Uno

Fascia di Attica, Styx Theta, Tanion

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    Kara'Sharis vas Qwib Qwib

       Fazione: Flottiglia Quarian
       Ruolo: Ingegnere/ricercatrice



    "Senti, Kara, lo so che non vedi l'ora di arrivare, ma il mio cervello è già abbastanza confuso da questo saggio elcor sulle intelligenze artificiali."
    Povero, tenero Notor, che pensava di liquidarla in quella maniera così blanda!
    "Confusa: non è quello che stai provando a leggere da un mese?" - rispose la quarian, imitando il tono basso e lento di un elcor.
    Seguì un altro sospiro infastidito dello studioso - "Lasciami in pace, vai... A giocare con le bambole, o qualsiasi altra cosa facciate voi giovani."
    "Sai cosa piace fare a noi giovani? Domande! A proposito, quando arriviamo?"
    L'IV di bordo salvò Notor'Fenna da un'altra esasperata risposta.
    "Destinazione: Opimus, capitale di Tanion. Tempo previsto: trenta minuti."

    Appena messo piede nella stanza, Kara si era concessa pochi istanti per squadrare l'insolito gruppetto, prima di venire completamente rapita dal Geth.
    Due umane: strambe, una di queste insolitamente muscolosa, l'altra non del tutto "organica". Era interessante, da studiare.
    Quattro turian, due femmine e due maschi, in volto la solita espressione seria e dura... Dura? Poteva essere una battuta divertente!
    Tra questi ne spiccava uno: fisico allenatissimo, postura solo apparentemente di riposo, ma pronto a scattare. Qualche pezzo grosso? Un rompicoglioni di sicuro...
    "Ah, eccovi finalmente" - li accolse Vitreus andando loro incontro - "Sono lieto di..."
    Ma Kara, anziché fermarsi a salutarlo scattò in direzione del Geth.
    Fece un giro completo attorno all'unità - "Nessun segno di trauma meccanico, nessuna traccia di fluido connettivo fuoriuscito" - Kara tastò Uno su braccia e gambe, poi prese la testa della piattaforma tra le mani, volgendola delicatamente da un lato e dall'altro - "Muscoli, fotorecettore, tessuti connettivi integri... Posso aprirlo?".
    Un insieme di voci allarmate e l'intervento di Vitreus la fermarono dal suo spontaneo proposito.
    "Signorina Sharis.. signorina" - la ammonì il turian, prendendola delicatamente per un braccio - "Capisco l'entusiasmo, ma cerchi di... cosa sta facendo?".
    La quarian si era avvicinata alla faccia del turian fin quasi a sfiorare con il casco le mandibole.
    "Il suo occhio è sintetico?"
    "Cos... ehm... sì..."
    "Un proiettile? No! Arma bianca... No! Malattia?".
    "Per l'amor del cielo, Kara, lascia che ci presenti" - esclamò esasperato Notor'Fenna - "Prima lo fa, prima possiamo fare quello per cui siamo venuti, e prima ce ne andiamo da questo postaccio. L'umidità non mi fa bene, lo sai".







    Sithis Laenus

       Fazione: Forze Speciali Turian
       Ruolo: Guardianera



    Quarian.
    Vedendoli entrare, lo sguardo di Sithis si era irrimediabilmente acceso di irritazione.
    Non solo quarian. Quarian scomposti, invadenti, inopportuni.
    Vitreus annunciò i loro nomi, ma Sithis sapeva già che non li avrebbe mai usati, perciò non cercò di memorizzarli.
    Invece, quasi interruppe il sindaco per dar voce al suo disappunto - "E' normale, signor Vitreus, che una quarian entri e faccia i suoi comodi sotto gli occhi della sicurezza?" - sotto lo sguardo severo della Guardia Nera, il sindaco sembrò ridimensionarsi - "Se avesse esitato un istante di più, ora i suoi uomini sarebbero intenti a lavare via resti quarian dal pavimento".
    "Io dico turian" - si intromise Notor. Poteva anche essere anziano ma, quando voleva, la sua voce emanava grande autorità - "Ti ho visto mentre portavi la mano all'arma ma, credimi, non avresti avuto il tempo di sparare".
    Sithis neanche si voltò a guardarlo - "Vitreus, se devo lavorare, voglio farlo con gente in grado di seguire semplici regole di comportamento..."
    "Come sparare al primo quarian che si ha sotto tiro?" - Stavolta la voce era di Kara - "Mi perdoni, è usanza di Palaven, questa?".
    La sua domanda, pronunciata con genuina innocenza, nascondeva in realtà un sottile scherno.
    Sithis sentì il sangue arrivargli al cervello, ma si impose di restare calmo. Non intendeva lasciar correre quelle parole, ma avrebbe aspettato. Al momento, si sarebbe limitato alle parole.
    "Se parliamo di usanze, devo dedurne che alla Flotta non si usino presentazioni e che sia normale mettersi a toccare tutto senza osservare le comuni convenzioni. Ha un che di... primitivo".
    A quelle parole, Notor esalò una risata acida - "Toh, eccone un altro che pensa di poterci guardare dall'alto in basso. Che originalità!... E pensare che oggi ero di buonumore!".

    Avevano lasciato Uno in compagnia della suora e Karen ad analizzare i dati recuperati all'interno della navetta. Per Sithis doveva essere un momento di riposo, ma non riusciva a rilassarsi all'idea che due quarian potessero scorazzare indisturbati per la struttura.
    Ma che necessità c'era di chiamare quella gente?
    Era disposto a tollerare l'anziano ma... quella piccoletta! Con quanta impudenza si era rivolta a lui?
    "Signor Laenus?".
    Il suono metallico di quella voce sfiorò un suo nervo scoperto.
    Sithis non si mosse dalla sua sedia e continuò a sorseggiare la sua bevanda nella hall della caserma. Aveva accarezzato l'idea di tornare al suo albergo, ma era certo che la donna tutta circuiti non avrebbe impiegato molto a decifrare i loro dati.
    La quarian si sedette sul divano di fronte, un datapad alla mano - "Sto preparando un saggio su questa esperienza con Uno, e vorrei raccogliere le testimonianze di tutti i colleghi che partecipano allo studio" - spiegò. Aveva una parlantina veloce e nervosa, davvero irritante.
    Non sembrava per nulla spaventata all'idea di essere stata sul punto di morire per mano sua: o era scema come Sparkle, oppure doveva sapere il fatto suo.
    "Desolato" - esordì, con affettazione - "Noi di Palaven non collaboriamo con chi ha un sistema immunitario disastroso".
    La quarian non mosse un solo muscolo. Nessun gesto nervoso, nessun segno di irritazione.
    "Lei è molto scortese, Laenus" - notò, con voce pacata - "Cosa pensa di Uno?".
    Ignorava beatamente le sue provocazioni. Chissà per quanto sarebbe durata.
    "Penso che conosca le convenzioni sociali meglio di voi spazzini della galassia".
    "Signor Laenus, ha un problema con i quarian?"
    "E' così evidente?"
    "Fino al ridicolo, signore".
    Sithis artigliò la tazza che teneva fra le mani con nervosismo, al che Kara alzò la testa - "La mia non era una domanda retorica, signore".
    "La mia invece lo era. E anzi, voglio farne un'altra: quanto tempo impiegherebbe un minuscolo graffietto sulla tua tuta per farti ammalare?"
    "Più o meno il tempo che basta a lei per perdere il controllo".
    E proprio in quel momento, la tazza che Sithis reggeva tra le mani andò in frantumi.
    Mai prima di allora si era lasciato tanto prendere dall'irritazione, ma detestava il pensiero che quella piccola pezzente non reagisse alle sue minacce come lui voleva. Era... destabilizzante.
    Forse pensava di essere al sicuro tra quelle mura. Beh, si sbagliava.
    In quel momento, il factotum di Sithis brillò e la voce di Galan lo avvisò del successo di Karen.
    Immediatamente il turian scattò in piedi e si diresse verso la stanza in cui avevano lasciato l'umana all'opera, seguito da una quarian saltellante.

     
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    Notor'Fenna vas Qwib Qwib

       Fazione: Flotta Migrante
       Ruolo: Studioso



    Le tute Quarian erano impermeabili, e godevano di sistemi di regolazione della temperatura. In quel momento, probabilmente, Notor e Kara erano gli unici esseri organici a potersi permettere di stare sotto la forte pioggia che non lasciava mai Tanion in pace.
    Proprio questo stava facendo, il vecchio Notor. Aveva raggiunto il tetto della caserma e, con le pesanti gocce di pioggia che si schiantavano sul suo corpo, osservava la luminosa skyline notturna della città. Era... Meravigliosa. Notor era vecchio, ma non aveva provato spesso quelle sensazioni, raramente aveva visto paesaggi del genere. Era sicuro che gli abitanti di Tanion non apprezzassero il privilegio che avevano, ed era certo che non lo apprezzasse neanche quel turian pieno di sé, Sithis Laenus. Lui poteva toccare, sentire del calore vero, vedere scene del genere ogni giorno... Ma era infelice, Notor l'aveva capito, forse anche meglio del Turian stesso.
    "Nessuno è capace di apprezzare quel che si ha." pensò, e irrimediabilmente il pensiero si spostò su Uno. Che si fosse convinto che il Consenso non fosse abbastanza, per lui? O magari lui non era abbastanza per il Consenso...
    "Signor Fenna" comunicò Galan via radio "Forse abbiamo una svolta."





    Naen Gornis

       Fazione: Nessuna
       Ruolo: Agente di polizia



    Era sorpresa di ricevere quella comunicazione quel giorno stesso. Quella umana doveva davvero essere un prodigio.
    "Scusami, Gal" chiese Naen all'amica, mentre insieme aspettavano che l'ascensore le portasse da Uno.
    "Non preoccuparti..."
    "No, davvero, sono stata una stronza. Non cambierò la mia idea su quel pezzo di ferro, ma non avrei dovuto mancare di rispetto a quello che stai facendo."
    "Potresti cominciare smettendo di chiamarlo in quel modo..."
    Naen sospirò e fece spallucce. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei. "non ti prometto niente... Ma farò del mio meglio."
    L'ascensore si aprì qualche secondo dopo, rivelando l'interno della stanza, che conteneva già tutti i collaboratori.
    "Ottimo. Siamo già tutti qui" esordì Galan "Cosa abbiamo tra le mani?"

     
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    Karen Jessen

       Fazione: Søndergaard Military Industries
       Ruolo: Ricercatrice



    Karen avrebbe dovuto impiegare circa qualche mese per imparare le basi grammaticali della lingua quarian, molte di più per riuscire a tradurre i dati scoperti senza commettere troppi errori. Una traduzione incorretta poteva essere totalmente diversa da una corretta.
    «Cosa abbiamo tra le mani?»
    Una domanda più che lecita vista la rapidità con cui tutti si erano presentati da lei.
    «Sono riuscita ad estrapolare delle informazioni utili dai dati recuperati dal signor Laenus» dichiarò, «Ma ora come ora sono parziali.»

