degli alberi bruciati ed abbattuti, oltre al cratere relativamente profondo causato dall'impatto.
    "Perchè? Non siamo ancora arrivati" chiese Balor che, nonostante l'obiezione, si era già fermato ma non aveva ancora cominciato la discesa.
    "Andremo da soli al relitto. Per favore, non fare altre domande."
    La verità era che non si fidava di nessuno, neanche di Sithis, Ma al Guardia Nera non poteva impedire di compiere il suo dovere.
    L'agente iniziò la discesa finchè l'astroauto non sfiorò il terreno, a quel punto Naen si alzò e frugò sotto il sedile rivelando una scatola.
    "Ti consiglio di indossarlo." La scatola conteneva dei mantelli impermeabili dotati di cappuccio, e ne porse uno a Sithis. Ad Opimus tutti ne avevano almeno uno nell'auto ed uno in casa. "Spero che i tuoi stivali siano impermeabili, per quelli non posso farci niente."

     
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    Prudence Judicael

       Fazione: Ordine delle Quattro Virtù
       Ruolo: Adepta

    citazione (rimuovere se non presente)


    "4 nemici su 4 lati. Disarmata. Nessuna via di fuga."
    Prudence era nella cripta della chiesa di San Gregorio. Si trovava al centro della stanza che aveva sgomberato a proposito per quella sessione di combattimento simulato; si era liberata della sua attillata tuta, preferendo un body azzurro che le permetteva maggiore facilità nei movimenti, calzando delle comode ballerine dello stesso colore. Teneva gli occhi chiusi guardando solo con la mente il combattimento che avrebbe a breve intrappreso.

    "Attacco per prima puntando al nemico che sembra più pericoloso...faccio due rapidi passi in avanti, slancio la gamba destra in un calcio laterale diretto alla testa del nemico; apertura delle gambe a 120° precisi, controllo del collo del piede che colpisce il cranio di lato. Chiudere il compasso a 115°: collo. 110°: spalla. 100°: fianco..."
    Il nemico immaginario aveva le fattezze di Sithis che se ne sta con le mani giunte dietro alla schiena in un atteggiamento di superiorità.

    < Una scelta opportuna, per un servitore del popolo Il duro lavoro ed il rispetto della legge come criteri di riferimento su cui basare la propria crescita. Immagino abbiate tenuto conto del risvolto socio-culturale del romanzo, tuttavia non mi spiego su quale base la Santa Romana Chiesa abbia scelto una lettura piena zeppa di utilitarismo pratico in merito al discorso pedagogico, per cui onestà e laboriosità siano convenienti, nel senso più concreto possibile del termine. Non che io non sia assolutamente d'accordo con questo, ma da parte di una simile istituzione mi aspettavo qualcosa di... come dire... più spirituale. >

    Prudence aveva serrato la mascella, contrariata < Non sapevo che lei fosse un critico specializzato in letteratura terrestre. > aveva replicato acida < E avevo espressamente richiesto che nessuno intervenisse con Uno durante lo svolgimento del mio lavoro. Le sue parole potrebbero avere influenzato la reazione di Uno che leggerà il libro con preconcetti...tra l'altro, decisamente sbagliati. > aggiunse seria < Pinocchio ha più di 200 anni e ancora oggi sulla Terra vi sono diverse scuole di pensiero riguardo alla sua interpretazione. E' buffo. 200 anni che cerchiamo di interpretare Pinocchio quando sarebbe stato sufficiente chiedere a lei la giusta interpretazione. > disse con un sorriso che mascherava tutta la sua disapprovazione < Avrei gradito discutere con Uno del testo ma grazie a lei, questo test è da considerarsi inattendibile. La ringrazio vivamente. >


    "Afferro il nemico per la giacca, mi slancio all'indietro e facendo perno con il piede sul suo ventre lo proietto all'indietro. Spin sulla schiena roteando le gambe in direzione del secondo nemico...lo sgambetto...il nemico cade. Mi alzo di scatto raggiungendolo con una ginocchiata al volto. 3 incesivi saltano. L'osso nasale si conficca nel cervello. Nemico eliminato."

    Gli occhi con cui l'agente Gornis e il sindaco Vitreus la guardavano, mentre era in quella stanza, l'avevano fatta sentire incredibilmente stupida e fuori posto. Erano occhi quasi di compassione o, forse, di semplice disinteresse verso la sua persona e il suo ruolo in quel momento. Erano gli stessi sguardi che sempre più spesso intercettava anche sulla Terra dove ogni giorno che passava, le persone perdevano sempre una stilla in più della loro fede in cambio di un tacca in più sulla loro scala della disillusione.

    "Il terzo nemico mi afferra per le spalle, cingendomi il collo con il braccio. Afferro il pugno della mia mano destra con la mano sinistra, amplio il più possibile l'arco del colpo. Sferro una gomitata diretta alle costole libere: 1° e 2°. Le ossa si spezzano verso l'interno, forando il polmone. La presa del nemico si indebolisce. Lo afferro per la nuca e mi alzo di scatto. Faccio leva sulla mia spalla, spezzandogli l'osso del collo."

    Non riusciva ad inquadrare la dottoressa Jessen. Quello che non capiva di lei era se tutti quegli impianti innestati che tentava di nascondere facessero di lei qualcosa di più simile a una macchina che a un essere umano. Il suo volto grazioso ma inespressivo facevano propendere Prudence verso l'idea che non fosse altro che un automa.
    Non le piaceva quella ragazza. E non le piaceva il modo prettamente scientifico con cui si era approcciata a Uno.
    Prudence si trovò quasi sorpresa a pensare che, in quella stanza, forse l'essere più simile a lei era fatto di metalli e circuiti e rispondeva al nome di Uno.


    "Il quarto nemico è timoroso. Lo incalzo con una serie di colpi d'avvicinamento per confondergli la guardia. Al momento giusto, colpisco con il palmo della mano sotto al mento per alzargli la testa; con l'altra mano lo raggiungo di taglio alla trachea, sfondandola. Afferro la testa con entrambe le mani. Strattone a destra. Terminato"

    Galan si era resa conto del profondo disagio che provava Prudence e le consigliò, per quella giornata, di ambientarsi in quella tetra e malinconica città; cercando di comprendere lo stile di vita dei turian.
    E così aveva fatto.
    Aveva girovagato a lungo per le vie di Opimus e più girava, più si sentiva sola e aliena tra quei turian indaffarati e disciplinati che procedevano ognuno per la sua strada senza quasi scambiarsi un'occhiata.


    < Meraviglioso! >

    La voce di Don Pedro accompagnata da un entusiastico battito di mani la fecero finalmente tornare alla realtà.
    Prudence, arrossendo, si affrettò a coprirsi rendendosi conto che il suo abbigliamento non era propriamente consono per una suora < Mi scusi Padre... > aggiunse trafelata mentre indossava un accappatoio < ...non l'ho trovata e ho pensato di approfittarne per un po' di addestramento. >
    < Non si preoccupi...non sono sempre stato un prete e ho avuto le mie occasioni di gustarmi il corpo di una chica. Dal vivo, entiendes? > aggiunse sornione moltiplicando per due il rossore di Prudence < Quelle mosse... > aggiunse il parroco < ...sembrava stesse combattendo nemici reali. >
    < E' il mio segreto. > spiegò Prudence < Quando simulo un combattimento, immagino di avere di fronte persone vere...con volti veri...di solito quelli di chi mi sta particolarmente antipatico. >
    < Capisco. Non le piacciono i turian, vero? > domandò il prete andandosi a sedere su una poltrona e invitando Prudence ad imitarla.
    < Per nulla. > disse sincera la suora < Mi trovo più a mio agio con il geth! >
    < Deve solo cercare di capirli, Sorella. Loro sono diversi da noi...non credono in entità Superiori a cui chiedere aiuto in caso di necessità né a un mondo dei morti così complesso e sfacettato come siamo abituati noi umani a pensarlo. Per loro conta solo ciò che fai durante la tua esistenza: qui ed ora. Un turian disciplinato è un buon turian. Un turian coraggioso è un buon turian. Un turian che segue le regole è un buon turian. Sono alieni pratici, a cui non interessa poi molto la morte poichè ciò che conta è quello che fanno da vivi. >
    < E' per questo che sono sempre così...tristi? >
    Don Pedro si strinse nelle spalle < Non direi che sono tristi...forse si sentono solo un po' soli. Vede...i turian tendono a risolvere i propri problemi da soli e si confidano poco. >
    < I turian sono falsi e arroganti! Imbrogliano, mentono, fingono esattamente come noi umani e ciò nonostante si permettono di guardarci dall'alto in basso! Aliquis, Ignis, Seiana...e ora quella Guardia Nera e i suoi degni compari! Ho conosciuto parecchi turian e nonostante abbia cercato di aiutarli, di essere comprensiva e il meno invadente possibile, per loro ero e resto solo una stupida, bigotta, inutile umana! >
    "Prudence...calmati!" sussurrò Sephir nella sua mente, preoccupato.
    < Non ho voglia di calmarmi! > rispose ad alta voce facendo sobbalzare Don Pedro sulla poltrona < E non permetterò né a loro né a quel surrogato umano di intromettersi tra me e il geth! >

    Don Pedro annuì sorridente < Ora capisco perchè hanno mandato te, Prudence...ma ti consiglio comunque prudenza. Sei da sola su un pianeta alieno e le tue possibilità di manovra sono ridotte, dovrai usare più la testa che i muscoli e ricorda che il perdono e la comprensione sono due delle virtù cristiane. >
    < Se c'è una cosa che ho imparato, padre è che Dio può permettersi il lusso di perdonare e comprendere. Io, no! >