    Senza dare ulteriori spiegazioni, Karen consegnò loro il datapad contenente la versione del testo in Khelish e il brano.
    «I dati raccolti contenevano il seguente testo, il cui era a sua volta collegato con quella musica. Ascoltandola è possibile associare i toni alla musicalità delle parole della vostra lingua», guardò sia Karis che Notor, «Traducendo la parte scritta in una lingua a me capibile, mi è stato impossibile darne un senso compiuto. Le parole tra loro sono sparse e, ragionando sulle informazioni ricavate, suppongo che sia necessario utilizzare il brano per... ordinarle.»
    Questa era le versione più corta e semplice che era riuscita a pensare per spiegare il suo lavoro.

    «Prima di richiedere la vostra attenzione, ho cercato di ottenere un risultato migliore» confidò la ricercatrice, «Anche provando con un testo tradotto nella mia lingua e ricombinandolo, ho riscontrato diversi problemi con parole intraducibili.»
    Era davvero frustrante ammettere che non era riuscita a portare a termine un lavoro per colpa di una sua mancanza. Per lei era come partecipare a una gara di triathlon e scoprire solo alla fine di non avere le scarpe adatte per la corsa.
    «Vi è però qualcosa che ho potuto ricavare anche senza nessuna conoscenza della lingua quarian» dichiarò, recuperando un secondo datapad.
    «Oltre al testo c'erano delle coordinate, ben nascoste alla fine del brano. I numeri erano anch'essi in ordine sparso, giacché al primo controllo non risultava esserci alcun luogo. Così ho provato a riordinare il tutto in più tentativi.»
    La danese consegnò l'oggetto agli altri, in modo tale che potessero prenderne visione.
    All'interno del datapad vi era la mappa di Opimus e circa 80km di area attorno alla città. Diverse coordinate erano segnate nei punti più disparati.
    «Ho preso in considerazione l'idea che la nave su cui viaggiava il geth non potesse distare poi molto da una qualche zona d'interesse. Ho ristretto il campo delle possibili coordinate» spiegò Karen. Se avesse avuto la possibilità di esprimersi meglio, nel suo tono si sarebbe potuto sentire una punta d'orgoglio personale per il suo lavoro.

    «Se non è troppo richiederei comunque l'aiuto di voi, signor Fenna e signorina Sharis, per ottenere un senso compiuto del testo.»
    Grazie al cielo la guardia turian gli aveva passato i nomi dei due quarian, vista la sua precedente disattenzione.
    «Se preferite lavorare da soli, non vi recherò disturbo» aggiunse poco dopo.
    Anche con le informazioni che era riuscita ad ottenere, Karen non avrebbe potuto fare nient'altro da sola.

     
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    Prudence Judicael

       Fazione: Ordine delle Quattro Virtù
       Ruolo: Adepta

    citazione (rimuovere se non presente)


    " Ho conosciuto megaliti più emotivi di questa tizia. "
    " Sephir!!! " lo rimproverò Prudence severa.
    " Davvero...a volte il pennacchio del mio elmo riesce ad esprimere più sentimenti. Questa è più fredda dell'elsa della mia spada. " rincarò la dose lo spirito nella mente della suora.
    Prudence si portò una mano alla bocca per nascondere il suo sorriso agli occhi degli altri; non che qualcuno la stesse guardando ma era meglio non rischiare.
    " Senza dimenticare i miei schinieri... " continuò Sephyr che ci stava prendendo gusto " ...o il mio scudo. E' simpatico il mio scudo....più simpatico di lei, sicuramente. "
    Questa volta la mano non fu sufficiente a celare la risata cristallina che proruppe dalla bocca di Prudence. Gli occhi dei presenti si puntarono all'unisono sulla ragazza che era rimasta in fondo al gruppo in quanto, per le sue competenze, ciò che Karen aveva appena finito di spiegare era sanscrito puro.
    Prudence arrossì, colta in fallo ma Sephyr sembrava essere in vena di battute oggi " La Demon's & Co. ha appena presentato: ' Figuracce fantastiche e dove trovarle. ' "

    La suora rise ancora, ormai incurante degli sguardi attoniti dei suoi compagni < Scusate... > cercò di giustificarsi Prudence provando a tornare seria < ...mi era venuta in mente una storiella molto divertente e... > ma la sua giustificazione non fece altro che fare mutare gli sguardi da stupiti a severi.
    < Sorella... > cominciò irritato il sindaco < ...deduco che il suo interesse per le scoperte della sua collega sia nullo se ha tempo di pensare a 'storielle divertenti'. >
    < Tutt'altro! Sono stata molto attenta invece ma dubito che le mie qualità possano essere di qualche aiuto qui. Pensavo quindi che mentre i signori quarian tenteranno di dare un senso al codice, io potrei andare a controllare quelle coordinate in cerca di qualcosa di utile da aggiungere al puzzle. > I turian si scambiarono un'occhiata sospettosa < Ovviamente, scortata da qualche vostro zelante agente, si intende. >


     
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    Sithis Laenus

       Fazione: Forze Speciali Turian
       Ruolo: Guardianera



    Sithis era colpito dal lavoro compiuto dall'umana. Nonostante l'incompletezza del lavoro, a giudicare dai mezzi che aveva avuto a disposizione, il risultato era tutt'altro che scarso. Non aveva idea di che cosa le avessero fatto per potenziarne l'intelletto, né aveva voglia di scoprirlo. Era solo lieto che un elemento così fosse dalla loro parte.
    Il testo era effettivamente poco chiaro, ma Sithis era molto più interessato alle coordinate. Era certo che, pur rianalizzando il testo, non sarebbe stato semplice capire quali fossero le misteriose circostanze che avevano condotto lì quella particolare unità, ma avendo un'idea più chiara dei luoghi di interesse, potevano arrivarci con la deduzione.
    Avrebbe voluto accompagnare la suora, che quasi sembrava aver fatto il suo stesso ragionamento, ma il pensiero che gli altri avrebbero potuto (imprudentemente, a suo parere) fatto lavorare i due quarian da soli sulla traduzione non lo faceva sentire sicuro.
    "Resterò io con loro" - fece, per ribattere alla donna - "Suppongo che un po' di pressione non faccia male al loro operato".
    "Ehm... comandante Laenus... Le voglio solo ricordare di non calcare la mano" - ribatté, flebile, il sindaco, al che Sithis si voltò nella sua direzione con aria beffarda.
    "A me non sembrano particolarmente intimoriti" - constatò, ed effettivamente i due quarian avevano proseguito a confabulare tra di loro, per nulla disturbati.
    Questo, però, non parve tranquillizzare il sindaco. Evidentemente, conosceva di Sithis molto più di quanto si aspettasse il comandante stesso.

    Qualche minuto dopo, l'improbabile trio si chiuse in una stanza dell'edificio, quasi completamente spoglia. Un grande tavolo circolare, attorniato da poche sedie, dominava il centro della camera; un misero schedario occupava l'angolo più buio e polveroso, mentre la parete rivolta all'esterno era completamente in vetro e si affacciava su un panorama piuttosto suggestivo della città, anche se distorto dai goccioloni di pioggia che correvano sulla finestra.
    "Wo-ho! Abbiamo la suite imperiale" - esclamò ad un tratto la piccoletta, facendo sobbalzare Sithis che, dopo diversi minuti di silenzio, non si aspettava un'uscita del genere - "Chissà a cosa è adibita questa stanza. Che ne pensi, nonno? Potrebbe essere una sala conferenze o... oh! Una sala meeting per gli ospiti importanti! Forse in quello schedario c'è la soluz..."
    In un unico gesto, Sithis afferrò Kara per la spalla, la trascinò verso il tavolo e la costrinse a sedere, spostandole di fronte il datapad con il testo - "Ricordi perché siamo qui, vero?" - mormorò, e la voce tradì una pazienza vacillante.
    Notor fece un verso che ricordava vagamente una risata - "Non otterrai tutta questa concentrazione da lei" - bofonchiò - "E' distratta, continuamente! Adesso starà già pensando a quale materiale abbiano usato per fare sedie così comode".
    "Credo sia... cotone" - fece eco lei, saltellando sulla sedia come per accertarsene.
    "Visto?" - completò Notor brusco - "Una testa bacata. Geniale, ma bacata".
    Sithis aveva assistito allo scambio di battute con aria sempre più stranita, poi aveva agitato le mani come per interromperli - "Ok, ok, non mi interessa il suo profilo psicologico. Voglio quella traduzione, possibilmente entro oggi".
    "E da quando lavoriamo per te?".
    Il tono, le parole e il fatto che non avesse ancora posato lo sguardo sul datapad, per Sithis era come un tremendo affronto.
    Ma non avrebbe messo le mani addosso ad un vecchio. Non per onore, ma perché desiderava batterlo con le sue stesse armi.
    Sapeva che, sotto quella scorza acida, il vecchio aveva un'affezione per quella stramba piccoletta che si portava dietro, e Sithis non era certo tipo da farsi degli scrupoli nell'usare le debolezze degli altri.
    Ma, quasi leggendogli nella mente, Notor fece di nuovo quel verso - "Non è semplice come credi, turian".
    "E non è neanche difficile come credi tu" - rispose, di rimando, Sithis - "Quanto conosci sul mio conto?".
    "E tu quanto, sul mio?"
    "Abbastanza da capire che la tua arma più forte sta nelle parole".
    "E la tua è nella paura" - rimbeccò l'altro - "Ma quando non funziona, che succede?".
    I due si stavano scrutando come due contendenti pronti a percepire la prossima mossa l'uno dell'altro, quando Kara lanciò un grido trionfante.
    "Ecco!"
    Sithis si voltò - "Cosa?".
    "Solo ora ho notato il quadro alle mie spalle, che ritrae la città come era qualche anno fa e... beh... Non ho dubbi. E' una sala conferenze".
    Sithis sentì il sangue salire alla testa in una vampata di calore. I suoi pugni si strinsero...
    "Ah, ed ecco la traduzione" - fece poi la quarian, spingendo verso di lui il datapad corretto.
    Concentrato com'era a discutere con Notor, non si era accorto che la piccoletta si era già messa all'opera, completando in poco tempo il suo compito.
    Prese il dispositivo con una certa diffidenza, mentre la quarian si alzava per sbirciare nello schedario.
    "Questo... non ha un senso".
    "Sì, se hai un'anima" - rispose Notor, che si era affacciato da dietro il turian per leggere - "Ma... un geth può avere un'anima?".







    Kara'Sharis vas Qwib Qwib

       Fazione: Flottiglia Quarian
       Ruolo: Ingegnere/ricercatrice



    Era una sorta di brevissimo diario di bordo.
    alcune delle cose che la Jessen non era riuscita a tradurre riguardavano l'orario e, Keelah, la data di scrittura, che risaliva alla Guerra degli Albori, meglio conosciuta come Rivolta dei Geth.
    In base alle sue supposizioni, il Geth doveva essersi interfacciato con la navetta, scaricando di volta in volta i dati in forma di ricordi.
    Ma non si trattava di un'unità sana. C'era qualcosa che non andava nel modo in cui i suoi dati risultavano disordinati e sconnessi.

    Il primo ricordo, risalente alla Rivolta, riportava un semplice analisi delle funzioni della nave, senza alcun accenno a ciò che stava accadendo sul pianeta natale o sui motivi per cui lo aveva lasciato. Non c'era alcuna registrazione di rotta.

    I successivi si facevano più insoliti: dopo una breve ricapitolazione delle funzioni ottimali della nave, il "diario" recava il messaggio:

    SILENZIO.



    Alla terza data, l'unità aveva per qualche misteriosa ragione scaricato tutte le informazioni possibili sui Geth. La loro origine, il loro nome, le funzionalità in ogni minimo dettaglio, accompagnando il tutto da una domanda tanto breve quanto inquietante:

    QUESTA UNITA' E' UN GETH?



    La testimonianza successiva, infine, risaliva a parecchio tempo dopo, e appariva totalmente sconnessa rispetto alle altre.
    Il primo dato era l'impostazione della rotta verso TANION.
    Il secondo era un nome: Faen'Xendal
    Il terzo... una strofa che Kara aveva riconosciuto come appartenente ad un vetusto poeta quarian, risalente al periodo precedente alla guerra:

    OGNI TRAMONTO APPICCA UN FUOCO SUL MONDO.



     
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    Naen Gornis

       Fazione: Nessuna
       Ruolo: Agente di polizia



    Le coordinate indicavano un punto centrale della foltissima e semi-inesplorata foresta di Tanion.
    Naen aveva deciso di accompagnare la suora, come aveva consigliato lei stessa, ma in quel momento era quasi pentita di averlo fatto. Detestava quella foresta e, come se non bastasse, erano costrette a percorrerla a piedi perchè le navette non potevano atterrare in mezzo agli alberi così fitti. Erano in cammino ormai da un'ora e mezza, e probabilmente avrebbero avuto bisogno di un'altra ora per arrivare a destinazione. Un'ora e mezza fatta di imbarazzanti silenzi interrotti di tanto in tanto da qualche indicazione sul percorso da prendere.
    "Che ne pensi di Uno, sorella?" chiese quindi Naen, nel disperato tentativo di sopprimere la noia. Il suo tono di voce era di qualche decibel sopra il normale, per sovrastare il costante rumore della pioggia contro i loro impermeabili.
    "Sinceramente, non so cosa pensare. Fosse stato per me, l'avrei già smantellato e gettato i pezzi contro il sole... Ma in questi giorni sono emersi dettagli su di lui, dettagli su cui vale la pena esplorare."
    Rallentò di poco il passo, così che Prudence potesse affiancarla.
    "La verità, è che sto facendo questo solo per Galan." Non sapeva perchè stesse dicendo quelle cose ad una perfetta sconosciuta. Era come se la sua presenza le ispirasse fiducia, un po' come tutti gli uomini religiosi. "Sai, è la mia migliore amica... No, è la mia unica amica, siamo cresciute praticamente insieme, ed è sempre stata la mia guida. Ha sempre voluto avere ragione, e fin'ora l'ha sempre avuta. Ma tutto questo... E' un gran macello, sorella. Sappiamo di cosa sono capaci i Geth, ma è come se a nessuno qui importasse di quello che è successo alla Cittadella, o ai Quarian. Questa faccenda finirà male, me lo sento."





    Uno

       Fazione: Geth
       Ruolo: Nessuno



    Karen Jessen arrivò pochi minuti dopo la chiamata. Doveva essere ancora in caserma qunado essa era avvenuta.
    "Scusa per la chiamata improvvisa" si scusò Galan. La Turian era accanto a Uno, e nella stanza non c'era nessun altro.
    "Forse ti è sembrata un'emergenza, ma... Beh, effettivamente lo è. Non ti ho convocata io, qui. E' stato lui." confessò Galan indicando il Geth.
    "Ha chiesto di poterti parlare di nuovo, fin'ora non aveva mai avanzato richieste del genere. Credo sia importante, puoi parlargli?"
    "Ciao, Karen." disse Uno. Il Geth fece un piccolo passo avanti.
    "D'accordo, vi lascio soli."

     
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    Prudence Judicael

       Fazione: Ordine delle Quattro Virtù
       Ruolo: Adepta

    citazione (rimuovere se non presente)


    Gli alberi fitti, la pioggia che scendeva incessantemente sui loro impermeabili, gli scarponi che affondavano nel soffice sottobosco.
    Prudence non si sentiva così serena da parecchio tempo.
    Era tutto così tranquillo da farla sentire sicura come mai in vita sua.

    Naen la precedeva di alcuni passi, silenziosa; Prudence avrebbe voluto instaurare una conversazione ma si rendeva conto di non avere gli argomenti necessari per farlo e così, se ne stava zitta gustandosi quegli attimi di pace assoluta.
    Fu la turian, forse annoiata dal silenzio, ad aprirsi con lei. La suora si rese subito conto di come le parole che erano uscite dalla bocca di Naen avessero sorpreso la stessa turian. Prudence sorrise intuendo come fosse stato il suo ruolo religioso a consentire alla giovane aliena di aprire il suo cuore.
    L'umana si affiancò alla turian che si era fermata per aspettarla < E' bello avere una persona di cui fidarsi, Naen. Tu l'hai trovata sin da quando eri piccola e questa è forse una fortuna ancora più grande. Hai detto che finora Galan ha sempre avuto ragione e forse anche questa volta ce l'ha: lei ha visto quanto Uno possa essere importante ed è per questo che sta cercando di proteggerlo. Se poi si dovesse sbagliare...avremo sempre tempo per riciclare Uno come tostapane di lusso. >

    Le due ripresero il cammino affiancate parlottando del più e del meno, solo dopo parecchi minuti Prudence decise di rispondere alla prima domanda di Naen.
    < Io penso che Uno sia un residuo di un'altra epoca. Lui forse è l'ultimo Geth 'originale'. > Naen la guardò dubbiosa e Prudence cercò di spiegarsi meglio < Credo che Uno sia in qualche modo rimasto alla deriva per centinaia d'anni, da prima che i Geth si ribellassero ai propri creatori. E' per questo che è scollegato dal Consenso. Oppure la sua missione, affidata da chissà chi, era proprio quella di svegliarsi in questo preciso tempo per giungere su questo preciso pianeta. Ma sai cosa mi piace pensare? > domandò la suora sognante < Che durante il suo letargo, alcuni frammenti del suo codice di programmazione si siano combinati in una maniera inaspettata; questi frammenti di codice, esattamente come molecole nel brodo primordiale, hanno trovato il terreno giusto per legarsi fino a quando Vayomer Elohim yehi-or vayehi-or ovvero " E Dio disse: 'Sia fatta la Luce' e la Luce fu." A proposito... > aggiunse Prudence riportando l'attenzione di entrambe verso le cose terrene < ...la luce del mio factotum dice che siamo arrivate. >

    Gli alberi si erano leggermente diradati e, proprio di fronte a loro, si apriva una piccola radura al centro della quale si stagliava una vecchia casa abbandonata dall'aspetto vagamente spettrale. La vegetazione l'aveva praticamente ricoperta, infilandosi con pazienza durante gli anni nelle più piccole fessure della costruzione fino a quando la natura aveva avuto la meglio sull'opera degli esseri senzienti.
    < Perfetto...abbiamo trovato la casa di Jason Voorhees! > esclamò la suora stringendosi le spalle per riflesso condizionato. Naen la guardò perplessa < E' l'assassino di un ciclo di fil horror terrestri, ne avranno girati 30...Venerdì 13...maschera da hockey, machete, praticamente immortale...è il serial killer fittizio con più uccisioni: 367! > Prudence si interruppe all'improvviso capendo come a Naen della cosa non sembrasse importare nella. La suora maledisse mentalmente il suo vizio di lasciarsi trasportare quando parlava delle sue 'passioni' < Che dici? > aggiunse arrossendo < Entriamo a dare un'occhiata? >

    Le due si aggiravano prudenti per la piccola abitazione appoggiando delicatamente i piedi poichè già più di una volta le assi di legno marce avevano ceduto sotto il loro peso. La casa non sembrava nulla di che: 3 vani senza più nè porte nè finestre, quello che doveva essere un tappeto ora era la tana di una famigliola di animaletti pelosi e una canna fumaria abbandonata in un angolo di quello che doveva essere il salotto, le osservava severa con il suo grande occhio nero. Non c'era nulla in quella casa per giustificare che fosse segnalata tra le coordinate di Uno.
    Ad un tratto, il silenzio fu interrotto da un sinistro scricchiolio proveniente esattamente dalla posizione dove Naen era ferma immobile a guardarsi intorno. Prudence la stava fissando e...

    <naen! > urlò la suora vedendo la turian sparire letteralmente dalla sua vista.
    < Va tutto bene! > esclamò la turian di rimando < Ha solo ceduto il pavimento e...SPIRITI! >
    La suora si precipitò verso il buco e guardò sotto dove la turian, grazie alla torcia del suo factotum, stava illuminando una pesante botola metallica tecnologicamente fuori luogo in quella casa abbandonata. Prudence si calò nel buco per analizzare meglio la struttura; provò, inutilmente, a cercare di aprirla ma, nonostante tutta la sua forza, la botola non si smuoveva di un millimetro.
    < Che c'è? > domandò l'umana notando l'espressione perplessa di Naen.
    < Non ha senso... > disse la turian riferendosi alla botola < ...questa non è tecnologia turian! Guarda... > spiegò ripulendo la botola dalla polvere.
    Prudence osservò i caratteri scritti sulla superficie ed erano maledettamente simili a quelli che aveva visto durante il briefing di Karen.
    < E'...quarian! > esclamò raggiante < Dobbiamo aprirla Naen! Avvisa gli altri e fai venire un fabbro, un artificiere, un mago...chiunque sia in grado di farci entrare! >

     
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    Karen Jessen

       Fazione: Søndergaard Military Industries
       Ruolo: Ricercatrice



    Perchè mai era stata convocata dal geth? La turian di nome Galan le aveva detto che quella era la prima volta che aveva richiesto di qualcosa, in questo caso di qualcuno. Cos'era cambiato?