     
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    Karen Jessen

       Fazione: Søndergaard Military Industries
       Ruolo: Ricercatrice



    Rimasta sola con Uno, la donna cominciò a domandarsi quale fosse il metodo più corretto per iniziare il suo lavoro. Per quanto si credesse, Karen trovava difficile rapportarsi ad una macchina senziente tanto quanto un altro umano... o un alieno.
    Vista però la situazione, ella era costretta a fare del suo meglio per ricavare sufficienti informazioni per la SMI e gli altri membri del team.
    «Siamo in attesa di ascoltare le sue domande» dichiarò il geth, rimasto per lo più immobile sul suo posto.
    «Avete un'idea del perchè io vi abbia chiesto se il nome di "Uno" vi piaceva?» domandò a bruciapelo.
    «Per analizzare se disponevamo di un qualche feedback in merito al nome scelto da voi organici per questa piattaforma» rispose immediatamente Uno.
    Karen prese a camminare attorno al geth, formando un cerchio perfetto ad ogni giro attorno al sintetico.
    «Risposta parzialmente corretta» replicò, non fermandosi, «Quello è il nome di fabbrica del modello NDR-113, noto come Andrew Martin nel film "L'uomo bicentenario"; tratto dall'omonimo racconto di Isaac Asimov.»
    A conti fatti, c'era una certa ironia sul fatto che i turian avessero scelto proprio quel nome per il geth.
    Ironia doppia se lo collegava al fatto che quello era proprio il suo film preferito.
    «" Uno è lieto di poter servire" è una frase che l'androide Andrew ripete spesso durante la sua vita» spiegò, fermandosi dinanzi al geth, «E' buffo pensare al fatto che l'Uno di quella storia sia nato come servitore e di come voi geth abbiate la stessa origine»
    Gli occhi violacei della ricercatrice fissavano con ostinazione il singolo fotorecettore luminoso di Uno.
    «Nel racconto, Andrew manifesta doti artistiche e intellettuali estranee alla sua programmazione originale ma, con l'avanzare della storia, Andrew viene dotato della capacità di provare sentimenti» raccontò in breve Karen, portando le mani e le braccia dietro la schiena.
    «Non sono interessata al concetto di possedere un'anima o meno...» dichiarò, evitando di spiegare il perché di quella scelta, «... ma la capacità o meno di possedere e/o di manifestare sentimenti ed emozioni. Per questo motivo, all'inizio vi ho fatto quella domanda» concluse infine la ricercatrice.

    Il silenzio che si formò dopo il breve discorso di Karen, fu rotto solo dal geth dopo svariati minuti.
    «Notiamo delle parziali similitudini con quel racconto umano, ma non comprendiamo il fine con il suo problema.»
    Karen si domandò se stesse chiedendo troppo a una macchina.
    I geth erano dotati di una specie di istinto di sopravvivenza e al tempo stesso erano sprovvisti delle Tre leggi della robotica. Nel suo tempo, le persone scherzavano sulla possibilità che le intelligenze artificiali avrebbero soppiantato il genere umano e l'unico modo, all'epoca teorizzato, era quello di diventare per metà macchina per evitare l'estinzione.
    «Emozioni e sentimenti sono un risultato di una reazione chimica e reazioni fisiche date dal sistema nervoso, grazie a dei segnali bioelettrici. Su questa base, è possibile che una IA sfrutti degli impulsi elettromagnetici per ottenere risultati simili. Se io tagliassi un braccio a un umano, questi proverebbe dolore fisico e lo esprimerebbe attraverso urla, pianto ed espressioni facciali. Questo procedimento, se applicato a voi geth, non produrrebbe lo stesso risultato... giusto?» domandò Karen con la sua voce monotona.
    «Corretto» affermò prontamente Uno.
    «Ma prima avete detto di aver avuto un feedback positivo all'uso del nome "Uno"; dunque avete provato un processo simile a un'emozione» disse la danese, prima di continuare: «Vi chiederò di eseguire un compito e spero possiate farlo. Uno, vi chiedo di analizzare e memorizzare i feedback che riceverete durante il tempo trascorso con i miei colleghi. La capacità di interpretare, distinguere e replicare emozioni e sentimenti è ciò che ci rende "vivi". Essere coscienti di esistere e quello di vivere sono due concetti, a mio parere, distinti.»
    Karen sperava che quella non fosse una richiesta troppo difficile da compiere per Uno e che non andasse ad intralciare il lavoro dei suoi momentanei compagni. Non era venuta lì per recare disturbo o smontare un geth per capire se nel suo codice uno più uno facesse due o zero.
    «Cercheremo di accontentare la richiesta fatta da Karen Jessen» dichiarò il geth, continuando subito dopo: «Noi geth ci chiediamo perchè Karen Jessen non risponda ai requisiti di ciò che rende "vivi" e del perchè parte del suo corpo non sia umano. Gli organici continuano a definirsi tali se il loro cervello non viene "manomesso".»
    «Me lo chiedo anch'io, Uno» affermò la danese, allontanandosi lentamente dal geth. La donna ormai ritenne che il suo tempo con Uno fosse concluso e si diresse verso l'uscita.
    «Per ora è tutto, arrivederci Uno»