    «Salute a voi, Uno»
    Non le sfuggì che il geth avesse appena usato il suo nome di nascita, ma non quello completo. Stava provando un approccio diverso?
    «Posso essere informata del perchè io sia stata richiesta?» domandò saltando subito al punto.
    Era inutile farsi troppe domande. Le risposte ai suoi quesiti poteva ottenerle tramite l'ascolto e l'osservazione, doveva solo fare attenzione.
    «Dal nostro ultimo incontro, abbiamo alcune domande. Siamo... curiosi» confessò il sintetico.
    La curiosità era un comportamento positivo sia nella scienza che nell'intelligenza, rappresenta un istinto che guida alla scoperta di nuove informazioni, un carburante essenziale nel suo campo.
    Karen volle prendere tutto ciò come un qualcosa di positivo.
    «Sparate pure»
    «Questa piattaforma è sprovvista di un'arma, Karen» la informò.
    La danese impiegò qualche istante per capire il perchè di quella frase.
    «Scusate, è un idioma. Volevo dire: esponete pure le vostre domande» spiegò poco dopo.

    Uno attese per quasi un minuto prima di parlare nuovamente, nel quale Karen ipotizzò che stesse verificando la correttezza delle sue parole. Forse era un modo di dire nuovo per il vocabolario del geth.
    «Non sei come Prudence, l'altra umana»
    «Felice che abbiate notato il diverso aspetto fisico esteriore. Oltre a ciò differisco da lei per non credere in nessuno dei dogmi di natura religiosa, soprattutto se scritti da persone che reputano impura una donna per qualcosa che è naturale. Levitico 15,19-31. Preferisco studiare prima di prendere una posizione» spiegò senza alcuna emozione.
    «Differisci anche nell'aspetto interiore. Abbiamo constatato che in totale hai quasi un 70% di parti sintetiche, 67,89% per la precisione. La minoranza di esse, il 9,14%, è stata posta internamente alla parte organica»
    Aveva davvero una parte umana così ridotta?
    «Avete fatto uno scan» affermò Karen, incrociando le braccia. Improvvisamente non si sentiva a suo agio con tutto ciò.
    «Corretto. Eravamo curiosi. Sei diversa, Karen. Sei umana, ma sei anche composta per lo più da parti inorganiche. Ti esprimi in modo diverso. Sei simile a noi, ma non sei un insieme di programmi e possiedi una parte organica»
    «Le domande, Uno» tagliò corto Karen. Sentirsi dire le stesse cose che per anni l'avevano tormentata, e che tutt'ora la perseguitavano, non rientrava tra le preferenze della donna.
    «Una è questa: qual è la parte che prevale? Noi siamo in disaccordo: parte di noi sostengono sia la parte sintetica per l'alta presenza, mentre gli altri programmi sostengono sia umana per le tue parole e... per i tuoi gesti. Una macchina non trova il motivo di incrociare le "braccia" durante un dialogo, gli organici sì. La seconda domanda: un'individuo come te, può avere un'anima?»

    Karen non sapeva bene come rispondere a quelle domande. Era come chiedere quante stelle c'erano nell'universo e aspettarsi un numero preciso in risposta.
    In realtà il suo corpo era completamente sintetico: la pelle, organi, muscoli, ossa, sistema nervoso... tutto creato in laboratorio. Era un clone, non era stata partorita. Non in questa vita. I ricordi della sua vita, quella avuta prima che morisse, erano l'unica cosa di vagamente umana in lei.
    «Questa non sono domande per Karen Jessen. Non ho le risposte. Non così» dichiarò la ricercatrice, sedendosi poi a terra.

    Era cosciente che Uno la stesse ancora osservando, ma ciò non era necessario per lei e per quello che doveva fare.
    Avviare il consumo minimo di energia? Y/N
    > Y
    Totale? Y/N
    > N
    Selezionare le parti su cui applicare la procedura:
    > Testa
    > Collo
    Avviare? Y/N
    > Y

    A proceduta avviata il colore viola nei suoi occhi si spense totalmente, ma oltre a ciò non ci furono cambiamenti evidenti.
    «Karen?» chiamò Uno.
    «Sì, Uno?» domandò la donna, senza alzare lo sguardo.
    La sua voce era completamente cambiata: non era più inflessibile e senza tono, ma decisamente più umana e dolce. Inoltre ora presentava l'accento tipico della sua lingua madre.
    «Posso chiedervi se potete sedervi? In questo stato non posso vederti, sono... cieca» confessò amaramente.
    Sentì Uno portarsi a terra, ma non capiva bene quanto fosse distante.
    «Sei diversa rispetto a poco fa, Karen»
    La bocca della donna assunse una smorfia divertita. Sembrava che Uno volesse sempre affermare l'ovvio.
    «Perchè prima ero Karen Jessen, ora solo Karen» spiegò, «Così finalmente userete correttamente il mio nome» riproverò poco dopo.

    «Le domande da voi fatta erano per Karen, giusto? Dunque... la mia risposta è un completo "non lo so". Come Karen Jessen è la parte macchina che guida la maggior parte delle mie azioni, ma come Karen? E' la minoranza a vincere. Sono entrambe, per cui nessuna delle due può prevalere definitivamente. Il mio sistema nervoso è completamente legato alla parte "macchina" di me e quando sono attiva... è doloroso. Molto. Troppo. Per cui la mia parte sintetica lenisce il tutto sopprimendo le emozioni. Avviene tutto in modo totale.»
    Karen poteva ricordare il dolore provocatole durante il primo collegamento. Avrebbe preferito buttarsi del sale sulla pelle ustionata.
    «Alla secondo quesito non sono capace di rispondervi, forse anche con più difficoltà di prima. Come avete detto, sono diversa. Se mi mostrassi completamente, è possibile che ti raggiunga sul tavolo di laboratorio dove verreste smantellati ed esaminati.»

    Karen aveva provato a rispondere alle domande di Uno. Non aveva detto la verità, non quella completa. Non lo faceva mai, nessuno si era guadagnato quel livello di fiducia, nemmeno Jenkins.
    In un attimo gli occhi della donna ripresero il loro tipico colore viola e il suo volto tornò nuovamente impassibile.
    Ora poté nuovamente guardare il geth seduto davanti a lei.
    «Vi sarei grata se teneste questo per voi. Inoltre vi consiglio di non chiamarmi solamente Karen dinanzi ad altri, solo Jessen o Karen Jessen.»

     
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    Sithis Laenus

       Fazione: Forze Speciali Turian
       Ruolo: Guardianera



    "Questo è... davvero strano".
    La voce e gli occhi di Tanilia inviavano lo stesso messaggio: c'era qualcosa di inquietante nelle scoperte che, fino a quel momento, avevano fatto su Uno e sul suo misterioso arrivo.
    "Lo so" - convenne Sithis. Il suo tono tradiva un po' di stanchezza: era stato fino a tardi ad analizzare tutti quei messaggi nella speranza di trovare delle risposte, ma con una punta di irritazione si rese conto che non poteva fare a meno dell'aiuto dei quarian.
    "Dovresti riposare" - mormorò la turian, chinandosi sul suo lavoro - "Del resto, le informazioni sul sopralluogo che faranno domattina - o meglio, tra poche ore - aggiungerà sicuramente qualche informazione in più. Non serve spremersi le meningi così".
    "Potrei essermi fatto sfuggire qualcosa" - spiegò Sithis, insistente - "Do solo un'altra occhiata..."
    Il suo factotum brillò.
    "Gentile cliente, questo è il servizio dedicato ai fruitori del pacchetto Scopri la rotella mancante di UNO! Abbiamo nuove informazioni per lei!"
    Tanilia lanciò uno sguardo dubbioso a Sithis, che ricambiò con aria spossata e un sonoro sospiro - "Ti prego, non fare domande".
    Intanto, dal factotum emergeva la voce dell'altro quarian, irritato e scontroso come sempre - "Abbiamo finito con le pagliacciate, Kara?"
    "Volevo solo tirare su il morale a Laeny! E' sempre così imbronciato!".
    "Oooooh!" - nella voce di Notor si poteva percepire chiaramente il tono ironico - "Corriamo ad abbracciarlo!"
    "Allora?!" - proruppe Sithis spazientito.
    Seguì un breve borbottìo, con cui Notor sembrò imporre a Kara di fare silenzio - "Abbiamo cercato informazioni su quel Faen'Xendal" - disse il vecchio quarian, sovrastando le proteste di Kara - "A quanto pare, il suo retaggio si è esaurito con la sua morte, all'epoca della rivolta dei geth... Ma grazie all'aiuto di alcuni nostri contatti sulla Flotta, abbiamo potuto visionare alcuni registri piuttosto antichi".
    "Più antichi di te" - precisò Kara.
    "U-uh" - borbottò Notor - "Ad ogni modo, tutto quello che sappiamo era che si trattava di un geologo e, secondo la nostra idea, doveva essere il padrone di Uno".
    "Vuoi suggerirmi di sottoporre Uno ad un test per valutare le sue funzioni?" - suppose Sithis, facendola apparire più come un'affermazione che come una vera e propria domanda - "Non avevo idea che la memoria dei Geth funzionasse a... come dire... innesco".
    "Normalmente no" - intervenne Kara - "Ma qui siamo di fronte ad un'anomalia. Propongo di farlo cimentare in quello che poteva essere il suo ruolo insieme a Faen'Xendal e vedere di ricavarne qualche informazione in più".
    "E se gli chiediamo direttamente chi diavolo fosse Faen'Xendal?".
    "Il meccanismo di amnesia potrebbe aver alzato delle difese forti su domande così dirette" - spiegò la quarian.
    "Senza contare il probabile shock" - aggiunse Notor, riflessivo.
    "Ma sì" - convenne Tanilia - "aggirare le difese battendo strade secondarie"
    "Esatto!" - esclamò Kara - "Sei la ragazza di Laeny?"
    "Oh spiriti" - borbottò il turian alzandosi, mentre Tanilia assumeva quell'espressione confusa e imbarazzata che la faceva somigliare a una bambina - "Sto tornando alla base, voglio lavorare subito a questo progetto".
    "Come? Ma, dovevi riposare..." - protestò debolmente la turian.
    "Ti pare che possa lasciare la situazione nelle mani di quei due matti?".
    "Veramente... siamo ancora qui" - fece notare Kara.
    "Come darti torto" - convenne Tanilia, consenziente.
    "Ehi!"

    Sithis era lieto di notare che, già a quell'ora, la base era in piena operatività.
    Passò a salutare il sindaco, dunque si diresse verso la stanza in cui era tenuto Uno.
    Ci trovò solo Kara che, per la prima volta da quando l'aveva conosciuta, sembrava essere in pausa. Era appoggiata al muro, a braccia conserte e con la testa abbassata.
    Avvicinandosi ancora, però, Sithis iniziò ad udire i suoi borbottii; stava parlando fra sé e sé.
    "Prima della rivolta... Scollegato dal consenso... La questione dell'anima..."
    "Fai un ripasso?" - esordì Sihis, ma neanche ebbe il tempo di finire la frase che un urlo apparentemente terrorizzato della quarian lo indusse a sussultare dalla sorpresa.
    "Keelah! Mi hai svegliata!" - starnazzò Kara, posandosi una mano sul cuore.
    Il turian rimase del tutto allibito - "Ma... stavi blaterando..."
    "Blatero nel sonno" - spiegò l'altra, accendendo il factotum per visionare eventuali novità - "Senti questa, Laeny! La nostra torcia domestica ha chiesto a Jessen dell'anima".
    Sithis, già stranito dall'assurdo scambio di battute e deciso a sorvolare sul suo nuovo nomignolo, batté più volte le palpebre - "Torcia domestica... carino".
    "L'anima, l'anima, l'anima!" - gli ricordò Kara, fermandosi nella sua insistente ripetizione solo quando Sithis alzò un dito, visibilmente innervosito.
    "Spiriti se sei stancante, ragazzina" - borbottò, scocciato - "Dunque, quando è il nostro turno per...?"
    "Senti questa, Laeny!".
    "Hmph... Forse questo è il mio castigo..."
    "Pare che le signorine andate a caccia abbiano trovato qualcosa di importante!".

     
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    Naen Gornis

       Fazione: Nessuna
       Ruolo: Agente di polizia



    "No, non possiamo farla saltare in aria!" spiegò Naen ad alcuni dei presenti. Lei e Prudence erano tornate dalla loro spedizione e, come al solito, la stanza di Uno era sovraffollata.
    "E' una botola piuttosto grossa, e probabilmente anche spessa. Servirebbero delle cariche dalla potenza mastodontica, che coinvolgerebbero sia quello che sta sopra che quello che nasconde sotto."
    "Quindi? Cosa proponi?" chiese allora Galan, con le braccia conserte.
    "Mmh, boh? Non siamo tutti qui per capirlo?"
    Galan sospirò.
    "Abbiamo dei Quarian. Magari loro riescono ad aprirla."
    "Ne dubito." Rispose Notor scuotendo la testa. Tra le mani, aveva un datapad sul quale scorrevano delle foto della botola scattate da Naen e Prudence "E' piuttosto antica. Forse con qualche giorno a disposizione riusciremmo a decodificarne il sistema di apertura, ma questo genere di porte utilizzava meccanismi che andavano ben oltre la semplice programmazione. Richiedevano DNA, parole d'ordine, scansioni della retina o chissà cos'altro. Ognuna era progettata per essere unica."
    "Ma cosa... Per cosa diamine le usavate, per proteggere caveau con montagne di soldi?" chiese Naen, sarcasticamente.
    "...Esattamente."
    "Insomma, abbiamo radunato una squadra di esperti ingegneri, investigatori e studiosi, ma quello che ci serviva era un rapinatore di banche."
    "Questo, o il signor Xendal in persona."
    "Questo nome ci è familiare." commentò a quel punto Uno, che per tutto il tempo era rimasto in silenzio in disparte.
    Tutti si voltarono verso di lui, che nel frattempo aveva cominciato a far ruotare le sue placche, come faceva spesso nelle situazioni di confusione.
    Notor si voltò verso Sithis, ipotizzando che anche il Turian avesse avuto lo stesso lampo di genio.
    "Ehi, Uno!" disse il quarian, avanzando verso il Geth "ti va di fare una bella gita?"
    "Questa piattaforma non dovrebbe lasciare la città." rispose lui, che intanto aveva puntato la testa verso Galan, ma la turian dopo un attimo di esitazione annuì.
    "Visto? Hai il permesso di mammina. Laenus verrà con noi."


    Quella volta, Naen aveva deciso di prendersi la serata libera. Non c'era molto che potesse fare, se non aspettare notizie dal sito della botola. E lo stesso valeva per Galan.
    Le due infatti si erano organizzate per la loro "serata-trash", un'iniziativa creata da Naen quando avevano 15 anni, e che da allora si ripeteva una volta al mese. Consisteva nel guardare i peggiori olofilm mai fatti nella storia galattica.
    "Ehi Elf, come mi sta questo vestito?"
    "Sono una IV, Naen. Non sono programmato per avere gusti."
    La Turian sospirò. "Voi sintetici siete noiosi."
    Si guardò allo specchio. Il vestito che indossava non era poi tanto diverso dai classici completi turian: il suo corpo era interamente coperto, e il tessuto nero era spezzato al centro da una lunga striscia viola. Attorno alla vita pendeva una stoffa corta davanti e lunga dietro.
    "Manda un messaggio a Galan. Dille che sarò da lei tra venti minuti."

    "Fatto. Vuoi anche che-" l'IV non fece in tempo a finire, poichè tutta l'energia venne interrotta da un blackout.
    Si affacciò dalla finestra, ed un secondo dopo il cielo venne tagliato da quattro scie rosse.
    Inizialmente pensò che fossero meteoriti, ma non lo erano. Le quattro palle di fuoco caddero in alcuni punti della città, nei quali si scatenò il panico. Erano navi Geth.

     
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    Banshee

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    Prudence Judicael

       Fazione: Ordine delle Quattro Virtù
       Ruolo: Adepta

    citazione (rimuovere se non presente)


    Prudence avrebbe avuto l'intera serata libera poichè i turian, giustamente, avevano scelto i due esperti quarian per tentare di aprire quella misteriosa botola. Le sarebbe piaciuto essere presente qualora gli alieni fossero riusciti nella loro impresa ma non disdegnava nemmeno avere un po' di tempo tutto per se.
    La giovane suora aveva passeggiato per la città senza una meta precisa per poi puntare alla piccola chiesa di San Gregorio; il suo programma per la serata prevedeva un bel romanzo horror, una fumante tazza di the verde e un po' di coccole con Sephyr.

    < Padre? > disse Prudence entrando nella chiesa e non vedendo Don Pedro da nessuna parte < Sono tornata. > aggiunse vagando per la struttura sotto gli occhi attenti dei Santi che affrescavano le pareti.
    < Sono in 'sacrestia', Sorella. >
    Prudence a passo spedito, raggiunse l'uomo nella 'sacrestia' ovvero quell'ambiente eletto a efficiente centro operativo per la sua missione.
    Don Pedro era seduto su una comoda sedia di legno e fissava incessantemente una grossa cassa di legno posta sul tavolo di fronte a lui. La cassa sembrava essere stata costruita a mano con grossi chiodi che tenevano attaccati i vari listelli di legno con cui era formata; aveva due maniglie in corda ai lati e sul coperchio, era stata stampigliato a fuoco il simbolo Pontificio. L'uomo teneva stretta in mano una lettera sigillata con cera lacca rossa dove, di nuovo, si stagliava lo stemma papale.

    < E' arrivata oggi. > spiegò Don Pedro riferendosi alla cassa < E' molto pesante...ho dovuto chiedere aiuto a un mio fedele per portarla fino a qui. >
    Prudence si avvicinò ammirando la pregevole fattura del contenitore < Cosa contiene? > domandò curiosa facendo passare un dito sullo stemma marchiato a fuoco.
    < Io no sabe...la cassa è per lei. > replicò l'uomo porgendo la lettera alla suora.
    Il mittente era il suo superiore Krauss.

    < Cara Sorella Judicael... > cominciò a leggere la ragazza una volta aperta la busta < ...i suoi rapporti stanno stuzzicando la curiosità di tutti, qui in Vaticano. Sua Santità in persona li legge avidamente, preoccupato ma incuriosito dai risvolti che questa storia potrebbe avere. Questo 'Uno' potrebbe essere una vera miniera di scoperte riguardo a un tempo in cui, noi umani, credevamo ancora di essere soli nell'Universo; all'importanza 'spirituale' che può avere il Geth si è quindi aggiunta una profonda aspettativa di tipo storico e anche archeologico. Inutile dirle come i nostri storici non vedano l'ora di potere conoscere tutti i dettagli dalla sua stessa soave voce, Sorella.
    Come può immaginare, più una cosa è importante, più essa attira attenzione...degli amici ma soprattutto dei nemici. E se è vero, come è vero, che 'dagli amici mi guardi Dio' è altrettanto vero che 'dai nemici mi guardo io'. O per meglio dire, come in questo caso, saremo noi a guardare lei. >


    Prudence guardò Don Pedro interrogativa, stringendosi nelle spalle in quanto non capiva bene dove Krauss volesse andare a parare.
    Riprese a leggere da dove si era interrotta. < E veniamo al contenuto di questa cassa. Al suo interno potrà trovare il suo nuovo equipaggiamento per potere affrontare qualsiasi nemico. Tutto è stato studiato e progettato appositamente dai nostri esperti per adattarsi alle sue straordinarie doti belliche; armatura e armi sono pezzi unici, fabbricati a mano dai nostri migliori sarti e dai più capaci armaioli che il nostro pianeta possa offrire. >

    Gli occhi della ragazza si illuminarono per la gioia. < Continui lei, per favore... > disse la ragazza porgendo la lettera a Don Pedro e fiondandosi sulla cassa per aprirla e potere ammirare la sua nuova tenuta da battaglia.