    Una volta fuori dalla stanza, Karen fu scortata su sua richiesta all'atrio e domandò, a uno degli agenti lì presenti, se potesse indicarle il locale più vicino che servisse anche per i levo-amminoacidi.
    A informazione ricevuta, ringraziò e uscì dall'edificio. La pioggia la colpì senza attendere un momento, visto il fatto che ella era sprovvista di un ombrello per proteggersi, ma a Karen non importò più di quel tanto. Le piaceva quando la sua pelle poteva sentire qualcosa.
    Camminando verso la sua nuova direzione, si preoccupò di chiamare Jenkins.
    «Già finito?» le domandò l'uomo all'altro capo della linea.
    «Sì e... Jenkins? Le posso chiedere se si unisce a me al bar denominato "Mons Caelius"?» domandò Karen, facendo attenzione a evitare di accostarsi troppo ai turian lì presenti.
    «Certamente! Anche se... trovo strano che tu non voglia passare del tempo da sola» commentò Shane.
    «Già, ma ho bisogno che qualcuno mi veda solo come Karen»

     
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    Sithis Laenus

       Fazione: Forze Speciali Turian
       Ruolo: Guardianera



    Il paesaggio continuava a riproporsi, noioso, grigio, identico. L'autista non migliorava la situazione, portando il veicolo ad una velocità che avrebbe potuto invidiargli soltanto un autobus per bambini. Sithis cercò di tenere impegnata la mente concentrandosi su ciò che lo aspettava, passando mentalmente in rassegna tutto quello che ricordava delle navi geth.
    Ammirava il loro stile, se di "stile" si poteva parlare: assoluta assenza di comfort, uso efficiente dello spazio, nessuna debolezza strutturale.
    Non sarebbero mai potuti essere un esercito perfetto. Mancava il senso di dolore fisico, l'adrenalina, il desiderio di sopraffazione, l'essere subdoli e vendicativi... Sithis non considerava queste caratteristiche degne di un buon leader, il quale era tenuto a mantenere l'assoluto distacco esattamente come poteva essere distaccato un giocatore di scacchi nei confronti delle sue pedine, ma di certo erano essenziali in un soldato.
    Le emozioni erano utili, quando si era in grado di sfruttarle nel modo giusto.
    Quel pensiero gli riportò alla mente la donna inviata dalla Santa Romana Chiesa: l'apparenza raccontava di una vera e propria arma umana, ma quel suo atteggiamento posato era soltanto una maschera che cercava maldestramente di nascondere le fiamme che nascondeva dentro; le fiamme che le aveva visto spuntare dagli occhi quando lo aveva guardato. Se un'istituzione come quella poteva avere il pieno controllo su una donna simile, era proprio per la sua natura organica: un sintetico non empatizza con gli scopi di qualcun'altro; un sintetico non si domanda se la sua vita possa o meno valere qualcosa; un sintetico non teme la solitudine. Un sintetico non ha paura.
    UNO poteva anche essere un'anomalia rispetto alle altre unità, ma non poteva essere tanto diverso da costituire un'eccezione accettabile: pertanto, dovevano aspettarsi di tutto.
    Naen mandò via l'autista per motivi di sicurezza, una precauzione che Sithis approvò, dopodiché scesero verso il luogo dello schianto.
    "Ti consiglio di indossarlo" - disse la turian, porgendogli un impermeabile - "Spero che i tuoi stivali siano impermeabili, per quelli non posso farci niente".
    "Temi che possa venirmi il raffreddore?" - la canzonò Sithis. Aprì la portiera e appena mise fuori il piede, questo affondò nella terra umida - "Ah, non scherzavi" - commentò, ma non era particolarmente infastidito: spesso era più gratificante affondare i piedi nel fango che camminare su lindi pavimenti cerati con personalità di scarso spessore.
    Indossò l'impermeabile e seguì Naen. Il viaggi si rivelò breve: nemmeno due minuti di cammino, e la nave si dipanò davanti ai loro occhi in tutto il suo fascino silenzioso e freddo.
    "Potrebbe ancora funzionare" - constatò Sithis, dopo aver dato una breve occhiata al veicolo, che non sembrava presentare grossi danni - "Forse i vostri ingegneri potrebbero rimetterla in sesto. Quando le acque si saranno calmate, certo".
    Gli interni erano in disordine, forse per lo schianto, forse no. Non c'era alcunché che potesse essergli d'aiuto in quel veicolo, a parte forse il computer di bordo, che raggiunse immediatamente.
    Si sedette, ma il posto era un po' stretto per le sue gambe, motivo per cui provò a spostare il sedile indietro, con scarso successo.
    "E va bene" - sospirò, provando ad accendere il terminale, che diede appena segni di vita. Riprovò.
    Naen gli ricordò che avevano già provato a riattivare il computer di bordo, senza ottenere risultati... ma loro non avevano i preziosi aggeggi di Tanilia.
    "Non mi hanno chiamato perché sono affascinante" - borbottò la Guardia Nera, aprendo con un cazzotto la scatoletta sotto il computer.
    Attivò il congegno di Tanilina, lo collegò come la compagna le aveva mostrato, e i dati criptati iniziarono a riversarsi nel dispositivo.
    "Temo che avremo bisogno della donna che sussurra ai Geth" - disse Sithis, alludendo a Karen - "Potrei anche riuscire a decifrare questi dati, ma ci impiegherei troppo".
    Quando il trasferimento fu completato, Sithis staccò tutto e porse il dispositivo a Naen per avere entrambe le mani libere, in modo da aiutarsi ad uscire dalla postazione troppo stretta per lui. Inavvertitamente, il turian urtò la scatola che già aveva in parte spaccato, creando un'ulteriore crepa. Da questa, rotolò fuori qualcosa.
    Sithis non fece in tempo a venir fuori dalla postazione, che Naen aveva già raccolto quello che era saltato fuori dallo scomparto segreto.
    Il suo sguardo si incrociò con quello della turian, ed entrambi vi lessero un certo stupore.
    Che cosa ci faceva una pietra in una navicella Geth?



    Edited by Reiky - 17/3/2017, 09:18
     
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    Notor'Fenna vas Qwib Qwib

       Fazione: Flotta Migrante
       Ruolo: Studioso



    "No, no e no! Keelah, quante volte devo ripetertelo?" Chiese adirato il vecchio professor Fenna, alla sua decisamente giovane apprendista Kara'Sharis. Quello era stato l'unico momento in tutto il viaggio in cui il professore staccò gli occhi dal suo Datapad e dalla sua lettura. "I Turian non hanno mai avuto grossi trascorsi con le intelligenze artificiali. In tutta la galassia, fin'ora, i più grandi stronzi siamo stati noi."
    Si rese conto del fatto che, forse, i suoi modi non erano dei migliori... Ma non gli importava affatto. Notor era così, scorbutico fino al midollo, assolutamente il Quarian meno socievole della sua specie. Nonostante questo, però, sapeva quanto Kara fosse praticamente il suo opposto, e di quanto stesse fremendo per raggiungere un posto così nuovo. Il vecchio si era chiesto per tutto il viaggio dove la giovane avesse compiuto il suo pellegrinaggio, se ogni cosa la rendeva sempre così estremamente curiosa.
    "Senti, Kara, lo so che non vedi l'ora di arrivare, ma il mio cervello è già abbastanza confuso da questo saggio elcor sulle intelligenze artificiali." disse il vecchio indicando il datapad, azione che fece incollare di nuovo i suoi occhi su di esso "Lasciami in pace, vai... A giocare con le bambole, o qualsiasi altra cosa facciate voi giovani."
    In realtà sapeva bene quali fossero le capacità... No, le enormi capacità della giovane Kara, ma stuzzicarla era il suo secondo hobby preferito dopo la lettura.
    "Destinazione: Opimus, capitale di Tanion. Tempo previsto: trenta minuti." segnalò l'IV di bordo, e in quell'esatto momento Tanion fu visibile dall'oblò della stanza.





    Naen Gornis

       Fazione: Nessuna
       Ruolo: Agente di polizia



    Una pietra. Tra tutte le cose bizzarre che avrebbero potuto trovare in una nave Geth, una pietra era assurdamente la più strana.
    "Cosa cazzo ci fa una pietra in un vascello Geth?" chiese Naen, come se Sithis sapesse la risposta. La osservò per bene, ma non aveva mai visto nulla del genere su Tanion. Non che fosse un'esperta di rocce o di minerali, ma quella roba ai suoi occhi aveva senza dubbio qualcosa alieno.
    "Se hai finito con quei dati, torniamo subito alla base. Tra quelli e la pietra, non so cosa ci potrà essere più utile." Si mosse verso l'uscita della nave, passando una mano sulla spalla dell'altro Turian. "Ben fatto, Guardia Nera. Comincio a capire perchè hanno mandato te... A parte per il carisma, s'intende." aggiunse quindi ammiccando, e si recò fuori.