    < All'interno della cassa troverà una tuta da battaglia fabbricata in kevlar, capace di potere respingere proiettili calibro 9 mm. >
    Prudence sollevò l'oggetto del contendere e il suo volto avvampò per l'imbarazzo < Ma che diavolo?!?! >
    Don Pedro sorrise divertito e continuò a leggere < Comprendo il suo imbarazzo ma ogni suo dettaglio è stato studiato per facilitarle i movimenti negli scontri corpo a corpo: priva di maniche e priva di gambali per non costringere i suoi possenti arti in un tessuto troppo stretto mentre l'ampio foro sul petto è stato applicato per consentire respiri più profondi e ampi con una migliore ossigenazione di tutto l'organismo. Le protezioni aggiuntive a inguine, addome e fianchi le consentiranno di attutire di molto i colpi in uno scontro corpo a corpo. Benchè possa sembrare concepita da un pervertito, essa ha avuto il benestare da sua Santità in persona. Il velo, come l'armatura, è prodotto in kevlar ed è stato concepito per proteggere testa e schiena ma lasciare libero il viso per una perfetta visione del campo di battaglia. I calzari... >
    Prudence posò l'armatura e, frugando nella paglia aggiunta per assorbire i colpi durante il viaggio, trasse due stivali meccanici che presentavano un piccolo tacco < ...sono totalmente meccanizzati e la presenza del tacco non è un semplice vezzo. Esso, grazie a una serie di giroscopi e motori elettrici, è progettato per adeguarsi ad ogni movimento del suo piede. Inoltre, esso contiene un motore a razzo miniaturizzato che le permetterà di saltare più in alto, correre più veloce, colpire più forte. Gli smorzatori posti lungo la gamba e sul tacco stesso attutiranno le cadute e le permetteranno movimenti impossibili per un normale essere umano. > Don Pedro interruppe un attimo la lettura, sbigottito < Madre de Dios...non hanno badato a spese per questa attrezzatura! Devono proprio tenere a lei, Sorella. >
    < Già... > confermò Prudence imbarazzata.
    < Le armi. Acheronte. Pistola a canna liscia che spara proiettili esplosivi calibro 21 mm. Un vero e proprio cannone portatile perfettamente bilanciato e con l'impugnatura scolpita sulla forma della sua mano destra. >
    Prudence soppesò l'arma straordinariamente leggera e comoda da impugnare e, come un cowboy, la fece girare intorno all'indice; essa ruotò in un cerchio perfetto < Figata! > si lasciò scappare estasiata < Mi scusi Padre... >
    < E' davvero una figata, Sorella...funziona con normali clip termiche e non necessita di munizionamento speciale. E per finire. Stige. Arma bianca affilata come una scimitarra, maneggevole come un fioretto, potente come un falcione. 62,4 cm di lama. Acciaio temprato e rinvenuto 8 volte per ottenere la durezza perfetta senza esagerare nel peso. Da usare di taglio o, girato, come oggetto contundente. Teoricamente indistruttibile. Il capolavoro delle Armerie Vaticane. La lettera continua con alcune raccomandazioni, auguri e bla, bla, bla vari ma mi sembra di capire che non veda l'ora di indossare questi gioiellini sorella. >

    ________________



    " Sei...bellissima!" esclamò Sephyr mentre Prudence si rigirava di fronte a uno specchio che rifletteva la sua intera figura. "Bellissima e letale. E' in momenti come questi che rimpiango la mia condanna di non poterti sfiorare se non con il pensiero."

    "Anche io lo rimpiango, Sephyr."
    "Davvero?" domandò stupito il demone.
    "Sì. Vorrei tanto sentire il tuo calore, essere accarezzata dalle tue mani, assaporare il tuo sapore. Non sono pensieri puri, lo so...ma è più forte di me. Ormai, mi sentirei persa se tu non..."

    Il pensiero di Prudence fu interrotto da un forte rumore che proveniva dall'esterno, accompagnato da un tremore diffuso come se un leggero terremoto avesse colpito la città.
    La ragazza e il prete si precipitarono fuori dalla chiesa. Le strade erano deserte e silenziose se non per gli allarmi che più o meno ovunque quella scossa aveva fatto scattare. Qualche turian cominciava a scendere per strada e la parola 'geth' era quella più ripetuta. Don Pedro indicò le scie che ancora si intravvedevano nel cielo.

    < Lei crede nelle coincidenze, Sorella? >

    Prudence scosse la testa e strinse forte le armi che teneva in mano < Io credo nella Divina Provvidenza, Padre. >
    Don Pedro annuì e tornò al centro operativo, tornandone dopo alcuni istanti. Prudence sorrise osservando il fucile a pompa che l'uomo teneva ben stretto tra le mani < E' un peccato non abbiano mandato dell'attrezzatura anche per lei. >
    Don Pedro indicò il proprio girovita < Sono troppo grasso per entrare in qualsiasi armatura ma non sono ancora così vecchio da dovere lasciare una donna a combattere da sola. Le copro le spalle, Sorella. Come aveva detto quella volta? Dio perdona... >
    < Noi NO! >

     
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    Karen Jessen

       Fazione: Søndergaard Military Industries
       Ruolo: Ricercatrice



    L'ultimo incontro con Uno l'aveva lasciata con più domande che risposte, molte di esse però non le erano estranee.
    La donna sperava che il sintetico non dicesse nulla di lei agli altri. La SMI aveva diversi segreti, lei era parte di almeno uno di essi. Non aveva timore per la scoperta della sua particolarità, ma l'origine della sua natura a preoccuparla.
    Era strano da dire, ma ora doveva aver fiducia che Uno seguisse la sua richiesta mentre accompagnava il turian e i due quarian al sito.

    «E... quindi hai la serata libera?»
    Shane al momento si ritrovava nel piccolo bagno dell'appartamento, ma la sua voce riuscì benissimo ad arrivare alle orecchie di Karen.
    La SMI si era preoccupata di affittare una piccola abitazione per entrambi, anziché una semplice camera d'albergo. I motivi della scelta erano sempre i soliti: privacy, segretezza, ecc. Niente di nuovo per Karen.
    «La mia presenza non era più necessaria, per cui sì: ho la serata libera» confermò, dalla cucina-soggiorno.
    Se ne stava placidamente distesa sul piccolo divano da due posti, con la testa poggiata su un bracciolo e con i piedi a penzoloni dall'altro. Indossava solamente una canottiera e dei pantaloni da ginnastica, lì non c'era motivo per nascondersi.
    «Inoltre ho completato i "compiti per casa", per cui sono libera»
    Aveva appena mandato un aggiornamento alla Søndergaard Military Industries sulla situazione, inoltre aveva provveduto ad inviare, per canali di comunicazioni protetti, alcuni dati di natura personale.

    «Perfetto!» esclamò Shane, mentre usciva dal bagno.
    La ricercatrice lo sentì passare dietro di lei. Si voltò per guardarlo, notando il suo umore allegro. Dopodiché si accorse dei suoi abiti.
    «Jenkins?» lo chiamò.
    «Mhm?»
    «Potrebbe spiegarmi perchè "perfetto"? E perchè indossa solamente dei boxer viola con delle banane stampate sopra?» domandò, curiosa.
    Era abituata a vederlo girare senza parte dei suoi vestiti e non le importava poi molto, ma quel capo era una nuova aggiunta alla collezione dell'uomo.
    «Perfetto perchè passeremo la serata a sfidarci ad Alliance Corsair, che domande!» annunciò, mentre Karen si sedette meglio per farlo accomodare, «Inoltre questi li indosso perchè sono un regalo di Ian, in più ho caldo» le spiegò, indicando la biancheria con la mano sinistra. L'intero arto sinistro dell'uomo era sintetico, realizzato sullo stesso modello della donna lì presente.
    «Ti piacciono?» le domandò Shane.
    Karen diede una seconda occhiata all'indumento.
    «Mi piace il colore» rivelò, annuendo poi convinta. Non potendo essere convincente con la sua voce, Karen aveva scelto di accompagnare alcuni gesti per farsi capire meglio. Di tanto in tanto sembrava funzionasse.

    Accettando infine l'idea dell'uomo, Karen si preoccupò di preparare la postazione da gioco. A quanto aveva scoperto, Shane aveva pensato bene di portarsi dietro gioco e relativa console, piuttosto che il benedetto sacco a pelo. Un classico.
    Un improvviso blackout mandò in fumo i loro piani per la serata, lasciandoli completamente al buio.
    Gli occhi di Karen e quello sinistro di Shane erano l'unica cosa visibile, eccetto per la luce naturale al proiettata dalle finestre.
    «E che diamine! Vuoi vedere che è saltata solo a noi?» si domandò l'uomo, guardando fuori dalla finestra per avere delle conferme. Appena egli guardò fuori, osservò qualcosa schiantarsi violentemente nell'incrocio infondo alla strada, provocando un piccolo terremoto e del fumo. Poco dopo notò alcune figure uscire allo scoperto, dapprima indistinte ma man mano sempre più chiare.
    «Per caso... quel vostro amico "speciale" ha organizzato un party a sorpresa con i suoi amici?» le domandò, notando che anche la donna si era avvicinata. Dal fumo continuavano ad uscire dei geth, tutti di diverso tipo.
    La danese guardò con attenzione prima di rispondergli. Alcuni turian erano appena comparsi sulla strada, alcuni abitanti si erano riversati in strada, mentre un paio, forse agenti notturni in pattuglia, si stavano avvicinando ai sintetici.
    Un paio di geth li notarono. Fecero fuoco sui turian.
    «Ho qualche dubbio. Sia sulla parte "amici" che su "party"; non sulla "sorpresa"» disse, continuando a guardare.
    Che fossero lì per recuperare Uno? Per adempiere al lavoro che il geth non aveva compiuto? Perché erano lì?

    Karen si allontanò dalla finestra per dirigersi in camera. Recuperò una felpa per sé, degli abiti per Jenkins e l'arma dell'uomo. Tornò nella cucina-salotto, per trovarsi Shane che l'osservava senza capire. La donna gli consegnò gli oggetti recuperati.
    «Si vesta. Ho bisogno del suo aiuto» e così dicendo, indossò le sue calzature e uscì dall'appartamento.
    Dopo un po' fu raggiunta dall'uomo, ancora confuso ma completamente vestito.
    «Che hai intenzione di fare, Karen? Non dirmi che vuoi andare là fuori e fare l'eroe di turno. Non ti si addice.»
    «I geth contengono un nucleo di memoria che provvedono a distruggere al loro decesso. Se ne recuperiamo uno, potrò capire il perché della sorpresa» spiegò, scendendo le scale. Erano al secondo piano dell'edificio.
    «Quindi dobbiamo prenderne uno vivo?» domandò Shane.
    «Esattamente. Necessito delle sue abilità biotiche per bloccarne uno, affinché io possa estrarre il nucleo. Non sarà un lavoro facile ma conto su di lei, Signor Jenkins» chiarì la donna.
    Eseguire quel genere di lavoro da sola le sarebbe risultato pericoloso: avrebbe dovuto concentrarsi sia sull'estrazione che su una possibile invasione ai suoi sistemi, lasciandola così indifesa per possibili attacchi dagli altri geth.