    Di ritorno in caserma, la squadra riunita fu tanto stupita quanto loro dal ritrovamento della pietra.
    "Uno, ti dice niente questa?" chiese Galan al robot, con la pietra sul palmo aperto. Di tutta risposta, la lente del Geth lampeggiò e le placche della sua testa cominciarono a muoversi in un modo che nessuno, tra i presenti, aveva mai visto. Era impossibile capire il significato di quel comportamento... Era l'equivalente di una espressione facciale? Un'emozione? O la vista del sasso gli aveva causato un glitch? La risposta verbale di Uno non soddisfò nessuno di quei quesiti.
    "Roccia di origine sedimentaria. La composizione corrisponde a ciò che gli organici chiamano 'arenaria'."
    Naen tirò un lungo sospiro e si portò la mano sulla fronte. "Oh, spiriti..."
    "No, Uno. Ehm, grazie per la spiegazione, ma..." chiarì Galan "Questa pietra era nella nave con la quale sei atterrato. Cosa ci faceva lì?"
    Uno allargò le placche, espressione che Galan aveva ipotizzato esprimesse confusione "Non lo sappiamo."
    Naen, visibilmente spazientita, strappò la pietra via dalle mani di Galan, e si mosse verso la guardia di fronte l'ascensore "Portatela all'equipe scientifica, scoprite tutto quello che sapete." Fatto ciò, a grandi passi tornò verso il sintetico.
    "Stammi a sentire, ammasso di ferraglia. Noi stiamo cercando di aiutarti, ma..."
    "No, Naen. Tu non stai aiutando nessuno. Datti una calmata e dai a Uno il tempo che gli serve." la interruppe Galan, che a quel punto era tanto indispettita quanto Naen. Raramente litigavano, ma ogni volta era dolorosa per entrambe.
    "Il tempo che gli serve... Spiriti, Gal, il tempo è l'unica cosa che non abbiamo! Te l'avevo detto io, 'smantelliamolo una volta per tutte ed evitiamo di far precipitare la città in un disastro mediatico, o peggio, in una guerra'."
    "Non desideriamo ferire gli organici." si intromise Uno.
    "Oh, sta' zitto. I fatti parlano chiaro, e molti organici sono morti a causa vostra durante l'invasione della Cittadella."
    Il Geth allargò di nuovo le placche "Non sappiamo di cosa stai parlando."
    Naen spalancò gli occhi, come probabilmente fecero tutti in quella stanza.
    "Cosa vuoi dire, Uno?" chiese Galan, confusa quanto lei.
    "La nostra ultima interazione con organici è avvenuta su Rannoch."
    Naen girò i tacchi scuotendo la testa e alzando le spalle "Ne ho abbastanza di queste stronzate. Signorina Jessen, analizzi i dati che il comandante Laenus ed io le abbiamo procurato. Sorella, credo che sia il suo turno per la sessione privata." concluse quindi, prima rivolta a Karen e poi a Prudence, ma senza mai voltarsi di nuovo verso di loro. Il suo percorso terminò di fronte all'ascensore che, prima che lei potesse salire, rivelò le figure di due Quarian.
    "E' qui la festa? No, perchè odio le feste."

     
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    Banshee

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    Prudence Judicael

       Fazione: Ordine delle Quattro Virtù
       Ruolo: Adepta

    citazione (rimuovere se non presente)


    Il ritrovamento di quella pietra sembrava avere monopolizzato l'attenzione di tutti. Prudence si guardò attorno vagamente attonita non capendo cosa ci fosse di così straordinario in quello che Uno aveva giustamente classificato come 'roccia di origine sedimentaria'.
    Sorella Judicael aveva trovato molto più interessante la rivelazione che la memoria di Uno risaliva a quasi duecento anni prima, ai tempi in cui i quarian vivevano ancora su Rannoch ma, stranamente, sembrava che questo non stuzzicasse la curiosità dei suoi 'compagni'.
    Prudence si strinse nelle spalle pensando che, in fondo, ciò non aveva a che fare neanche con il proprio compito; ci avrebbe pensato il quarian scontroso ultimo arrivato ad indagare sulla faccenda. Lo scopo per cui Prudence si trovava lì, non lasciava il tempo per indagini su pietre o sulla memoria di Uno.
    Quando finalmente fu lasciata in compagnia del geth, Prudence storse la bocca notando come nella stanza foss rimasto anche un agente turian di piantone all'ingresso; non ricordava che per il colloquio con la Jessen fosse presente un agente.

    < Non credo la sua presenza sia necessaria. >
    disse Prudence rivolta al polizziotto mentre prendeva posto a un tavolo metallico.
    < Sono qui per la sua incolumità, Sorella. > fu la risposta metallica del turian.
    < Guardami bene... > replicò la suora divertita < ...ti sembro una che ha bisogno di protezione? >
    L'agente la squadrò per bene lasciando trapelare uno sguardo sorridente mentre rispondeva < Decisamente no ma eseguo solo gli ordini. >
    Prudence lo liquidò con la seconda scrollata di spalle, in fondo la presenza del turian non era d'intralcio per quello che doveva fare.

    La suora invitò Uno prendere posto davanti a lei, cosa che il geth esaudì educatamente.
    < Allora, Uno... > esordì Prudence accavallando le gambe e sporgendosi un po' sul tavolo < ...hai avuto modo di leggere il libro che ti ho donato? >
    Uno fissò il suo occhio rosso negli occhi viola della ragazza < Questa unità ha letto Pinocchio, Prudence. >
    < E cosa ne pensi... > lo invitò a proseguire.
    < Questa piattaforma ha alcuni dubbi. Pinocchio vuole diventare un ragazzo in carne e ossa ma il suo desiderio viene esaudito solo alla fine, quando dona i suoi soldi per aiutare la Fata Turchina che crede ammalata. Perchè? Era da ben prima che Pinocchio si era convertito a una vita secondo le regole ma ciò nonostante il suo desiderio non veniva esaudito. >
    < Penso che sia perchè con quel gesto spontaneo...donare i propri pochi soldi per una persona cara...dimostrasse che il burattino, finalmente, aveva acquisito un'anima, per così dire, e quindi era già un ragazzo vero. Mancava solo la magia finale che lo trasformasse in un bambino in carne e ossa. >
    Il geth ruotò il suo occhio come a volere focalizzare le parole di Prudence < Non ne sei sicura? >
    La suora allargò le braccia < Non si può essere sicuri di nulla, Uno. E' solo un'interpretazione personale...il tuo prossimo compito è trovare una tua interpretazione personale di Pinocchio, daccordo? >