    Appena fuori all'edificio, entrambi poterono notare l'avanzamento dei geth e la fuga dettata dal panico di molti turian, per lo più nuclei familiari. Diversi turian però sembravano voler contrastare i sintetici. Karen non sapeva se ammirare il loro coraggio o bollarli come incoscienti. Nel dubbio fece entrambe le cose.
    «GIÙ!» urlò il compagno, prima di buttare entrambi a terra.
    Un razzo sfrecciò sopra le loro teste per esplodere poco più in là. Diverse urla accompagnarono l'esplosione.
    Un geth dotato di lanciarazzi si stava avvicinando alla loro posizione. Dietro di lui si eranop materializzati due geth cacciatori.
    Ripresa dallo shock, Karen allungò una mano verso il geth, puntandolo a palmo aperto. Lasciò che il sintetico si avvicinasse di qualche metro e che li puntasse.
    «KAREN! CHE CAZZO FAI?! MUOVITI!» le urlò Jenkins, ormai rialzatosi.
    La donna non lo ascoltò, continuando a puntare contro il loro nemico.
    Il geth venne improvvisamente si bloccò. Si girò verso uno dei due cacciatori e fece fuoco, mandando in mille pezzi il povero sintetico.
    «Ma che caz-»
    «Jenkins, blocchi quello che rimane vivo e portiamolo via» ordinò la donna, rialzandosi.
    Del sangue le uscì da una delle narici, prontamente asciugato dalla sua mano. Sabotare per breve tempo una macchina era difficile senza un Factotum oltre che pericoloso, ma Karen non aveva paura a rischiare.
    Non da quando era già morta una volta.

     
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    Sithis Laenus

       Fazione: Forze Speciali Turian
       Ruolo: Guardianera



    Sithis stava valutando tutti i passaggi che lo avevano coinvolto dal suo arrivo a Tanion fino a quel momento, nella speranza di cogliere il grottesco passaggio che lo aveva reso da fiero odiatore di quarian a membro fisso di un trio nel quale lui soltanto era in grado di prendersi un raffreddore senza crepare. Eppure, per quanto ci pensasse, non riusciva proprio a capire dove avesse sbagliato.
    "Perché non porti la tua fidanzata, Laeny?"
    Il turian sospirò, all'udire di nuovo quella vocina sottile rivolgersi a lui - "È Laenus. E non è niente di quello che pensi".
    "Dovresti trovare qualcuno, sai Laeny? Gli anni col tempo si fanno sentire, e poi chi si prenderà cura di te?".
    "È Laenus. Comandante Laenus".
    "...E alla fine, ti troverai proprio come quel brontolone laggiù. E una povera ragazza come me dovrà farti da balia. Vuoi davvero questo, Laeny?"
    "Voglio che chiudi quella dannata bocca per un momento" - sbottò Sithis, più bruscamente di come l'aveva immaginato - "Ed è Lae... Ah, lascia stare".
    "Laenus. Comandante Laenus" - finì per lui UNO.
    Il silenzio che seguì lo convinse che il messaggio era arrivato forte e chiaro, ma la risposta di Kara, seppur tardi, arrivò comunque.
    "C'è anche un altro motivo per cui dovresti trovare qualcuno, sai Laeny? Sembri un po' teso...".
    "NOTOR! Trovata la botola??!"
    "Perché non vieni a sporcarti le mani anche tu, signor comandante dei miei stivali??"
    Kara scosse la testa "Identici. Guarda il tuo futuro, Laeny".
    Senza più voglia di contestare, Sithis si diresse con passo nervoso verso il quarian, lasciando UNO in compagnia di Kara. Notor era proprio nei pressi del buco che portava alla botola - "Beh, perché non scendi?".
    "Pensi che sia un dannato acrobata, soldato?".
    "Non serve essere un fottuto acrobata per saltare giù!".
    "Dimostramelo".
    "Ti dimostro quanto sono fragili le tute quarian".
    "Oh, e poi cosa farai? Aprirai la botola di fattura quarian tutto da solo?"
    "C'è un codice!".
    Sorpresi, i due si voltarono contemporaneamente. Kara era scivolata giù silenziosamente mentre i due erano presi nel loro battibecco, e stava controllando la botola.
    "Cosa c'è scritto?" - domandò Sithis, cercando di ignorare lo sguardo trionfante e seccato che gli stava lanciando Notor.
    "È piuttosto datato... provo con il factotum".
    "Aspetta, Kara!" - la bloccò Notor - "Potrebbero esserci delle contromisure. Lasciamo che UNO veda la botola".

    UNO ammiccò. La sua torcia illuminava i segni come se sperasse di veder apparire qualcosa di diverso... ma nulla accadde.
    Poi, un gesto. Una cosa che Sithis pensò di non aver mai visto da parte di una macchina.
    Il geth allungò un braccio e sfiorò le scritte, come se si fosse lasciato prendere da un moto di nostalgia.
    Proprio in quell'istante, un boato scosse le fragili assi della catapecchia in cui si trovavano.
    La mente gelida di Sithis collegò immediatamente i suoi ad un richiamo bellico e mise mano alle armi prima ancora che l'eco svanisse.
    "Dò un'occhiata fuori. Kara, fagli sputare qualcosa, qualunque cosa".

    Dal luogo in cui si trovavano, non aveva una gran visibilità, ma poteva benissimo discernere quattro colonne di fumo che salivano in diversi punti della città.
    Salire in cima alla casa era sconsigliato, dati gli orrendi scricchiolii.
    "Sithis!"
    Il turian imprecò e tornò ad affacciarsi dentro - "Fate silenzio! C'è qualcosa..."
    Ma ciò che vide gli bloccò le parole sul nascere.
    UNO sembrava in preda ad una sorta di corto circuito. Le mani appoggiate alla botola presero a muoversi incontrollatamente, la testa era scossa da movimenti rapidi e inconsulti, e la sua voce era un farfugliare di codici binari e frasi a metà.
    "Che gli è preso?" - domandò Sithis, puntando inconsciamente l'arma sul geth.
    "Qualcosa lo sta disturbando" - spiegò Kara, che si teneva a debita distanza - "Ma non so se dipenda da...".
    Fu allora che le prime voci di panico e i primi spari raggiunsero le loro orecchie.
    "Dobbiamo aprire la botola" - affermò Kara, buttandosi sul geth per spostarlo. Questi però, anziché darle spazio, la colpì con violenza.
    Notor saltò giù immediatamente, dimenticando di non essere un acrobata, e con un colpo ben piazzato spedì il geth contro la parete più vicina - "Kara, adesso!".
    La quarian si rialzò e illuminò la botola con lo scanner del factotum.
    "Tentat... coll... Disatt..." - UNO tirò un pugno alla cieca, poi cadde in ginocchio - "Silenzio. Silenzio!".
    Sithis ebbe un brivido, ricordando che quella stessa parola l'avevano trovata nel diario di bordo della sua navicella.
    Non ebbe il tempo di stupirsi ulteriormente, poiché alle sue spalle udì un avvicinarsi di passi concitati.
    E ad apparire, davanti ai suoi occhi, furono geth.
    Senza neanche concedersi il minimo dubbio, Sithis sparò sul piccolo drappello che li aveva raggiunti, rotolando subito dopo dietro lo stipite della porta per guadagnare una copertura.
    "Sithis, che diavolo...?"
    "Geth!" - spiegò lapidario il turian, slacciandosi una mina dalla cintura... per poi rimetterla a posto: l'ultima cosa che aveva voglia accadesse era che la casa crollasse loro addosso.
    Intanto Kara attendeva a mente fredda che il factotum terminasse la decodificazione. Finalmente la botola si aprì, ma solo per scoprirne un'altra, parecchio più avanzata, che richiedeva...
    "B-nven-to, qu-rian. Id-ntif-ati"
    Un riconoscimento oculare.
    Era folle.
    Anche se si trattava di anni prima della guerra contro i geth, l'atmosfera degli altri pianeti risultava comunque problematica per un quarian... a meno che non avesse costruito quella casa dotandola di un'atmosfera particolare.
    Ma ora quella struttura non era che un lurido colabrodo.
    Senza ulteriori indugi, Kara sollevò il visore del casco.

    "Kara, che stai facendo?!" - urlò Notor, mentre cercava di tenere sotto controllo il geth impazzito - "Rimettiti subito quel visore!"
    Ma la seconda parte della frase fu coperta dal suono della botola che si apriva definitivamente. Kara ebbe appena il tempo di risistemarsi il visore, poi perse i sensi.
    A quel punto, il quarian, con un gesto disperato, afferrò UNO e cercò di spingerlo giù per la botola, ma il geth non sembrava avere alcuna voglia di caderci dentro. Ormai privo di forze, Notor corse verso Kara per caricarla sulle spalle - "Sithis, è aperta!" - gridò e, senza sapere se il turian l'avesse ascoltato o meno, saltò giù.

    Il buio e l'odore intenso di chiuso lo avvolse per qualche istante, poi gli ambienti si illuminarono di una luce tremolante e blanda.
    "Be...n..to... qua...an" - biascicò una voce robotica mentre Notor si affrettava a trovare un luogo riparato dove poter posare Kara e controllare l'entrata.
    L'ambiente era più grande di quello che si era aspettato, ma a quella luce scarna non era in grado di vedere molto. L'unica cosa che poteva vedere chiaramente era che la stanza in cui erano finiti somigliava ad uno studio.
    Sithis, muoviti!
    "Iden..tà... no... reg...stra...a"
    I pannelli che dovevano essere una versione retrò dei moderni terminali rivelarono l'immagine del mezzo volto di Kara, con a fianco tutta una serie di dati oscurati, che il database per forza di cose non poteva possedere.
    Sentì i colpi d'arma da fuoco all'esterno come dal fondo di un tunnell. Poi, lo sorprese un suono più sordo e vicino, che culminò con un lungo, incredibile fracasso.
    UNO era sceso... ma non di sua spontanea volontà.
    A lanciarlo giù era stato Sithis, che si era chiuso la botola sulla testa e aveva diligentemente usato la scala.
    "Li hai eliminati?"
    "Sì, ma ne arriveranno altri" - borbottò Sithis, a voce bassa. Si rivolse al geth, che sembrava aver ripreso il controllo di sé - "UNO?"
    "Silenzio" - disse UNO.
    "Già, magari" - borbottò il turian, per poi spostare l'attenzione sullo screen dei pannelli - "Quella... pazza..."
    "Potrebbe avere delle pesanti conseguenze, per questo... Ma ci ha salvato la pelle".
    "Io vi ho salvato la pelle" - rimbeccò Sithis, spostando lo sguardo su Notor, poi di nuovo sugli schermi.
    Era fuori di testa, logorroica, insopportabile... se non altro era bella da guardare.
    "Qui UNO sembra essere al sicuro dai disturbi" - disse Sithis, controllando le clip termiche - "Io torno là fuori. Tu occupati di questo posto e di quella deficiente suicida. Cerca di scoprire qualcosa, tornerò appena la situazione sarà sotto controllo"
    "Fate presto. Kara ha bisogno di cure".
    Sithis si aggrappò alla scaletta - "Ha anche bisogno di un fottuto analista".