    Uno annuì e Prudence stava per proseguire con il suo discorso ma il geth l'anticipò < Questa unità ha approfondito le proprie conoscenze su Santa Romana Chiesa. Abbiamo letto il Nuovo e Antico testamento, abbiamo studiato gli ultimi 1.600 anni di storia terrestre, abbiamo indagato sul concetto di Dio... >
    < Uo...uo...uo...time out! > lo interruppe Prudence sventolando le mani stordita < ...ci siamo lasciati solo alcune ore fa! Come hai fatto a leggere tutto in... >
    < Noi siamo geth. Non habbiamo bisogno di leggere, acquisiamo direttamente le informazioni dall'etere e le riversiamo nella nostra memoria fisica selezionando i concetti fondamentali. >

    " Un metodo piuttosto efficace. " suggerì Sephir interessato.
    " E dannatamente inquietante. Questi tizi possono assimilare tonnellate di dati in una frazione di secondo! Mi mette i brividi questa idea! "
    " Sono macchine Prudence. Una macchina non è buona o cattiva...è l'uso che se ne fa a renderla buona o cattiva. "
    " Non sapevo fossi un filosofo, Sephir... "

    < Dio non esiste. > esclamò Uno interrompendo lo scambio mentale di Prudence e lasciandola senza fiato.
    < Co...come? >
    < Le divinità in generale sono solo artefatti della mente degli organici. Dio, in particolare, dovrebbe essere per la tua religione fonte di bontà infinita ma la vostra storia dice il contrario: guerre, persecuzioni, torture è tutto ciò che avete fatto in suo nome. Se il vostro dio è bontà ma la sua parola vi spinge ad uccidere, allora non è buono o, più semplicemente, non esiste. >

    " Direi che ti ha messo nel sacco. " disse Sephir con una risata.
    Prudence si accomodò meglio, prendendo tempo per formulare una risposta sensata sotto lo sguardo attento dell'occhio rosso del geth.
    < Dimmi, Uno... > cominciò la suora < ...tu credi nell'esistenza del freddo? >
    < Sì. >
    < E nell'esistenza dell'oscurità? >
    < Anche. >
    < E non sono entrambi un artefatto della mente? >
    < E' innegabile che freddo e oscurità esistano. > replicò il geth convinto.
    < E qual è la formula per calcolare il freddo o il buio? > lo incalzò la ragazza.
    Uno cominciò a fare girare il suo occhio rosso come faceva sempre quando si trovava di fronte a quesiti cui non riusciva a dare una risposta.

    < Mi spiego meglio... > disse Prudence comprensiva < ...esistono forme matematiche che calcolano la luce e il calore. Esistono unità di misura per ognuna di esse: lumen, gradi centigradi, gradi farhenait...ma non esistono formule o unità di misura per calcolare il freddo o l'oscurità. Entrambi sono concetti astratti che indicano l'assenza di luce o di calore. Freddo e oscurità esistono solo in funzione di calore e luce. E lo stesso vale per il mio Dio. > Prudence allungò una mano posandola su quella di Uno < Capisci? Dio è infinita bontà, Dio è luce e calore ma sta a noi decidere se lasciarlo entrare ad illuminare e scaldare la nostra vita o se lasciare che la sua assenza ci porti al freddo e all'oscurità. Ogni giorno, a seconda di ciò che si sceglie di fare si può essere persone buone...oppure no. >

    La suora pensò che quel colloquio aveva già messo sul tavolo fin troppi concetti su cui Uno avrebbe avuto modo di pensare. Lasciò la mano del geth e si alzò ddelicatamente dalla sedia < Direi che per oggi può bastare. Rifletti su ciò che ti ho detto e, se avrai piacere, potremo ritornare sull'argomento. Ok? >
    Il geth non disse nulla e la ragazza, con l'ennesima scrollata di spalle, si avviò verso l'uscita.
    < E' stato...interessante... > disse il turian mentre Prudence gli passava accanto.
    < Se vuole approfondire, la porta della chiesa di San Gregorio è sempre aperta per chiunque. >

     
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    Karen Jessen

       Fazione: Søndergaard Military Industries
       Ruolo: Ricercatrice



    La fantomatica pausa al bar con Shane durò assai poco: giusto il tempo di veloce aggiornamento della situazione e di poter bere qualcosa assieme.
    Si era preoccupata di raccontargli l'essenziale sullo strano geth, accennando anche alle persone da lei incontrate. Su quest'ultime si era espressa con due parole in croce. Non era in grado di capire gli altri e formulare un discorso fuori dall'ambito lavorativo le era difficile.
    Questo era uno dei diversi motivi per cui non riusciva a creare delle amicizie, quella con Shane era il risultato di mesi di testardaggine dell'uomo e della convivenza quasi forzata.