     
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    Naen Gornis

       Fazione: Nessuna
       Ruolo: Agente di polizia



    La cercò per mezza città, ma non riusciva proprio a trovare Galan. Era stata a casa sua, aveva perlustrato le strade incurante della pioggia di acqua e di fuoco che cadeva dal cielo... E così fece finchè non incappò in Prudence, insieme a un altro umano. Non fu difficile capire chi fosse.
    Prudence indossava una tuta che non le aveva mai visto addosso. Dubitava che quel costume in latex iper-aderente fosse adatto al combattimento, ma la suora non sembrava preoccuparsene. Camminava in mezzo a interi battaglioni, facendo saltare teste e arti in una magnifica esibizione di scintille e cavi volanti.
    Il prete d'altro canto sembrava sapere il fatto suo, ma non aveva poi molto da fare quando c'era Prudence ad occuparsi di quasi tutto.
    Si approcciò a loro accovacciandosi dietro la copertura adiacente a quella di Don Pedro.
    "Hola, miss Gornis." esordì il padre, mentre forniva fuoco di copertura a quello spettacolo vivente. Non si stupì del fatto che Don Pedro conoscesse il suo nome: oltre ad essere molto rispettata dalla gente comune, sicuramente Prudence aveva già parlato con l'uomo riguardo a tutti i suoi colleghi.
    "Cosa cazzo è successo?" chiese Naen, che nutriva già dei sospetti. Dubitava che l'umano potesse saperne qualcosa in più, ma chiedere non avrebbe di certo fatto male.
    "Piacerebbe anche a noi saperlo. Non che alla nostra amica dispiaccia la situazione attuale."
    Naen sorrise "No, direi di no. Senta... padre, per caso è passata di qui la figlia del sindaco?"
    "Negativo. La parrocchia è a pochi isolati da qui, non abbiamo fatto molta strada prima di incontrare resistenza."
    La turian sospirò. Sperava di ricevere qualche indizio sulla posizione di Galan.
    "Grazie lo stesso. Non mi sembra che abbiate bisogno di aiuto qui, sarà meglio che vada a respingere l'avanzata Geth da un'altra par-"
    Una nuova meteora falciò il cielo e si schiantò a pochi metri da Prudence, che fu sbalzata via per qualche metro dall'onda d'urto... La donna ne uscì illesa, ma la meteora si rivelò essere l'ennesima navetta Geth... carica di sette Incendiari e un Nucleo.
    Le truppe armate di lanciafiamme avanzavano a tutto fuoco verso la copertura di Prudence, impossibilitata a muoversi dall'incessante bombardamento del cannone del Nucleo. In un'altra situazione, la suora avrebbe potuto falcidiarli tutti, ma la sua posizione era troppo svantaggiosa.
    "Stai giù." ordinò al prete che, seppur dubbioso, annuì.
    Naen strinse tra le sue mani la Phalanx che aveva recuperato a casa sua, e prese la mira. Il colpo centrò in pieno il serbatoio di uno degli Incendiari, che fumò per qualche secondo prima di esplodere. La pioggia di fuoco che provocò fu talmente intensa che, a catena, anche gli altri sei serbatoi finirono per saltare in aria in uno spettacolo esplosivo che avrebbe fatto invidia ai fuochi d'artificio del capodanno turian.
    Rimasto solo il Nucleo, Naen fece cenno a Prudence, per indicarle il via libera.

    Notor'Fenna vas Qwib Qwib

       Fazione: Flotta Migrante
       Ruolo: Studioso



    Con un tonfo, Sithis si lasciò alle spalle la botola. Ora, nell'oscurità di quella stanza segreta, gli unici suoni che si percepivano erano il cigolio metallico della testa di Uno che lentamente, quasi come se fosse confuso, si muoveva da un lato all'altro, e l'affannoso respiro di Kara, che non si era ancora ripresa.
    Le aveva somministrato degli antibiotici, ma non sarebbe mai stato abbastanza. Tra tutti i posti, quella matta aveva deciso di togliere il casco nel bel mezzo di una palude colma di batteri in una catapecchia invasa dalla fuliggine.
    Era praticamente un cocktail mortale, ma forse Kara aveva rimesso addosso il casco prima della tragedia.
    Notor battè il pugno sul tavolino sul quale era coricata la quarian "Stupida. Stupida e fuori di testa! Non pensarci nemmeno, sai? Non provarci nemmeno a morire, o giuro che te ne faccio pentire!"
    "Morte. Agonia. Catastrofe. Quiete. Silenzio. Morte. Agonia. Catastrofe. Quiete. Silenzio. Morte..."
    "Hai intenzione di andare avanti così ancora per molto?" chiese Notor, furioso, ad Uno che aveva iniziato a ripetere in loop quelle parole.
    Il geth sembrò averlo ascoltato. Roteò l'occhiò e si mise a sedere.
    "Non dovremmo... Silenzio... essere qui... Quiete..."
    "Che vuoi dire?" chiese il quarian, mentre non cessava di tener monitorata la condizione della sua allieva.
    "Questo posto... Agonia... E' familiare... Silenzio..."
    "Parla, Uno! Abbiamo bisogno di questi dati!"
    "Noi... Silenzio. Catastrofe. Silenzio. Agonia. Silenzio. Morte. Silenzio. Silenzio. Silenzio..."
    Notor era furioso. Non con Uno, nè con Kara o con Sithis. Era furioso con il senso di impotenza che sentiva in quel momento, un'emozione che non provava da tempo perchè aveva scelto di privarsene con una vita dedicata allo studio. Non v'era limite a ciò che la sua mente potesse comprendere, a differenza delle sue capacità fisiche... Ma non vedeva alternative. Vide di nuovo Kara distesa su quel tavolino... la sua eredità nell'universo.
    Diede un forte calcio a Uno, che piombò a terra smettendo di ripetere quella parola. Forse si era ripreso.
    "Ascolta, Uno, ho bisogno che tu faccia una cosa molto importante." Lo aiutò ad alzarsi e lo condusse accanto al giaciglio di Kara. Le toccò il polso, attivandole il Factotum.
    "Monitora le sue condizioni. Se noti qualcosa di anomalo, premi questo pulsante sul suo Factotum e chiamami. Non avvicinarti alla botola o agli schermi, e non toccare lei."
    "Noi... abbiamo compreso le tue istruzioni, creatore Notor'Fenna."
    "Non sono il tuo... Ah, lascia perdere."
    Fece per andarsene, ma il suo polso fu stretto da una mano. Una mano magrolina e dal tocco debole.
    "Papà... Altri cinque minuti..." delirò la quarian, scuotendo la testa.
    "Kara, io non-"
    "Papà!! Non andare, non hai ancora finito di raccontarmi quella storia..."
    Sospirò. Forse avrebbe solo dovuto stare al gioco.
    "Kara, papà torna presto, ok? Zio Laeny ha bisogno di una mano con una cosa molto importante."

    Naen Gornis

       Fazione: Nessuna
       Ruolo: Agente di polizia



    Sistemata anche quell'ultima ondata di Geth insieme a Prudence, non passò molto prima che fossero raggiunte da Karen Jessen e un suo compagno... che si trascinava dietro un Geth ammanettato.
    "Karen!" gridò Naen per attirare la sua attenzione. "Chi sono i tuoi nuovi amici?"
    "Sono Jenkins. Perdonami se non ti stringo la mano, ma le mie sono un tantino occupate."
    La turian annuì, per poi guardare oltre la barricata di detriti e fuoco che si era formata. Alla fine della strada c'era la caserma.
    "Dobbiamo portarlo in caserma. Solo lì saremo liberi di interrogarlo, vivisezionarlo o... tutto ciò che sarà necessario." consigliò Naen, che in realtà aveva già in mente di andarci per cercare Galan.
    "Incontreremo parecchia resistenza." commentò Don Pedro.
    "Mi sembra che siamo una squadra abbastanza solida, no? Possiamo farcela."

     
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    Banshee

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    Prudence Judicael

       Fazione: Ordine delle Quattro Virtù
       Ruolo: Adepta

    citazione (rimuovere se non presente)


    La ‘squadra solida’, come fatto notare da Naen, a Sehyr non sembrava poi così solida.
    ‘Analizziamo la squadra.’ Sussurrò saccente nella mente di Prudence ‘La squadra è formata da un prete sovrappeso che assomiglia a Zorro solo più basso e pacato. Un’agente di polizia turian armata di paladin. Una scienziata con l’espressività facciale di Schwarzenegger in Terminator 1 (beh…anche in tutti gli altri film). Un tizio che tiene tra le sue braccia un geth come se fosse la sua principessa. Infine, una suora mezza nuda con le braccia di The Rock al massimo della forma.’ Elencò veloce lo spirito ‘A parte l’agente di polizia e la suora mezza nuda, non credo riuscirete a fare 10 metri.’
    Prudence annuì ‘Almeno possiamo recuperare le braccia del Principe Azzurro.’ Disse con un ghigno divertito.
    Sephyr tacque alcuni secondi prima di intuire le intenzioni della ragazza ‘Non vorrai…’
    ‘Già. Proprio così!’

    < Lascia il geth. > ordinò perentorea a Jenkins. L’uomo lanciò un’occhiata a Karen ed eseguì solo dopo che questa acconsentisse.
    Prudence si avvicinò al geth facendo roteare la sua spada < Come mi ha fatto notare un mio amico… > disse mentre prendeva la mira < …la ‘squadra solida’ ha la consistenza di un hanar al momento. Meglio recuperare braccia alla causa, non credete? >
    Con quattro fendenti precisi, Prudence mozzò gli arti del geth poi si avvicinò a un’astroauto, aprì la portiera e allungò la cintura di sicurezza al massimo, tranciandola sempre grazie alla sua spada. Infine, raccolse il geth da terra e lo fissò sulle spalle di Jenkins con un’imbragatura di fortuna prima di riconsegnarli l’arma.
    < Non ci avevo pensato. > esclamò Don Pedro vagamente ammirato < Lo ha imparato in convento? >
    < No ma ho guardato tutte le puntate di Man vs Wild con Bear Grylls. Era un tizio che…lasciamo perdere. > aggiunse scuotendo le mani in risposta agli sguardi interrogativi dei suoi compagni. < Ora, la logica direbbe di puntare dritto alla centrale ma è su questa strada che troveremo la maggiore resistenza quindi io e Naen seguiremo la logica mentre il resto della squadra seguirà la tattica. > spiegò veloce < Padre, lei, il Principe Azzurro e Karen vi avvicinerete alla centrale passando dagli edifici. Io e te… > disse divertita rivolgendosi a Naen < …attireremo l’attenzione dei geth. >
    La turian sbattè gli occhi ripetutamente non capendo se la suora parlasse sul serio.
    < Tranquilla! > la tranquillizzò Prudence < Sarà divertente. >
    Con calma, alzò la canna della pistola alla sua destra e schiacciò il grilletto senza prendere la mira facendo saltare la testa a un geth che si era avvicinato troppo.
    < Andate! > ordinò a Don Pedro < Appuntamento alla centrale. >


     
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