    01011000 01011000 00101101 00110000 - 46 4f 43 41 4c 49 5a 5a 41 5a 49 4f 4e 45

    La parte del cervello sintetica la riportò brutalmente alla realtà presente. Era orribile quando lo faceva, il processo la forzava a concentrarsi solo su determinate cose e il colmo di tutto ciò era che lei stessa aveva imposto questa modalità. Evitò di pensarci su troppo, dato che era piuttosto inutile lamentarsi.
    Per sua fortuna, tutto ciò aveva dei lati positivi perchè in questo modo non aveva perso nulla di tutto ciò che era accaduto all'interno della stanza.
    Avevano recuperato una pietra dal vascello geth. Una semplice pietra arenaria a detta di Uno, il quale non riusciva neanche a spiegare il perchè fosse sulla nave.
    Al tutto si aggiunse il fatto che la IA non avesse memoria dell'attacco alla Cittadella, un evento che era anche abbastanza recente.
    Alla fine però... la turian di nome Naen sembrò aver consumato completamente la sua pazienza e lasciò loro con un compito da svolgere.

    Ora Karen si ritrovava in una stanza dell'edificio, non troppo distante dall'area in cui era stato confinato il geth, ma questa non era stata lasciata da sola. Era sicura di aver contato un turian, forse due, intento ad assicurarsi che non potesse fare nulla di sospetto.
    Karen all'idea non sapeva se ridere o meno (anche volendo non ci sarebbe riuscita), perché quegli alieni sembravano avere più paura a lasciarla da sola a lavorare che a parlare con una IA.
    I dati recuperati dalla nave erano tutto fuorché semplici da decodificare.
    Karen aveva scartato immediatamente l'ipotesi di interfacciarsi direttamente: era roba geth e ne temeva le eventuali conseguenze, inoltre... come lo avrebbe spiegato? Qui non era al SMI.
    Provò diversi modi per cavare fuori qualche informazione da quei dati che altri non erano che una quasi infinita serie di 0 e 1.
    Trasformare il tutto in parole era la parte più semplice, ma capire cosa significassero tutte quelle parole era la parte difficile.
    La danese aveva almeno riconosciuto la lingua: era Khelish, la lingua dei quarian. Il problema però è che anche traducendole nella sua lingua, Karen vedeva solo parole messe assieme a caso.
    Per concludere il tutto, l'ultima parte dei dati non erano parole ma suoni, ma al contrario delle parole questi riuscivano a formare una melodia orecchiabile.

    La donna aveva lasciato riprodurre in loop la musica per poter capirne qualcosa e nel mentre tentava di dare un senso compiuto alle parole. Ben presto capì che non poteva riuscirci se tradotte nella sua lingua madre. Aveva bisogno di qualcuno che capisse la grammatica quarian.
    «E' possibile che su questo pianeta, al momento, vi sia una persona che sappia leggere e scrivere nella lingua quarian?» chiese la donna, voltandosi verso la guardia turian più vicina a lei.
    L'alieno la guardò con quello che doveva essere uno sguardo di confusione.
    «E perchè mai?» domandò quello.
    Karen indicò lo schermo del terminale come risposta.
    «E' impossibile lavorare con la traduzione e necessito di una persona esperta in Khelish» spiegò brevemente.
    Il turian si avvicinò a grandi passi verso di lei per guardare lo schermo. Forse non le credeva e chi mai lo faceva con lei? Vedevano solo un'umana dall'apparenza strana, dai modi staccati e una voce senza calore.
    «Nedas... niente»
    «Come scusi?»
    La guardia indicò una delle diverse parole sullo schermo.
    «Quella parola significa "niente", è anche una delle poche parola che un mio amico mi ripeteva spesso prima di ripartire» spiegò il turian.
    «Inoltre...» aggiunse l'alieno, «... al momento ci sono due quarian nella strutta. Strano che lei prima non l'abbia notato.»
    La musica continuava a suonare in sottofondo, ripetendosi nuovamente.
    La danese, leggermente spiazzata da quella sua strana mancanza, pensò di chiedere al turian se era possibile chiamare uno dei due quarian citati, quando un suono nella melodia catturò la sua attenzione.
    Fermò la musica e la riavviò.
    «Ripeta la parola.»
    «Nedas»
    Il suono della parola andò a combaciare con quello riprodotto pochi secondi dopo dalla musica. Fermò e riavviò nuovamente.
    «Perchè voleva che ripet-»
    «La ripeta di nuovo.»
    «Nedas»
    Karen lo fece ripetere per un paio di volte in più e il tutto si ripeté di nuovo e di nuovo ancora.
    «Credo di aver trovato la chiave di lettura»



    Edited by Aires - 30/4/2017, 21:31
     
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